Capita sempre più spesso ai terapeuti di notare che oltre alla rabbia ci sono sentimenti di sofferenza. In effetti, più è forte la rabbia, più il dolore si nasconde. Se la frase “lacrime di rabbia” ti suona come un ossimoro, lo è davvero! Nonostante sia profondamente descrittiva dell’esperienza umana, allo stesso tempo pare illogica. Eppure, è probabile che anche te a un certo punto della tua vita, ti sia sentito affetto da questa sensazione contrastante.
Quindi, pensaci su. Sei mai stato ferito e allo stesso tempo esasperato, pieno di frustrazione? Se ti ritrovi in questa descrizione prova a ricordarti la provocazione alla quale eri soggetto, probabilmente si sarà trattato di una situazione che ti sembrava particolarmente sbagliata. Quest’emozione è l’unica che può essere compresa come “moralista”, manifestandosi quando si percepisce di essere stati trattati in maniera ingiusta o non etica.
Non sorprende che i bambini siano molto più propensi a manifestare questo tipo di sentimento, più degli adulti. Più visceralmente in contatto con i loro sentimenti – indipendentemente dal fatto che possano venir compresi – sono meno capaci di trattenersi, o di trovare un modo per nasconderli. E anche se non hanno le parole, l’intuizione, o la maturità per spiegare correttamente come si sentono, la loro espressione facciale – e le lacrime di rabbia che non possono trattenere – tradiscono la loro estrema angoscia.
Permettetemi di fare un paio di esempi su questo fenomeno emotivo, entrambi presi dallo stesso paziente. Giorgio, così lo chiameremo, è cresciuto in una famiglia nella quale le due sorelle più giovani avevano priorità su du lui – e per entrambi i genitori. La madre e il padre non solo reagivano in maniera più critica e punitiva verso Giorgio, ma quasi automaticamente si schieravano con una delle sue sorelle ogni volta che lui era in conflitto con loro. E anche nei casi in cui il suo essere nel giusto era palesemente evidente. In qualche modo, essendo il più vecchio dei tre figli (e l’unico maschio) i genitori gli avevano assegnato il ruolo di “responsabile” ogni volta che scoppiava una battaglia verbale.
Anche quando Giorgio, un figlio eccezionalmente dotato e sensibile, era piccolino, mi raccontava del suo acuto senso di giusto e sbagliato. E le sue idee su ciò che era giusto ed equo non erano irragionevoli o auto concepite.
Esaminiamo per esempio questa situazione nella quale il padre lo trattò con grande insensibilità. Durante un lungo viaggio in macchina, la famiglia si fermò an un bar lungo la strada per il pranzo. Giorgio, all’epoca di dieci anni, era stanco e, anche se era un bambino generalmente mite, face un’osservazione irriverente che chiaramente spiazzò il padre. Infastidito il padre gli disse che gli avrebbe rovesciato un bicchiere d’acqua in testa. Giorgio, terribilmente ferito da questa minaccia, rispose (sorprendentemente) dicendo: “Non ci provare!”, al che il padre si alzò, si avvicinò a Giorgio e preso il bicchiere cominciò a svuotarlo sulla sua testa bagnandogli non solo la testa ma anche i vestiti.
In nessun momento, durante questo scenario degradante, la madre fece il minimo tentativo d’intervenire. E così Giorgio, allo stesso tempo pieno di rabbia e completamente umiliato e solo, si alzò dal tavolo e – gocciolante non solo d’acqua ma anche di un fiume di lacrime – senza una parola uscì del ristorante e tornò in macchina.
Durante tutto questo tempo, mentre singhiozzava in macchina, sentendosi terribilmente sconvolto, offeso, e abbandonato, nessuno della famiglia uscì per consolarlo. Dopo circa 20 minuti tornarono in macchina, senza il minimo boccone di cibo per lui e senza dire una parola su ciò che era accaduto. In realtà, era come se non fosse successo niente.
Non è difficile capire che cosa Giorgio capì da questa esperienza straordinariamente dolorosa. Capì che esprimere liberamente i propri sentimenti poteva sfociare in un esito emotivamente catastrofico, e che era meglio tenere la bocca chiusa e non dire niente, in particolare quando si sentiva vulnerabile. E, vista la poca comprensione della famiglia, l’empatia, o il supporto, dubitò se si meritava il rispetto degli altri, anche se, razionalmente, sapeva che la reazione del padre era stata ingiustificata ed eccessiva.
Il secondo episodio di lacrime di rabbia di Giorgio fa riferimento alla madre, schieratasi contro di lui per proteggere le sorelle.
Quando era adolescente, Giorgio acquistò due biglietti per assistere a un concerto di Billy Joel, contento di aver trovato un’occasione per vederlo e ascoltare il sua artista pop preferito. Aveva lasciato i biglietti infondo alle scale, in modo da ricordarsi di metterli sul suo comò la prossima volta che sarebbe andato al piano di sopra. Ma, guarda caso, una delle sorelle gli seppellì accidentalmente sotto delle sue cose, che poi prese per portare in camera sua.
Quando più tardi Giorgio non riuscì più a trovare i suoi biglietti dove li aveva lasciati, si ricordò che anche la sorella aveva lasciato delle cose sulle scale da portare al piano di sopra, le chiese quindi di andare in camera a riprendere i biglietti. All’inizio non contenta, la sorella finalmente acconsentì, ma dando un’occhiata presumibilmente superficiale tra le sue cose. Quando Giorgio le chiese di guardare di nuovo, ma questa volta con molta più attenzione, lei si rifiutò con rabbia. E quando Giorgio chiamò la madre madre questa lo ammonì di non infastidire la sorella che dopo tutto, aveva fatto quel che lui le aveva chiesto. Giorgio chiese quindi di andare lui nella stanza e guardare. Ma gli fu vietato sia dalla madre che dalla sorella.
Andiamo ora a un mese dopo il concerto. Giorgio aveva annullato tutto perché non aveva trovato i biglietti e non poteva permettersi di comprarli di nuovo, anche se per tutto il tempo era certo che fossero ancora da qualche parte nella camera della sorella. E così un giorno la sorella gli si avvicinò, esclamando: “Hey! guarda cosa ho trovato! “- e, naturalmente, lì c’erano i biglietti per il concerto. Ma quando Giorgio le chiese di rimborsaglieli, lei si rifiutò. E così, ancora una volta, Giorgio parlò con la madre solo per sentirsi dire di chiedere scusa alla sorella e che, dato che era il più grande, dove assumersi la responsabilità dell’accaduto.
Per quanto un terapista possa essere obiettivo, nel sentire questa storia non si può fare a meno di provare disapprovazione morale per queste cose.
Il punto principale è capire quanto triste e al tempo stesso infuriato, uno si può sentire quando gli altri, coscientemente o no, lo puniscono gratuitamente o in maniera irrispettosa.
Questa è la formula amara per provare non solo dolore, ma anche rabbia: la ricetta perfetta per delle buone “lacrime di rabbia.”
Bibliografia
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