BUGIE E VERITÁ

Diciamocelo, tutti mentiamo in qualche modo, nella quotidianità: dal “Come ti sta bene questo vestito” anche se pensiamo il contrario, al “Un pranzo meraviglioso”, anche se non abbiamo gradito la metà delle pietanze. In tante situazioni preferiamo dire una bella bugia invece che una sgradevole verità ai nostri interlocutori, pur di non ferire chi abbiamo di fronte. Purtroppo però questo atteggiamento ci provoca un forte disagio dovuto al terrore di poter essere smascherati e fare una brutta figura barbina. Questo perché pensiamo di essere trasparenti, che il nostro volto o l’enfasi nella nostra comunicazione tradiranno il nostro vero pensiero.

Tuttavia non è così, possiamo stare tranquilli e mettere da parte i nostri sensi di colpa; infatti non siamo trasparenti. Anzi, sia che stiamo mentendo, sia che stiamo dicendo la verità, non è facile per gli altri capirlo, così come non sempre chi abbiamo di fronte riesce a distinguere, dalla nostra mimica e dal linguaggio corporeo, se siamo irritati o incantati, preoccupati o tranquilli.
Ciò è quanto emerge da una ricerca di qualche anno fa di Thomas Gilovich, Kennet Savitsky e Victoria Husted Medvec. Durante le attività di ricerca i soggetti “mentitori” dovevano rispondere alle domande presentate loro in diverso modo: sinceramente o mentendo, cercando di ingannare il gruppo di osservatori affinché questi non fossero in grado di distinguere le bugie dalle verità. Il secondo step consisteva nella stima, da parte dei mentitori di quanti osservatori avessero indovinato le bugie mentre agli osservatori si chiedeva di indicare quali fossero le bugie e quali le verità. Da qui i risultati secondo cui i bugiardi medi, come potrebbe esserlo ognuno di noi, si preoccupano inutilmente poiché, come detto è difficile essere smascherati. Ciò che “preme” sulla coscienza di chi mente è la cosiddetta “illusione della trasparenza” cioè la convinzione che le bugie possano essere smascherate perché veicolate da nervosismo o da un’eccessiva freddezza.

Gli stessi risultati sono emersi anche da una seconda ricerca in cui si chiedeva ai partecipanti di assaggiare delle bevande acide o gradevoli, cercando di ingannare chi osservava attraverso una mimica impassibile. Anche in questo caso i mentitori sottovalutavano la perspicacia degli osservatori. Tuttavia i risultati negativi dell’illusione della trasparenza vanno rilevati in situazioni di crisi o di pericolo e la convinzione che i reali sentimenti delle persone siano facilmente percepibili può portare ad una decisione o ad un’altra. È il caso del noto “baystander-effect” secondo cui alcuni passanti restano a guardare senza muovere un dito in favore della vittima. Nell’esperimento a sostegno di questa teoria, è stato scoperto che nelle situazioni di disagio personale, per un torto subito, se non si vedono reazioni o segni di disagio sul volto di chi abbiamo intorno si ha la tendenza a non reagire così come non intervengono gli altri.

Mettendo in correlazione l’illusione della trasparenza ed il bystander-effect i ricercatori hanno concluso che la nostra convinzione di poter indovinare se una persona è a disagio o no può portarci (in assenza di segnali espliciti) a sottovalutare la pericolosità di una situazione decidendo di non intervenire. Anche nelle relazioni di coppia è molto frequente questo “limite comunicativo”, infatti la convinzione che il partner sappia reagire valutando esattamente i nostri sentimenti porta a continui scontri.
L’illusione della trasparenza agisce non solo quando abbiamo paura di essere smascherati ma anche quando vorremmo rivelarci. Infatti molti di noi credono che la gioia, la delusione, la simpatia possano essere rivelate da una mimica che mettiamo in atto; ma spesso per gli altri questi sentimenti non sono percepiti con l’intensità con cui li avvertiamo e li esterniamo noi.

Ovviamente l’illusione della trasparenza è un processo inconscio legato a convinzioni ed aspettative. Esistono però persone che non riescono a nascondere ciò che provano e lo esplicano attraverso dei segnali non verbali difficilmente fraintendibili, questo non significa che non possano esistere diverse tipologie di persone che reagiscono in modi diversi.
A conti fatti sia nel positivo che nel negativo non siamo così trasparenti come crediamo.

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta