Topografia del primo colloquio.
Il primo colloquio:
a) ha come finalità l’esame del problema e non semplicemente l’ascolto e/o stabilire una relazione collaborativa con il paziente
b) utilizza le variabili di relazione tra paziente e terapeuta come esempio di comportamento interpersonale significativo, e quindi come una delle fonti di informazione
c) non è una procedura passiva di raccolta e registrazione di informazioni: è un processo deduttivo dove si parte da una conoscenza generale per pervenire ad un’osservazione specifica
Lo scopo della prima parte del colloquio è ottenere un’ampia e precisa analisi dei disturbi e dei problemi lamentati dal paziente. In generale il primo colloquio (e tutto il ciclo di colloqui iniziali) utilizza in primo luogo materiale verbale ed esplora il sistema cognitivo verbale. In secondo luogo rappresenta un setting di osservazioni specifico e ben strutturato: consente una esplorazione limitata del sistema comportamentale-motorio.
Nonostante sia invalso l’uso di parlare di primo colloquio, è raro che tutto si risolva in un unico incontro. Solitamente si tratta di 2-3 colloqui nel corso dell’assessment iniziale.
Fasi del primo colloquio.
0. Presupposti: il colloquio è reso possibile da uno specifico contesto motivazionale (esiste una richiesta di aiuto; esiste un professionista con la propria competenza tecnica; esistono aspettative circa la possibilità di ricevere aiuto). I presupposti sono impliciti e rimandano alle vicende che hanno portato al colloquio. Il fatto che siano impliciti non esclude che talvolta sia utile esplicitarli.
1. Fase dei preliminari: il colloquio prevede l’avvio con alcuni convenevoli che sono sovrapponibili ai consueti riti sociali: presentazioni, parole di circostanza, qualche banalità…
2. Apertura: in linea di massima il colloquio prende il via con una domanda aperta “qual è il problema?”, “di che si tratta?”, “per quale motivo è qui?”
3. Specificazione del problema (fase del problema iniziale): si tratta si ottenere un ampia e precisa descrizione del problema lamentato attualmente dal soggetto. L’enfasi è su ciò che la persona fa, pensa e prova nelle diverse situazioni piuttosto che su attributi che la persona possa avere globalmente come ad esempio “sono ansioso”, “sono depresso”.
4. Analisi delle variabili funzionalmente correlate (fase delle ipotesi di mantenimento): questo segmento del colloquio tende a individuare situazioni (stimoli) che possono fungere da antecedenti e avere un ruolo determinante nell’elicitare i disturbi. Si aggiunge poi la cosidetta analisi dei conseguenti: i comportamenti problematici del paziente sono seguiti da conseguenze di ordine interno, di ordine sociale e di ordine familiare.
5. Allargamento (fase dei problemi attuali): si tratta di un allargamento ai problemi attuali e le domande sono volte a individuare e specificare tutti i problemi, al di là del problema iniziale.
6. Storia del problema (fase delle ipotesi eziopatogenetiche): questo segmento del colloquio tende alla ricostruzione (approfondita) del primo insorgere dei problemi o disturbi. L’obiettivo è formulare un ipotesi che spieghi perché e come si sia sviluppato ciascun disturbo.
7. Storia personale (fase del profilo complessivo): in questa parte sono messi tra parentesi gli elementi problematici e patologici e si fa riferimento alla storia personale del paziente. Storia di vita, progetti, intenzioni, si mettono in luce fattori di vulnerabilità del paziente. Lo stile di questa parte tende ad essere rievocativo e rilassato.
8. Aspettative di trattamento: essendo ormai delineata e contestualizzata la domanda è ora possibile approfondire le sua aspettative riguardo al trattamento e ai suoi risultati.
9. Ipotesi di trattamento: in questa fase vengono precisati obiettivi di trattamento possibili e realistici sia per il breve che per il lungo termine.
10.Formulazione conclusiva e chiusura: lo psicologo richiama il filo logico dei colloqui e dà ampie informazioni sui risultati principali di tutte le analisi che li hanno segnati (test, registrazioni psicofisiologiche, …). Prospetta poi la propria formulazione del caso.
Bibliografia.
Sanavio, E., (2009). Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale. Roma: Carocci