Il colpo di fulmine nasce dai nostri bisogni infantili

Colpo di fulmine

Ci si chiede spesso cosa scateni il colpo di fulmine che determina un’attrazione immediata. È un evento casuale e privo di ragioni o c’è qualcosa di più profondo dietro questa connessione magica? Sebbene una risposta completa coinvolga diverse discipline, possiamo sintetizzare alcune teorie psicologiche, come la teoria delle relazioni oggettuali, il legame empatico di H.S. Sullivan e l’inconscio implicito di D.B. Stern.

La neurobiologia svolge un ruolo fondamentale nei nostri colpi di fulmine. Il sistema nervoso centrale si sviluppa in risposta all’ambiente durante l’infanzia. Il nostro cervello potrebbe quindi attivarsi rapidamente in presenza di schemi familiari, consentendoci di valutare rapidamente la persona che abbiamo di fronte.

Secondo Stephanie Ortigue, docente presso la Syracuse University (USA), i sentimenti d’amore possono manifestarsi già 0,2 secondi dopo il primo contatto visivo con qualcuno. Questo sentimento coinvolge dodici aree del cervello che lavorano insieme per rilasciare sostanze chimiche come dopamina, ossitocina, adrenalina e vasopressina. Questa reazione chimica sarebbe il cosiddetto colpo di fulmine o amore a prima vista.

Non troppo romantico… ma questo è.

La neurobiologia da sola non basta. Per comprendere cosa scatena l’attrazione tra due persone, dobbiamo risalire all’infanzia. Secondo H.S. Sullivan, il neonato oscilla tra uno stato di benessere e uno stato di tensione, in base ai bisogni espressi attraverso il pianto.

Un adulto empatico riesce a distinguere i bisogni del bambino e a fornire risposte che li soddisfino. Il rapporto tra bisogni e risposte tende ad essere integrativo e si sviluppa lungo tutta la vita. Secondo la teoria di H.S. Sullivan, bisogni diversi negli adulti tendono a suscitare bisogni complementari negli altri adulti. Ad esempio, se una persona ha bisogno di essere accudita, susciterà nell’altro il bisogno di accudirla. Questi bisogni complementari possono influenzare le dinamiche di una relazione.

In questo senso una cattiva relazione può manifestarsi attraverso la rigidità con cui l’individuo ripropone schemi relazionali interiorizzati invece di rispondere in modo flessibile alle nuove situazioni relazionali.

I bisogni soggettivi generano uno stato di tensione complementare nell’altro, tensione che l’altro allevia fornendo la risposta di soddisfazione desiderata dal partner. Nei primi stadi di una relazione, i bisogni di soddisfazione agiscono come tendenza integrativa, poiché ognuno cerca di mostrare il meglio di sé. Tuttavia, col passare del tempo, le emozioni diventano contagiose.

Siamo tutti consapevoli del potere dell’empatia nelle relazioni interpersonali. Se una persona è allegra ed esuberante, tenderà a diffondere lo stesso stato d’animo tra i suoi amici attraverso l’empatia. L’empatia può essere un’arma potente, anche se non tutte le emozioni contagiose sono piacevoli, come l’ansia o l’insoddisfazione.

Quando sperimentiamo ansia o paura, emergono i bisogni di sicurezza. Per ridurre l’ansia, il nostro “sistema del Sé” si organizza per promuovere comportamenti che in passato hanno ridotto l’ansia stessa. Secondo Sullivan, alcune aree dell’esperienza possono diventare conflittuali. Ad esempio, se da bambini abbiamo avuto una madre che limitava la nostra autonomia, da adulti potremmo percepire il bisogno di autonomia come una minaccia per la relazione, limitandoci così nella nostra crescita personale.

La nostra mente coglie e subisce anche dettagli dei quali non siamo consapevoli. L’attrazione si nutre in gran parte proprio di questi dettagli. Per questo a volte ci spiazza e ci sembra così misteriosa.

A livello inconsapevole, creiamo connessioni tra ciò che percepiamo dell’altro e qualcosa che appartiene al nostro passato che ha avuto un impatto importante nella nostra vita. Potremmo non essere consapevoli di essere attratti da qualcuno perché ci ricorda un’esperienza passata. L’attrazione che scatta rapidamente è legata a meccanismi che sfuggono alla nostra coscienza.

Quando ci piace o non ci piace qualcuno “a pelle”, il motivo è molto più legato a noi che a lui. Cosa c’è in quella persona che ci ricorda un’esperienza passata, che conferma o smentisce le nostre convinzioni? “Attrazione” o “repulsione” sono la risposta istintiva a quello che di noi vediamo in quella persona.

Questo discorso vale per l’amore a prima vista. Tuttavia, è importante ricordare che l’amore a lungo termine non si limita a questo tipo di attrazione istintiva.

Prima di dedicarsi seriamente a una relazione, è meglio porsi qualche domanda in più. Un po’ di introspezione può aiutarci a comprendere meglio noi stessi, perché spesso dietro quella scintilla iniziale ci sono bisogni, aspettative e paure che non sempre si rivelano compatibili con una relazione duratura.