La media europea delle ore di lavoro è di circa 1800 l’anno e gli italiani non si discostano molto da queste cifre. A questo tempo andrebbero aggiunte le ore da dedicare a se stessi, alla famiglia, al lavoro domestico, alla cura delle persone, ai servizi, ecc.; difficile quindi trovare un equilibrio soddisfacente tra ritmi di vita personale e ritmi di lavoro senza sacrificare l’uno o l’altro. Tuttavia assumere una dimensione soggettiva che permetta di articolare attività lavorative e di vita aiuta senz’altro a raggiungere un equilibrio che significa benessere per sé e per gli altri in un’ottica personale e sociale.
Già da qualche anno viene data un’attenzione particolare alla conciliazione tra “tempi di vita” e “tempi di lavoro”, si pensi alle “banche del tempo” che permettono lo scambio di tempo tra persone che ne possono usufruire per recuperare ciò di cui hanno bisogno. Anche l’aumento di congedi parentali, forme di lavoro part-time, smartworking, la nascita di servizi per l’infanzia nei luoghi di lavoro fanno capire quanta importanza venga data alle necessità personali in relazione agli obblighi lavorativi. Purtroppo non è sempre facile trovare un equilibrio che soddisfi le esigenze del lavoratore e della persona.
Per ottenere dei buoni risultati bisognerebbe innanzitutto capire come rendere compatibile il tempo lavorativo con le esigenze della persona; molto probabilmente ciò può avvenire se si considera l’aspetto lavorativo non solo nella sua durata temporale ma anche nella sua caratteristica qualitativa definendone tempi e luoghi. A ciò va aggiunto, secondo la psicologia, la “localizzazione” dei tempi (ripartizione del lavoro, pause e riposi), i ritmi lavorativi intesi nella loro scansione temporale, l’orizzonte temporale nel quale si inseriscono le differenti attività ed infine il grado di sincronizzazione tra tempi lavorativi, personali e sociali.
La conciliazione dei tempi deve quindi prevedere un cambiamento culturale affinché si passi dal tempo del lavoro al tempo del lavoratore. Inserire vari tempi dell’individuo (studio, formazione, familiare, professionale) in rapporto alla sua biografia psicosociale gli permetterebbe di vedersi riconosciute possibilità di “flettere” il tempo di lavoro in base alle sue esigenze; ad esempio, in periodi di momentaneo sovraccarico familiare (per cura di figli o genitori) o personali (visite mediche, piccoli interventi) egli potrebbe riorganizzare i propri tempi, anche a livello lavorativo mantenendo una buona efficienza in tutti gli ambiti.
Del resto per riorganizzare i propri tempi in modo soddisfacente occorrono risorse sociali e psicologiche. Rivedere l’organizzazione lavorativa rispetto alla nascita di nuove esigenze e modalità di lavoro, settorializzare, “soggettivizzare” la giornata lavorativa a seconda del lavoratore e del tipo di lavoro (la giornata ed il lavoro non sono uguali per tutti), arricchire le strategie di coping che i lavoratori possono usare per riprogrammare i propri tempi ed infine rafforzare le capacità di negoziazione collettiva nei contesti lavorativi, significa veramente dare attenzione alle esigenze degli individui, alle mamme, ai papà, ai caregiver, ai figli, alle famiglie prima ancora che ai dipendenti, ai lavoratori, agli impiegati.
Per Approfondire:
G. Sarchielli , Dal tempo del lavoro al tempo del lavoratore, in Psicologia Contemporanea, n° 207, mag.-giu. 2008, pp. 72/73.