Quando il genitore diventa risorsa.
L’adolescenza è una fase del ciclo di vita molto complessa e, per molti genitori, difficile da gestire. Molto spesso la difficoltà nella gestione di figli adolescenti da parte dei genitori ha a che fare con l’aggressività che i primi manifestano nelle varie aree della loro vita sociale. Tale aggressività può essere rivolta verso l’esterno, ma sempre più frequentemente gli adolescenti che si presentano in stanza di terapia raccontano di episodi violenti rivolti verso se stessi.
Gestire episodi di tal tipo non è semplice per i genitori, neanche per coloro che manifestano interesse e dedizione nei confronti dei figli, perciò può essere utile comprendere quali sono i bisogni che inducono l’adolescente a mettere in atto comportamenti aggressivi.
Demonizzare il comportamento aggressivo dell’adolescente non è di per sé utile alla comprensione delle motivazioni sottostanti all’agito, al contrario sarebbe importante avvicinarsi all’adolescente provando ad instaurare una relazione in cui l’adulto si ponga il seguente quesito: “cosa vuole comunicarmi mio figlio attraverso questo comportamento?” “in che modo posso comprenderlo?”
Sovente l’aggressività, sia essa etero o auto diretta, è espressione di un disagio vissuto dall’adolescente che, non riuscendo in altro modo ad esprimersi, lo fa attraverso l’azione o il corpo. Il sintomo dunque ci comunica qualcosa.
In alcuni casi l’aggressività verso l’altro e l’autolesionismo sono causate da un profondo vissuto di solitudine o da un sentimento di vuoto che l’adolescente contrasta facendosi del male e sperimentando sensazioni talmente forti a livello fisico, da sentirsi vivo. In altri casi le emozioni provate dall’adolescente sono relative alla rabbia e alla vergogna. Ciò che è certo è che non è possibile dare una spiegazione univoca all’aggressività che si presenta in adolescenza in quanto ognuno di noi ha caratteristiche di personalità diverse e cresce in contesti differenti. Di conseguenza, se non esiste una spiegazione univoca, non esiste neanche una terapia uguale per tutti, né ci sono dei comportamenti che sono giusti sempre.
Tuttavia l’adulto può fare due cose molto importanti:
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considerare l’adolescente come persona competente che vive proprie emozioni e fa proprie riflessioni circa se stesso e le sue relazioni;
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empatizzare con l’adolescente, provare a mettersi nei suoi panni e permettere un più probabile avvicinamento.
CHE COSA PUO’ FARE UN GENITORE?
Oltre ad essere empatico e considerare l’adolescente competente, è importante che un genitore si renda conto dell’età del proprio figlio e degli obiettivi che questo può perseguire rispetto alle sue caratteristiche e propensioni. In tal modo è possibile non avere aspettative eccessive nei confronti di un figlio che, in tal caso, potrebbe sentirsi frustrato ed agire tale sentimento mediante comportamenti violenti (per un approfondimento su quali siano i bisogni degli adolescenti clicca qui)
È importante poi che il genitore sia un buon osservatore del comportamento del proprio figlio, in modo da poter intervenire e chiedere aiuto qualora ce ne fosse bisogno. In merito al comportamento è essenziale valutare modi e tempi all’interno della relazione genitore-figlio. Se vostro figlio vi manifesta la sua rabbia e la sua aggressività, probabilmente vi sta chiedendo qualcosa utilizzando il suo linguaggio che è, per forza di cose, differente da quello adulto. Chiedetevi: “ ha senso rispondere con ulteriore rabbia?” “vi porterebbe a qualche esito positivo?” se la risposta a questi quesiti è negativa, allora probabilmente una risposta rabbiosa da parte vostra non sarà più funzionale.
Al contrario, un atteggiamento empatico vi permetterà di avvicinarvi al vissuto di vostro figlio e di fare un passo in più per comprenderlo davvero ed aiutarlo nelle sue difficoltà.
Dott.ssa Claudia Corbari – Psicologa e Psicoterapeuta in formazione –
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