Come l’ACT può cambiare l’approccio ai problemi psicologici

AUTRICE: Dott.ssa Caterina Alice Stisi

Supervisor: Antonino La Tona

L’Acceptance and Commitment Therapy, o ACT (“ACT” si pronuncia come singola parola, non come lettere separate) è una nuova forma di psicoterapia, con solide basi scientifiche, e fa parte di quella che viene definita la “terza onda” della terapia cognitivo comportamentale (Hayes, 2004). L’ACT è basata sulla Relational Frame Theory (RFT): un programma di ricerca di base sulle modalità di funzionamento della mente umana (Hayes, Barnes-Holmes, e Roche, 2001). Questa suggerisce che molti degli strumenti che le persone utilizzano per risolvere i problemi, conducono in una trappola che crea sofferenza.

L’obiettivo di questa psicoterapia è di aiutare il paziente a riscoprire cosa per lui è importante e per cosa vuole impegnarsi nella vita, quali sono cioè i suoi valori, ed accompagnarlo verso di essi nonostante i numerosi ostacoli che incontrerà sul suo cammino.

L’ACT prende in considerazione alcuni concetti non convenzionali:

  • La sofferenza psicologica è normale, ed accompagna ogni persona.
    Non è possibile sbarazzarsi di essa volontariamente, anche se si possono prendere provvedimenti per evitare d’incrementarla artificialmente.
  • Il dolore e la sofferenza sono due differenti stati dell’essere.
  • Non bisogna identificarsi con la propria sofferenza.
  • Si può vivere un’esistenza dettata dai propri valori, iniziando da ora, ma per farlo si dovrà imparare come uscire della propria mente ed entrare nella propria vita.

In definitiva, ciò che viene richiesto dall’ACT, è un fondamentale cambiamento di prospettiva: uno spostamento nel modo in cui viene considerata la propria esperienza personale.

I metodi di cui si avvale forniscono nuove modalità per affrontare le difficoltà di natura psicologica e cercano di cambiare l’essenza dei problemi psicologici e l’impatto che essi hanno sulla vita.


L’Acceptance and Commitment Therapy si basa su tre punti fondamentali:

Mindfulness: è un modo di osservare la propria esperienza che, per secoli, è stato praticato in oriente attraverso varie forme di meditazione. Recenti ricerche nella psicologia occidentale hanno provato che praticare la mindfulness può avere benefici psicologici importanti (Hayes, Follette, & Linehan, 2004). Attraverso tali tecniche si impara a guardare al proprio dolore, piuttosto che vedere il mondo attraverso di esso; si può comprendere che ci sono molte altre cose da fare nel momento presente, oltre a cercare di regolare i propri contenuti psicologici.

Accettazione: si basa sulla nozione che, di norma, tentando di sbarazzarsi del proprio dolore si arriva solamente ad amplificarlo, intrappolandosi ancora di più in esso e trasformando l’esperienza in qualcosa di traumatico. L’ACT opera una chiara distinzione tra dolore e sofferenza. Per la natura del linguaggio umano, quando ci si trova di fronte ad un problema, la tendenza generale è di capire come attaccarlo.

Capire come liberarci dagli eventi indesiderati (come predatori, freddo, inondazioni) è sempre stato un fattore essenziale per la sopravvivenza della razza umana; tuttavia, il tentativo di usare questa stessa organizzazione mentale dinanzi alle proprie esperienze interne non funziona. Quando ci si imbatte in un evento interno doloroso, infatti, si tende a fare ciò che si fa solitamente: organizzarlo e risolverlo per sbarazzarsene. In realtà però le esperienze interne non sono uguali agli eventi esterni e i metodi per cercare di eliminarle non funzionano. Deve essere chiaro che l’accettazione, come viene intesa in questo contesto, non è un atteggiamento nichilistico auto-distruttivo; né un tollerare il proprio dolore, o il sopportarlo, ma è un vitale e consapevole contatto con la propria esperienza.

Impegno e vita basata sui valori: quando si è coinvolti nella lotta contro i problemi psicologici spesso si mette la vita in attesa, credendo che il proprio dolore debba diminuire, prima di iniziare nuovamente a vivere. L’ACT invita a uscire dalla propria mente intraprendendo azioni impegnate in direzione di quelli che sono i propri valori. 

Nello specifico le terapie di terza generazione si occupano della relazione con le proprie esperienze interne. Spesso gli esseri umani tendono a identificarsi con i propri pensieri e le proprie emozioni trasformandoli in fatti concreti. Questo conduce inevitabilmente al desiderio che quelle stesse esperienze interne siano un qualcosa di diverso da quello che in realtà sono e a volerle eliminare. L’evitamento esperienziale è la conseguenza di questo atteggiamento di fusione e l’adozione di strategie cognitive e comportamentali volte a cambiare la forma o la frequenza di queste esperienze interne. Così accade che gli individui, nel tentativo di evitare esperienze interne negative, rinuncino a impegnarsi in azioni finalizzate a perseguire i valori e gli obiettivi personali.

Queste restrizioni comportamentali sono spesso automatiche e inconsapevoli e giocano un ruolo fondamentale nel perpetuare il disagio psicologico.

Le terapie di terza generazione insegnano abilità psicologiche di gestione efficace dei pensieri e dei sentimenti dolorosi in modo che questi abbiamo meno impatto nella nostra vita (mindfulness) visto che non li possiamo eliminare. Inoltre, ci aiutano a chiarire cosa è veramente importante per noi (valori) e ad utilizzarli per dirigere il nostro comportamento intraprendendo azioni impegnate allo scopo (commitment).

Il punto focale di queste terapie è la flessibilità psicologica, l’abilità cioè di stare nel qui ed ora (momento presente) in maniera consapevole e aperta all’esperienza e fare ciò che conta per noi nella vita.

In questo articolo si è cercato di dare una panoramica più ampia possibile sull’ACT ma che non mira a essere esaustiva. Per ulteriori approfondimenti specifici vi invito a continuare la lettura di approfondimento sul mio sito web.

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Dott.ssa Caterina Alice Stisi, psicologa infantile a Bologna

Bibliografia

Hayes, S. C. (2004). Acceptance and Commitment Therapy, relational frame theory and the third wave of behavioral and cognitive therapies. Behavior Therapy, 35, 639-665.

Hayes, S. C., Barnes-Holmen, D., Roche, B. (2001). Relational frame theory: A post-skinnerian account of human language and cognition. New York: Plenum Press.

Hayes, S. C., Follette, V. M., Linehan, M. M. (2005). Mindfulness and accep- tance: Expanding the cognitive-behavioral tradition. New York: Guilford Press.

Libri in italiano

Harris, R. (2010). La trappola della felicità.Come smettere di tormentarsi e iniziare a vivere. Erickson.
Harris, R. (2011). Fare Act. Una guida pratica per professionisti all’Acceptance and Commitment Therapy. Milano: Franco Angeli.

Hayes, S. C., Stroshal, K. D., & Wilson, K. G. (2013). ACT. Teoria e pratica dell’Acceptance and Commitment Therapy. Raffaello Cortina Editore.