Adolescenza e Post-Modernità

Autori: Carola Augello e Antonino La Tona

“Un sistema deve continuare a mutare finché non raggiunge la sua completa stabilità”. L’enunciato del secondo principio della termodinamica sembra riassumere chiaramente ciò che ogni adolescente in qualsiasi epoca storica ha vissuto.

Diventare sé stessi è un processo in cui nulla può essere dato per scontato. Per portare a termine il proprio processo identitario, è necessario attraversare la perigliosa strada dell’incertezza, correre dei rischi, fare delle scelte.

Gli adolescenti hanno bisogno di sperimentarsi nella costruzione di chi vogliono essere, inciampando, procedendo più o meno goffamente per tentativi ed errori, ma con la consapevolezza di avere alle spalle uno sfondo che possa sostenerli.

L’adolescente desidera “aggredire” il mondo per farlo proprio, intendendo questo termine in termini gestaltici come un “andare verso” (dal latino aggressus) per raggiungere l’altro, crescere e sviluppare il senso di fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità (Spagnuolo Lobb, 2015).

Questo difficile viaggio ha come cornice la società attuale con i suoi cambiamenti e le sue richieste che non sempre, purtroppo, procedono di pari passo con i bisogni dei più giovani.

La Post-Modernità, se da un lato ha reso più semplice e veloce la vita, dall’altro ne ha diradato la trama, smagliando una struttura che sempre più spesso diventa una minaccia anziché un supporto. La società odierna ci insegna ad essere operativi, scattanti, digitali; lo spazio per la scoperta di sé stessi, per i dubbi, per le cadute, è diventato sempre meno tollerabile. Gli adolescenti di oggi non sanno bene dove collocarsi. La loro sofferenza è oppressa, muta, indicibile laddove non riesce a trovare il contenimento adatto per poter essere non soltanto curata, ma prima di tutto, pensata.

La liquidità della post-Modernità (Bauman, 1999) diventa, pertanto, il teatro dei disturbi psicosomatici, dell’ansia, di un dolore che rimane soffocato in sé stesso trasformandosi in un’aggressività autodiretta. Spesso, i comportamenti autolesivi non sono altro che il tentativo disperato di sentirsi vivi, di urlare al mondo “sono qui, mi vedi?”. Eppure, quante volte il mondo preferisce voltare le spalle di fronte a ciò che non riesce a comprendere?

I sintomi rappresentano sempre il simbolo potente di un’energia che smania per poter fuoriuscire, ma che non riesce a trovare il modo di autodirezionarsi. Di per sé, rappresentano la migliore soluzione possibile che l’individuo è riuscito a trovare per adattarsi (per come ha potuto) all’ambiente circostante. E da questo punto di vista, gli adolescenti sono straordinariamente creativi e competenti!

In questo sfondo non bisogna perdere di vista il potere di autoguarigione sito all’interno di ciascun individuo, laddove ognuno, se posto in una condizione favorevole, è in grado di “guarire” spontaneamente (Spagnuolo Lobb, 2015).

Pertanto, oggi più che mai, è necessario guardare agli adolescenti come una risorsa fondamentale e non come una causa persa in partenza. Comprendere le richieste delle nuove generazioni è, prima di tutto, un dovere degli adulti, laddove la società attuale è nata proprio grazie (o a causa) degli adulti di oggi che sono stati i giovani di ieri. È necessario, quindi, interrompere quel circolo vizioso e totalmente infruttuoso di colpe e accuse reciproche e accompagnare l’adolescente ad affacciarsi alla vita consapevole delle proprie risorse anziché soltanto delle sue mancanze.

BIBLIOGRAFIA

  • Bauman Z., La società dell’incertezza, Il mulino, Bologna, 1999.
  • Pistolini S., Gli sprecati. I turbamenti della nuova gioventù, Onde. Vol. 1419. Feltrinelli Editore, 1997.
  • Spagnuolo Lobb M., Il now-for-next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt raccontata nella società post-moderna, Franco Angeli Edizioni, Milano, 2015.