Ascoltare lamentele per più di 30 minuti al giorno spegne i neuroni, o potremmo dire direttamente li uccide. La lamentela viene elaborata a livello cognitivo da quella parte del cervello dove risiedono le funzioni cognitive normalmente utilizzate per risolvere i problemi, ossia il lobo frontale.
Come è possibile una cosa del genere?
Le lamentele degli altri ci causano stress perché ci coinvolgono attivamente nella ricerca di una soluzione. Solo che per quanto riguarda molte lamentele, non esiste affatto una soluzione.
“Avanti di questo passo, chissà dove andremo a finire!”
“Il mondo va a rotoli!”
“L’economia ci sta mettendo in ginocchio!“.
Senza entrare nel variegato mondo delle piccole lamentele del partner.
Tutte queste frasi ci obbligano a ragionare su una situazione che non ha soluzione e di conseguenza è solo causa di stress. Lo stress nasce perché, volenti o nolenti, di fronte a frasi del genere il nostro cervello registra l’incombenza di una minaccia e quindi mette in moto tutta una serie di risposte fisiologiche per fronteggiarla.
Si attiva la classica l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene che culmina con il rilascio di cortisolo dalla ghiandola surrenale. Normalmente questa attivazione serve a proteggere l’organismo e a regolare la reazione alle minacce. Ma se i livelli di cortisolo rimangono alti per molto tempo dentro il nostro organismo, allora il cervello si atrofizza, cioè dei neuroni muoiono.
La differenza tra lamentarsi e ragionare su un problema
Lamentarsi significa esaltare un problema in modo inconcludente. Prendere coscienza della sua presenza e della sua ineluttibilità. È come dire le cose stanno così e io non posso farci niente.
Se poi non sei nemmeno tu a lamentarti ma è qualcuno che sei costretto ad ascoltare le cose peggiorano. Lui non ti sta chiedendo aiuto, ti sta solo scaricando addosso qualcosa di negativo. Questo ti costringe a vivere una condizione di disagio dalla quale ti rendi conto che non ci sono vie di fuga. Osservi una minaccia impotente.
Ed è questo che uccide i neuroni.
Ragionare su un problema invece significa prendere coscienza delle variabili da cui è formato per programmare un’azione risolutiva. In questo caso, il cervello organizza nuove connessioni neurali frutto del problem solving attivo, e nel migliore dei casi alla fine approda a una soluzione che una volta imparata può essere ripescata per risolvere altri problemi simili.
In poche parole apprende e diventa più elastico.