L’ansia e gli attacchi di panico sono spesso legati alla personalità del soggetto che ne soffre, che si trova così nella condizione di scrutare intorno a sé l’ambiente che gli sembra minaccioso e di cercare tutte le situazioni che lo impauriscono. Egli così si troverà pronto, o penserà di trovarsi pronto, qualora si verificasse un attacco di panico o semplicemente l’ansia aumentasse.
Più però il soggetto ansioso bada agli eventuali pericoli da tenere sotto controllo, più il malessere aumenta fino a passare da un disagio, caratteristico dell’ansia, ad un vero e proprio attacco di panico che lo porta ad allontanarsi dal luogo in cui si trova o, se ciò non è possibile, a mettere in atto tutti quei comportamenti di fuga caratteristici di chi non vuole più stare lì dove è. Preoccupazione eccessiva, agitazione psicomotoria, profonda angoscia, sensazione di mancanza d’aria o di vuoto alla testa, a volte dolori addominali: sono questi i sintomi di un attacco di panico.
L’attacco di panico non è pericoloso per la salute, né mentre si manifesta né dopo, tuttavia le sensazioni legate al malessere che si prova in quel momento sono così coinvolgenti e traumatiche da generare comportamenti di evitamento di situazioni e luoghi che possano far rivivere il malessere.
La sintomatologia che nasce dagli attacchi di panico può indurre in errore chi ne è vittima portandolo a pensare che il luogo in cui esso si sia verificato sia l’unico ed il solo catalizzatore del suo malessere. Nasce quindi la tendenza ad evitare i posti affollati (treni, metropolitane, autobus, gallerie, abitacolo dell’automobile, ascensore), luoghi in cui la persona sente di non poter avere un controllo sull’ambiente intorno a sé, è convinta di non poter fuggire o nei quali i soccorsi non potrebbero arrivare con estrema rapidità.
Le convinzioni che nascono dai ripetuti attacchi di panico che possono aumentare nel corso della vita fanno sì che il soggetto si chiuda pian piano in se stesso fino a non riuscire più a lavorare, ad avere una vita sociale, a svolgere le attività quotidiane più banali.
In quest’ottica, molto può fare una terapia del profondo, un approccio psicodinamico che permetta al soggetto di conoscere se stesso attraverso la rievocazione del suo passato e la trasmutazione di eventi nel qui ed ora per poi riportarli, rielaborati, visti con occhi diversi nel lì ed allora. Solo attraverso un’approfondita conoscenza del proprio sé, il soggetto può interfacciarsi oggi con i traumi subìti e che nel passato hanno fatto sì che il suo inconscio “decidesse” o meglio non trovasse altro modo di reagire se non sviluppando una personalità ansiosa.
Accanto alla terapia del profondo ritroviamo anche la terapia cognitivo-comportamentale che agisce sul soggetto attraverso la modificazione delle sue convinzioni sugli attacchi di panico mettendolo di fronte ai pensieri negativi e dimostrando che essi sono relegati solo a livello mentale. Inoltre, trasforma quei comportamenti di evitamento delle situazioni permettendogli di sviluppare strategie per fronteggiare l’ansia quando questa si verifica.
Ad un lavoro psicoterapico vanno aggiunti sicuramente degli interventi di supporto che migliorano il benessere psicofisico: seguire ritmi di vita regolari, alimentarsi in modo sano, praticare attività fisica in modo costante, non esagerare con alcol, caffeina e fumo (nicotina). Può essere utile infine confrontarsi con persone che abbiano lo stesso problema frequentando gruppi di auto-mutuo aiuto.
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta
COME CALMARE UNA MENTE ANSIOSA