Aaron S. Benjamin, professore di psicologia al Beckman Institute for Advanced Science and Technology dell’Illinois ha firmato un libro intitolato “Successfull remembering and successfull forgetting”.
I capitoli del libro sono un testamento a Robert A. Bjork, esperto studioso della memoria presso la UCLA.
Da questo libro estrapoliamo 9 verità sulla memoria che forse non tutti conoscono.
#1 La memoria non decade.
Tutti avranno sperimentate la fastidiosa sensazione di non riuscire a ricordare qualcosa: un nome, una data, un volto. Per questo motivo ci sembra ovvia che la memoria decada, cioè che i ricordi svaniscano.
La scienza non è d’accordo. I ricordi non decano, restano archiviati in memoria. Però meno vengono utilizzati e più difficile diventa recuperarli. Come se la memoria fosse un magazzino dove alcuni ricordi venissero riposti negli scaffali in fondo. Quello che decade non è il ricordo, è la capacità di recuperarlo consapevolmente.
Ma perché non tutti i ricordi hanno la stessa possibilità di essere recuperati? Perché alcune informazioni le dimentichiamo negli scaffali in fondo del magazzino mnemonico? Per questo motivo:
#2 Dimenticare ti aiuta a imparare.
Se avessimo uguale disponibilità per tutti i ricordi sarebbe molto difficile muoversi nel’ambiente che ci circonda. Immagina di dover ricordare dove hai parcheggiato e di richiamare in questo modo alla consapevolezza l’elenco di tutti i parcheggi che hai fatto nella tua vita. Ti ci vorrebbero dei giorni per trovare in quel marasma il ricordo che ti serve.
Ci pensa il cervello a organizzare i ricordi in ordine di importanza in modo da fornirti le informazioni salienti quando ti servono. I ricordi poco utili per la quotidianità diventano inaccessibili (stipati sul fondo del magazzino) in modo da far risaltare gli altri.
#3 I ricordi che pensavamo di aver perso possono rivivere.
Ne aveva già parlato Proust in “Alla ricerca del tempo perduto” gustando le madeleine il protagonista rivive il suo passato. Il dolcetto fa da ponte tra il presente è i vecchi ricordi prima inaccessibili.
La scienza conferma questa dinamica. I ricordi possono inaspettatamente riaffiorare alla mente. Ma non solo, le cose studiate e imparate in passato sono più facili da ricordare se le ripassiamo ora. Per questo fintanto che il cervello è giovane e abile nel formare i ricordi, anche nozionistici, è importante sfruttarlo.
#4 Ricordare altera i ricordi.
Quello che ricordiamo non è mai uguale a come l’abbiamo vissuto.
Facciamo un esempio. Se ripensiamo a un regalo ricevuto durante un compleanno di molti anni fa, quando eravamo bimbi, quel regalo diventerà più importante di tutti gli altri. Ma non perché lo fosse il giorno in cui lo abbiamo ricevuto, solo perché abbiamo deciso di pensare a esso anziché a un altro.
Ripensando al passato decidiamo arbitrariamente di mettere in luce alcune cose rispetto ad altre sulla base di chi siamo ora. Questo processo riformula il nostro passato. E fin qui si tratta solo di modificare i vecchi ricordi, la nostra mente fa di più, se li inventa.
La verità è che quanto ricordiamo della nostra vita vissuta non necessariamente è accaduto e quasi sicuramente nel ricordo è diverso da com’era stato viverlo.
#5 La memoria è instabile.
Se il semplice atto di ricordare modifica i ricordi questo significa che la memoria è instabile. Ma le persone sono convinte che la memoria invece sia stabile.
Dimentichiamo che dimentichiamo e quindi pensiamo che in futuro non dimenticheremo quello che sappiamo.
#6 Il bias di lungimiranza.
Hai un’idea così eccezionale che sei convinto di non poterla dimenticare. Quindi non la scrivi. Passano 10 minuto e non la ricordi più.
Sarà capitato a tutti di sovrastimare la propria memoria in questo modo.
#7 Più tempo impieghi per formare un ricordo e maggiore saranno la forza e la resistenza di questo ricordo.
Quando da studenti passiamo ore chini sui libri per preparare un esame, le informazioni che ricorderemo più a lungo saranno quelle che abbiamo faticato di più a memorizzare.
#8 L’apprendimento dipende dal contesto.
È più difficile recuperare qualcosa dalla memoria quando il contesto cambia. Cioè, se impariamo qualcosa in aula studio sarà più facile ripeterlo in aula studio di quanto non sarà farlo a casa. A volte qualche studente in difficoltà dichiara scoraggiato: “a casa la sapevo”. Può darsi non stia mentendo, ma uno studio superficiali non gli permette di trasportare i suoi ricordi fuori dal contesti in cui sono stati appresi.
Proprio a causa di questo, conviene studiare in contesti diversi, con persone diverse per potenziare la formazione dei ricordi.
#9 L’ipotesi del recupero.
Sembra che il multitasking funzioni molto bene nell’apprendimento.
Facciamo un esempio di apprendimento motorio. Se vuoi imparare a giocare a tennis è meglio che ti eserciti lo stesso giorno sia sul servizio, sia sul dritto e sia sul rovescio. Ci vorrà più tempo di quello che impiegheresti se ogni giorno ti concentrassi su un fondamentale diverso, ma imparerai meglio. E questa regola non interessa solo la memoria motoria ma anche quella dichiarativa.
Passare da un compito all’altro (nel caso del tennis) o da un argomento all’altro nel caso di una sessione di studio, obbliga il cervello a richiamare spesso dal magazzino mnemonico ricordi stipati in scomparti semantici diversi. Si perde tempo (proprio come si perde tempo nel multitasking) ma alla fine l’apprendimento è migliore.
Bibliografia
Aaron S. Benjamin (2010), Successfull remembering and successfull forgetting. Taylor & Francis