Riflessioni dalla pièce “Memories from the future”.
Pièce di danza contemporanea, teatro e musica.
Durata : 34 minuti
Danzatrici : Roberta D’Ignoti, Roberta Xafis e Annachiara Trigili
Coreografia: Giovanni Zappulla
(Fotografia Lorenzo Gatto)
La relazione tra danza e psicologia mi è da sempre molto cara probabilmente per il mio percorso formativo, danzatrice per alcuni anni e psicologa.
La danza mi ha sempre affascinata, incuriosita ed avvicinata alla bellezza delle cose. Di pari passo sono avanzate la mia curiosità per le persone e i loro stati d’animo e quella per la naturalezza del movimento; credo infatti che nel mero etichettamento diagnostico di una persona, così come nell’esclusiva considerazione della forma, ci sia qualcosa di incompleto.
Osservare e ricercare la forma o la diagnosi non può che essere un tassello di un processo molto più complesso che ha a che fare con l’interesse che ognuno deve rivolgere alla persona come portatrice di bisogni ed emozioni.
Proprio dalla ricerca delle emozioni sono partite le danzatrici della compagnia di danza L’Espace che attraverso il metodo della Danza Movimento Naturale (DMN) sono riuscite a mettere in scena sentimenti ed emozioni, sulla melodia della 7° Sinfonia di Beethoven, che hanno lasciato il segno nel pubblico presente in teatro.
«Vivere le emozioni per suscitarle nel pubblico in sala» questo è stato l’assunto che ha preceduto la creazione della pièce “Memories from the future” che è stata fonte di impegno per le danzatrici ed il coreografo Giovanni Zappulla, fondatore del metodo DMN a partire dallo studio sul lavoro di Isadora Duncan.
La Danza Movimento Naturale si configura quale espressione dell’armonia del danzatore, frutto della ritrovata
connessione mente-corpo. La ricerca che viene fatta non parte quindi dalla forma per arrivare alla sostanza
del movimento nella ricerca di una bellezza e un’armonia meramente esteriore, ma dall’interno trova la sua
espressione nella bellezza. Alla base di questo metodo vi è senza dubbio l’ascolto del corpo e della memoria sensoriale,
della sua azione e del suo linguaggio al fine di sviluppare le sue capacità in armonia con l’anatomia e non solo in base
ad un’ideale da raggiungere a tutti i costi. (Fotografia Lorenzo Gatto)
Il lavoro che il danzatore fa è dunque per certi versi opposto a ciò che attualmente accade nella società occidentale, ovvero quello di abbandonare l’idea e, se vogliamo, l’ossessione di dominare il corpo a nostro piacimento ma, al contrario, di ascoltarlo e di fidarsi delle sensazioni.
Il titolo della pièce “Memories from the future”, ci conduce alla possibilità di recuperare la connessione tra le tre dimensioni temporali del passato e del futuro in un “qui ed ora” durante il quale è possibile dare voce al corpo quale veicolo dell’espressione di forti emozioni che circolano in tre donne che stanno affrontando il complesso viaggio durante il quale percorrono la profondità della propria coscienza, passando attraverso la consapevolezza dei meccanismi invalidanti alla ricerca dell’estasi data dall’unione mente-corpo.
Il collegamento con la psicologia appare lampante nel momento in cui lo spettatore, ancora ignaro della ricerca fatta dagli artisti, si trova coinvolto dal turbinio di emozioni espresse dalle danzatrici che alternano grandi risate a momenti di rabbia e tristezza con una circolarità ripresa sapientemente dal movimento del corpo e dal tessuto delle gonne, morbido ed in grado, anche quello, di esprimere armonia.
(Fotografia Lorenzo Gatto)
La possibilità di esprimere le proprie emozioni con naturalezza e quella di condividerle con l’altro in un contatto fluido, in alcuni casi accogliente ed in altri faticoso, è uno degli aspetti che mi ha colpita. Anche il terapeuta si trova infatti ad accogliere le emozioni che il paziente porta in stanza di terapia; emozioni talvolta molto forti che probabilmente nessuno, fino a quel momento, è stato in grado di ascoltare o di osservare. Tutta questa emotività e, spesso, questo dolore possono prendere alla sprovvista il terapeuta stesso che, solo attraverso un lavoro su di sé, sulle sue emozioni e risonanze, potrà accogliere. Come nel caso della DMN, dunque, il terapeuta si troverà ad ascoltare se stesso oltre che l’altro, cercando di connettere la mente con il corpo, la memoria sensoriale e l’emozione con la tecnica e la teoria. Anche il contatto in stanza di terapia diviene simile a quello delle pièce di DMN; contatto che inevitabilmente dovrà essere con se stesso e poi con l’altro con la stessa delicatezza di un danzatore. Delicatezza che, se nel movimento si intreccia con il contesto costituito dallo spazio, dagli osservatori e dalla melodia, in stanza di terapia si connette con il setting che può modificarsi e al contempo modificare il processo terapeutico.
La connessione tra arte e psicologia è evidente da tempo, ma la possibilità di andare oltre l’estetica, tanto osannata nella nostra società, coinvolge lo spettatore in qualcosa di più viscerale, probabilmente in quelle emozioni che appartengono a sé oltre che al danzatore. È proprio in quelle emozioni che lo spettatore ha la possibilità di rispecchiarsi, talvolta rivivendole, in un contesto di condivisione, in questo caso artistica, con l’altro.
Dott.ssa Claudia Corbari – Psicologa e Psicoterapeuta in formazione –
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