Dai risultati di una meta analisi delle differenze tra cervello maschile e femminile è emerso che i maschi, indipendentemente alla struttura corporea, possiedono un cervello con un volume dall’8 al 13% maggiore di quello femminile, il quale però, è avvantaggiato in quanto utilizza meno neuroni ed energia, dimostrandosi così più “ecologico”.
Relativamente alle donne, quindi, le dimensioni del cervello non contano nell’intelligenza; in certi compiti il cervello femminile è addirittura più performante di quello maschile: ragionamento induttivo, abilità matematiche, valutazione e mantenimento in memoria di una situazione in evoluzione. I maschi, invece, detengono prestazioni migliori in compiti di abilità spaziale.
Tuttavia, sebbene gli studi longitudinali sulle strutture morfologiche del cervello mostrino differenze relative ad età e sesso, specialmente in età adulta e adolescenza, non possiamo sostenere affermazioni generali giudicando le donne migliori nel dominio verbale e in maschi in quelli non verbali. Come spiega la Dr.ssa Habel, psicologa e psicoterapeuta esperta in neurobiologia di emozioni, cognizioni, ormoni e cervello, ciascuna interpretazione di differenze di genere è stata filtrata attraverso secoli di cultura discriminatoria nei confronti delle donne: ad esempio, Charles Darwin considerava le donne biologicamente inferiori agli uomini, mentre successivamente Paul Broca, che diede il proprio nome all’area deputata alla produzione del linguaggio parlato, sosteneva che la piccola dimensione del cervello femminile dipendesse in parte dalla loro inferiorità fisica ed in parte da quella intellettuale.
La valutazione delle differenze strutturali e funzionali è ancora oggi problematica, in quanto esse sono fortemente influenzate da stereotipi di genere, socializzazione e apprendimento, così come geni, ormoni e fattori contestuali ed ambientali. Nel fare ricerca è complicato e talvolta controproducente separare il contributo di ciascuno di questi elementi; è più opportuno, invece, ammettere e conoscere meglio questa innegabile e complessa interazione di fattori. L’impatto degli stereotipi di genere è emerso spiccatamente in un esperimento sull’empatia . Essa include tre componenti principali: riconoscere l’emozione altrui, assumere la prospettiva dell’altra persona, e sentirla indirettamente, in modo riflesso, con la peculiarità di non essere propria. Osservando delle foto di visi esprimenti diverse emozioni, i partecipanti alla ricerca dovevano descrivere queste tre componenti. Non si sono rivelate differenze significative di genere nella prestazione comportamentale, anche se le femmine hanno considerato sé stesse più empatiche degli uomini nel questionario self-report, sottolineando la presenza di tale stereotipo. Le analisi ottenute dalla risonanza magnetica funzionale hanno evidenziato reti neurali distinte in maschi e femmine; queste ultime hanno mostrato un’attivazione neurale più forte su tutti i 3 aspetti che costituiscono l’empatia nelle aree relative all’emozione, inclusa l’amigdala. Ciò accade specialmente durante l’ovulazione, mostrando il ruolo giocato dagli estrogeni nelle risposte empatiche: maggior sensibilità e comportamento pro-sociale e socio emotivo. Donne e uomini, dunque, reagiscono con strategie diverse nei compiti emozionali: mentre le prime sembrano reclutare maggiormente le regioni emotive e relative al sé, i secondi attivano maggiori aree corticali, e, quindi, cognitive.
La diversa struttura del cervello può influenzare lo sviluppo di disturbi diversi; nel corso di un’intervista, la Dott.ssa Habel spiega come il genere influenzi la neurobiologia delle emozioni ed in particolare parla della maggior propensione delle donne ad ansia e depressione. Vi sono diverse ipotesi relative a statistiche, fattori biologici e psicosociali, e combinazione tra essi. Le femmine sono più propense a chiedere aiuto, quindi costituiscono i maggiori pazienti registrati nelle statistiche; inoltre, la classica diagnosi clinica fallisce nel descrivere depressione maschile che presenta sintomatologie parzialmente differenti. Geneticamente, le femmine sono a maggior rischio rispetto ai maschi; estrogeni e progesterone sono ormoni che modulano l’umore, spiccatamente in determinate fasi: la depressione, infatti, è più frequente nei periodi di cambiamenti ormonali, come il post partum e la menopausa. Inoltre, anche altri fattori, come povertà, stress lavorativo, disoccupazione, basso status e basso livello di istruzione, aumentano il rischio di depressione; spesso la donna esperisce maggiori stress psicosociali degli uomini, perciò sente il peso di molte più responsabilità.
Concludendo, anche quando non vi sono differenze comportamentali visibili tra maschi e femmine, a livello cerebrale possiamo distinguere ciò che caratterizza l’uno o l’altro genere di appartenenza, in accordo con alcuni recenti studi che dimostrano che nel cervello femminile animale vi è una risposta diversa allo stress rispetto a quello degli animali maschi. Considerati insieme, questi risultati indicano che uomini e donne utilizzano strategie diverse per raggiungere gli stessi risultati, in accordo con quanto sostiene il Dr. McEwen: non si tratta, però, di strategie migliori e peggiori (e quindi di un genere sessuale superiore e uno inferiore), ma solo di percorsi diversi. Questa è la migliore interpretazione che attualmente possediamo.
Bibliografia:
– Ruigrok, Amber NV, et al. “A meta-analysis of sex differences in human brain structure.” Neuroscience & Biobehavioral Reviews 39 (2014): 34-50.
– Interview for the German Center for Research and Innovation.
– Can brain biology explain why men and women think and act differently? Marilynn Larkin, 12 July 2013elsevier.com /connect/can-brain-biology-explain-why-men-andwomen-think-and-act-differently.
– Derntl, B., Finkelmeyer, A., Eickhoff, S., Kellermann, T., Falkenberg, D. I., Schneider, F., & Habel, U. (2010). Multidimensional assessment of empathic abilities: neural correlates and gender differences. Psychoneuroendocrinology, 35(1), 67-82.