2015
IL RITO DI FLAGELLAZIONE dei vattienti
MAGIA, PSICOLOGIA E RELIGIONE
Z
Cosa diamine è un rito?
Cos’è un simbolo?
Sono domande molto complesse. Sappiamo di non poter rispondere ad esse senza riferire, a qualche titolo, alla tradizione entro cui un rito e un simbolo si inseriscono.
Una volta che mettiamo in gioco la tradizione, riusciamo a dare senso, a meglio descrivere, ciò che altrimenti risulterebbe come un completo absurdum.
Cosa succederebbe se io telefonassi ai miei amici e chiedessi loro “oi ciao travestiamoci da cristo e flagelliamoci per le strade che poi imbrattiamo di sangue le porte delle persone a noi care dai!”?
Non succederebbe niente. Al massimo smetterei di fare lo psicoterapeuta ed andrei a vivere in una cittadella per diventare, ad honorem, il pazzo del paese.
Ma se io inserisco questa pratica nella tradizione ottengo una cosa affatto differente. Questo è il rito.
Il rito può essere simbolico, ed in questo caso la persona dovrebbe calarsi nel profondo di esso per sentire ciò che significa, indica, rappresenta. Questo succede quando vi mettono l’ostia in bocca. Quello è il corpo di cristo. E voi dovreste sentirlo, il corpo di Cristo.
Nota: un esperto di Marketing sconsiglierebbe di far svolgere al cliente tutto questo lavoro, direbbe che è una logica un po’ troppo enabling, tuttavia un altro esperto potrebbe anche rispondergli: l’importante non è sentire il corpo di cristo, l’importante è fidelizzare il cliente, e che vada in chiesa! – chi non capisce molto di Marketing può perdonare questa parentesi.
Quindi il rito, attraverso il simbolo, permette di sostituire una cosa reale con un’altra cosa (altrettanto reale) che la rappresenta in modo analogico o evocativo. Così brucio l’effige che rappresenta il soggetto rappresentato.
Molti riti religiosi sono spesso legati alla sofferenza: ciò non deve stupire perchè l’umano ha sempre attribuito alla sofferenza un valore positivo (anche il pregiudizio psicoterapeutico e psicologico che per uscire dai problemi occorre passare dentro l’inferno della sofferenza ha attecchito le fondamenta della Psicologia in modo così saldo che ancora oggi è difficile liberarcene, a tutto svantaggio dei pazienti che chiedono aiuto).
I riti di flagellazione non sono dunque estranei a molti movimenti religiosi, che li praticarono più o meno vigorosamente: Francescani, Domenicani, Cluniacensi, Camaldolesi.
Alcuni riti, inseriti saldamente nel solco delle tradizioni locali, mantengono una potente impronta di realtà originaria, direi archetipica.
Può succedere anche che la persona reale personifichi quella, diciamo, immaginata o evocata (il Cristo). Così succede che ogni anno a nocera terinese, un piccolo paese della mia madre terra, la Calabria, diventa il teatro dei vattienti.
Il vattiente rappresenta appunto il cristo flagellato, mentre l’acciomu (l’ecce homo) è il Cristo risorto, essi sono uniti da una cordicella, con la quale il cristo risorto guida il cristo che sacrificandosi toglie i peccati del mondo.
I dettagli di questo rituale sono ben visibili da questi scatti del mio amico di sempre, Marcello Fauci, che ha voluto regalare ai lettori di Psikhe. La spiegazione più didascalica di questo rito si può leggere al link che troverete nelle note. Qui ci interessa condurre una riflessione meno didascalica e più generale.
Domandiamoci, a quale ambito appartiene un rito di questo genere? Alla magia o alla religione?
Forse, stupendo tutti, un religioso direbbe alla magia, per prendere le distanze da una pratica tanto forte. In realtà ciò non deve stupire nessuno; egli infatti non potrebbe dire altrimenti, dato che tali pratiche furono vietate a partire dal 1261 da papa Alessandro IV e che infine, nel 1349, Clemente VI emanò una bolla che dichiarò eretici i flagellanti.
Il religioso però dicendo questo mentirebbe.
Ricordiamo ad egli ed a tutti coloro che relegano l’autoflagellazione a pratica primitiva che il mondo è pieno di ricchi rappresentanti dell’opus dei che usano in modo massiccio il cilicio, seguendo in modo rigoroso la regola contenuta nel Codex Iuris Particularis Operis Dei:
Tanto progredirai quanto farai violenza a te stesso.
E rimarcata dal padre dell’opus dei, l’oggi santo e pluriraccomandato Escriva, che santifica e glorifica il dolore nelle massime contenute nel suo “Cammino”:
Benedetto sia il dolore. Amato sia il dolore. Santificato sia il dolore… Glorificato sia il dolore!»
Dal punto di vista rituale, invece, la magia non è legata al propiziarsi l’aiuto degli dei bensì a costringere la natura al proprio dominio, conoscendone le leggi. La Magia parte dall’idea, bene riassunta nel Liber 0, vel Manus et sagittae, che:
facendo certe cose si otterranno certi risultati
Ciò è molto bene argomentato da Frazer nell’opera “Il ramo d’oro” che è un punto di riferimento imprescindibile di queste tematiche, ma che, al solito, è sempre citato e solo raramente studiato. Egli osserva, relativamente alla magia (sarebbe stato meglio precisare: alla magia rituale):
La successione degli eventi è considerata perfettamente regolare e certa, essendo determinata da leggi la cui azione può essere calcolata precisamente; gli elementi di capriccio, di caso, di accidente, sono banditi dal corso della natura: chi la conosce può dominarla.
Questo rituale dovrebbe perciò apparire di appannaggio religioso, essendo legata a:
il propiziarsi e il conciliarsi le potenze superiore all’uomo, supposte dirigere e controllare il corso della natura e della vita umana. Così definita, la religione consiste di due elementi, uno teoretico e uno pratico e cioè una credenza in potenze superiori all’uomo e un tentativo di propiziarsele o piacere loro.
Dopo avere, spero, stimolato il lettore a riflessioni inusuali che la vita di tutti i giorni non sempre propone, debbo concludere osservando che Frazer concepiva queste pratiche come figlie di errori. A riguardo, illuminante è invece l’opinione di un grande genio e mio caro amico di carta Wittgenstein, che osserva:
“Il modo in cui Frazer rappresenta le concezioni magiche e religiose degli uomini è insoddisfacente perché le fa apparire come errori”
“Non sarà mai plausibile che gli uomini facciano tutto questo per mera sciocchezza”.
Senza dunque voler giudicare o spiegare ciò che qui abbiamo voluto solo mostrare e descrivere, saluto il lettore. La Z
Note
– Ecco il sito di Marcello, dove potete trovare le sue memorabili avventure ed i suoi workshop: www.marcellofauci.com
– Ecco un ottimo link che si concentra su aspetti più descrittivi e didascalici del rito: http://www.storie.it/ditalia/lirriducibile-rito-dei-vattienti-a-nocera-terinese-i-retroscena-inediti-di-un-evento-secolare-guarda-il-video/
– Per chi fosse interessato in modo esagerato può leggere: Franco Ferlaino, Vattienti: Osservazioni e riplasmazione di una ritualità tradizionale, 1991.
– I passi che ho citato sono figli di: Crowley, Frazer e Wittgenstein (segnalo usuali genio ed eleganza di Wittgenstein, che commenta l’opera di Frazer in meno della metà della metà della metà delle pagine di Frazer stesso).