Motivazione, autostima e stili attributivi: ecco come aiutare gli studenti ad affrontare successi e fallimenti nella scuola secondaria di primo grado
Al centro della didattica sta naturalmente l’alunno, un alunno con la possibilità, ma anche la responsabilità, di farsi carico in misura variabile in base alle proprie capacità e in base alle possibilità create dall’insegnante, del proprio percorso di apprendimento. Non va dimenticato che ogni studente e ogni studentessa ha degli interessi che coltiva e alimenta e che nell’ambiente di apprendimento contribuiscono a creare una sua motivazione per l’apprendimento.
Spesso però l’idea che ognuno ha di sè non corrisponde a quella che traspare dai risultati scolastici. Secondo la teoria degli stili attributivi si tende infatti a interpretare sé stessi e il mondo che ci circonda, ricercando delle ragioni che spieghino il successo o l’insuccesso propri o altrui, basandoci sulle aspettative che che ci si sono precedentemente create.
In che modo questo atteggiamento può influire sul percorso di apprendimento di ciascuno?
Le teorie sull’intelligenza e sullo stile attributivo hanno importanti ricadute in ambito scolastico e vengono infatti usate per spiegare successi e fallimenti in compiti e situazioni di apprendimento, anche in relazione alla motivazione degli alunni. Si pensi ad esempio al caso di alunni brillanti, di successo, che si sentono tuttavia inadeguati e in preda a un’ansia cronica, preoccupati per il loro livello di capacità. Secondo questi alunni l’intelligenza è fissa, cioè è qualcosa che «c’è o non c’è» e che emerge dai risultati che si ottengono; tuttavia sappiamo che l’intelligenza è una caratteristica che si può allenare, è cioè incrementale. Secondo la Teorie del Sé la personalità si struttura in base all’interpretazione delle situazioni affrontate. Tra la sfida, che può essere un compito scolastico o qualsiasi situazione di vita, e la risposta che ne consegue, si interpone un complesso sistema di convinzioni che è necessario tenere in considerazione nel momento della valutazione degli esiti di questa sfida.
Nella prospettiva di un alunno che crede che l’intelligenza sia fissa, anche l’autostima si possiede solo se una storia di successi a basso sforzo l’hanno determinata e giustificata. Per questo, genitori e insegnanti spesso cercano di preservare l’autostima enfatizzando i successi ed evitando sfide minacciose. Invece in una prospettiva incrementale l’autostima non è una cosa che si possiede oppure no, ma un modo di sperimentare se stessi, che dipende dal fatto di mettersi alla prova con impegno e con strategie efficaci.
È evidente dunque l’importanza che rivestono i sistemi di convinzioni e le autorappresentazioni di studenti e studentesse in risposta agli stimoli e alle sfide che devono affrontare lungo il loro percorso di apprendimento.
Come attivarsi per aiutare studenti e studentesse ad affrontare serenamente il loro percorso scolastico?
Lavorare su se stessi: l’insegnante dovrebbe conoscere i diversi stili attributivi e interrogarsi a fondo sulle proprie teorie implicite, per evitare possibili dissonanze tra il dire e il fare.
Lodi e critiche: se si vuole favorire un orientamento verso la padronanza e una teoria incrementale dell’intelligenza, si devono lodare o criticare l’impegno manifestato e le strategie messe in atto, e non la persona in quanto tale.
Interagire con la famiglia: l’alunno che presenta una teoria fissa dell’intelligenza, riflette probabilmente comportamenti e atteggiamenti disfunzionali presenti in famiglia. È quindi importante aprire il dialogo con i genitori e attivare sinergie positive.
Utilizzare i questionari sulle convinzioni: per rilevare direttamente le convinzioni degli alunni si possono utilizzare dei questionari appositi. I dati raccolti possono essere utilizzati come base per un colloquio diretto con l’alunno oppure per una riflessione di gruppo. Ciò che più conta è avviare un confronto su questa tematica, stimolando così negli alunni una ricerca e un dialogo interiore.
Avere attenzioni particolari: un approccio sul riconoscimento delle differenze di ciascuno dovrebbe evitare o limitare le etichettature e le spiegazioni sbrigative, ma spingere a domandarsi sempre il perché dei comportamenti riscontrati.