COME IL SENSO DI MATERNITA’ ECCESSIVO DISTRUGGE L’AUTONOMIA DI MADRE E FIGLI

Supervisor: Antonino La Tona ©

L’amore per la famiglia è un sentimento ammirevole e stimabile anche se, quando diviene eccessivo e carico di frustrazione, diventa pericoloso per la donna e per la persona/le persone “oggetto” di cura.

L’essere madre, all’interno delle società patriarcali, si carica di eccessive aspettative e importanza.

 Nei paesi di cultura Mediterranea le donne sono spinte a una cura senza freni nei confronti dei figli, che diventa nevrotizzante sia per  che per la prole

La madre in Italia è  più un’istituzione che una persona reale*.

 In queste culture c’è una spinta affinchè l’accudimento degli altri diventi il senso della propria vita. 

Le donne spesso finiscono con il rifuggiandosi nella cura altrui, con sacrificio ed abnegazione, mettendo da parte la ricerca della propria identità e il proprio peculiare modo di stare al mondo (compito arduo, soprattutto per una donna, in una società pensata prevalentemente dagli e per gli uomini!).

Questo comportamento non solo è incoraggiato dalla società ma, presso queste culture, diviene oggetto di stima e considerazione; il modo più accessibile per ottenere riconoscimento sociale.

 Questo stile genitoriale lo puoi riconoscere ( in te o negli altri) perchè è impregnato da ansia di controllo, eccessivo spirito di sacrificio e dallo spostamento delle proprie ambizioni  verso i figli.

Si creano così rapporti familiari caratterizzati dalla dipendenza, dove la donna esercita un controllo eccessivo sull’altro ( Complesso della Grande Madre). Questa donna può scegliere come compagno un uomo che, almeno per alcuni aspetti, è immaturo ed insicuro e ritrovarsi a dover  prendersene cura. 

Si genera quindi un rapporto di coppia che, in alcuni momenti, ricorda più quello madre/figlio che moglie/marito.

 Inconsciamente una madre di questo tipo tende ad ostacolare l’autonoma della prole, ad esempio intralciando l’ andar via da casa dei figli,  impedendo loro di prendersi le proprie responsabilità, fornendo sempre eccessivi consigli, eccessiva protezione ecc…                  

(Se rifletti sull’età in cui in Italia si va via da casa…Se si va via! No, non è solo colpa della crisi economica…),

 Questa donna dovrebbe imparare a “lasciar andare e lasciar crescere”, a chiedere, ed accettare, l’aiuto degli altri. Ad ESISTERE IN PRIMA PERSONA , invece che vivere negli altri e attraverso gli altri.

La maternità non dovrebbe essere l’unico luogo dove si gioca il potere femminile e il senso della vita di una donna. Ancora troppo spesso rappresenta la principale valvola di sfogo e il più astuto meccanismo di controllo femminile.

Il risultato in questo caso è una donna che non si sente sicura in ambiti diversi dalla sua casa e che offre tutta se stessa agli altri con sacrificio. 

Una donna che non riesce ad adattarsi, ed immaginarsi, se i figli vanno via dall’abitazione genitoriale.

L’aggressività di queste donne non serve a difendere i propri confini, a raggiungere i propri risultati o desideri, ma è – silenziosamente- lesiva dell’identità altrui; si nutre di controllo e assoggettamento per ricavarne la sensazione di esistere e contare. 

Porsi al centro della propria vita (non di quella altrui!), cercare di essere autonome, non vivere in funzione di mariti/compagni ed esistere in prima persona sono la ricetta per integrare la cosiddetta” Ombra della Grande Madre“, perpetuata dalla  “sacralizzazione mistica della maternità**”.

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