Li chiamano “Workaholic” e sono quelle persone che soffrono di dipendenza da lavoro, ossia coloro che non staccano mai la spina. Il motivo per cui lo facciano? In realtà sembrerebbero molteplici i motivi, carriera, guadagno, passione, occupazione del tempo, per dare un senso alla propria vita.
Tuttavia esiste una soglia oltre la quale l’impegno profuso per il lavoro, in termini di fatica ma soprattutto di tempo, lasci pensare ad una vera e propria dipendenza.
Lo stereotipo del workaholic è da sempre rappresentato dal manager in carriera, il quale sarebbe pronto a sacrificare qualsiasi altra parte della sua vita per la scalata gerarchica alla ricerca di potere e denaro.
Al giorno d’oggi però questo modello non è più così rappresentativo, in quanto molteplici sono le tipologie di persone interessate ed i campi lavorativi i cui si può instaurare questa sorta di dipendenza da lavoro.
Un po’ di storia
A ben rifletterci se pensiamo al concetto di lavoro ai suoi albori, arriviamo a pensare ad un’attività da riservare a schiavi e/o persone molto umili. I posti di comando erano meno faticosi e riservati alle classi più elevate. Esiste quindi un’accezione negativa legata al termine “lavoro”, tanto che nella cultura spagnola si traduce con “trabajo”, termine che deriva dal latino “tripalium”, uno strumento di tortura per gli schiavi che non producevano adeguatamente rispetto agli standard richiesti.
Nel 1700 il lavoro si diffonde positivamente nell’immaginario collettivo e diventa un’attività volta al raggiungimento di un obiettivo e uno strumento di affermazione sociale.
Il significato della dipendenza da lavoro
Alcuni studiosi affermano che questo fenomeno è maggiormente presente in persone che hanno avuto approvazione genitoriale in maniera proporzionale ai propri meriti. Così facendo il lavoro è stato trasposto ai sentimenti come fosse un modello falsato di riconoscimento di sé attraverso ciò che si sa fare, ciò in cui si riesce bene.
Da qui la tendenza ad essere orientati verso la “prossima sfida”, sempre più difficile per apparire più soddisfacente.
Per taluni può diventare però anche un modo per supplire a mancanze, vuoti esistenziali e delusioni.
Le fasi della dipendenza da lavoro
- In una fase iniziale la persona comincia a lavorare di nascosto trascurando man mano i suoi rapporti interpersonali e familiari, il che crea necessariamente senso di colpa. In questa fase le energie sembrano inesauribili, ma possono subentrare disturbi fisici come mal di testa, mal di stomaco e disturbi circolatori.
- Nella fase successiva il workaholic si sente inutile se non è sotto pressione costante. In questa fase insorgono pressione alta, ulcera, depressione oltre che molta aggressività.
- Nella fase cronica il lavoro non si interrompe quasi mai e ad esso vengono sacrificate notti, festività e ferie. È naturale che per mantenere dei ritmi così ardui può essere necessario ricorrere a sostanze per tenersi su.
Cosa fare per trattare la dipendenza da lavoro
Riconoscere i segni di questa dipendenza è importante per chiedere aiuto il prima possibile, cosa difficile in quanto il lavoratore compulsivo non riconosce assolutamente di avere un problema ed addurrà ogni valida motivazione possibile al suo comportamento.
La cura è possibile naturalmente grazie ad un impegno di tutti, soprattutto delle persone che vivono attorno al workaholic. Da dove cominciare? I dati raccolti hanno mostrato che queste persone sono poco in contatto con le loro emozioni, la cui gestione invece è fondamentale per riconoscere il problema e crearsi un nuovo obiettivo da raggiungere, questa volta un obiettivo più sano per cui lavorare.
Dott.ssa Ivana Siena
Psicoterapeuta a Pescara (PE) e San Severo (FG)
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