«Il significato è l’uso che facciamo dei nostri segni» Wittgenstein
Quale ricchezza psicologica si cela dietro la parola empatia?
Un termine alla moda che molti usano in modo riduttivo, secondo le parole del Prof. Alessandro Salvini, direttore della scuola di Psicoterapia Interazionista di Padova.
Non vale solo per l’empatia. Distaccarci da un’unica prospettiva e dall’uso troppo letterale di una parola è sicuramente opportuno, soprattutto quando un termine inizia a diventare come quegli oggetti che lasciamo sullo scaffale, sappiamo che esistono ma vengono dimenticati lì, senza avere con essi un rapporto significativo.
Li nominiamo come fossero involucri vuoti.
Il più delle volte la parola empatia viene evocata come una richiesta rivolta agli altri:
“Potresti essere più empatico però!!“
Invece che risvegliare e nutrire questa capacità umana in noi, ci limitiamo a pretenderla, anche quando, in realtà, non abbiamo la capacità di accogliere l’empatia dell’altro.
Il Prof. Marco Vinicio Masoni, apre le porte ad un nuovo modo di vivere, sperimentare e utilizzare l’empatia nel suo libro Il potere dell’empatia : le formule per entrare nel cuore delle persone.
Ed un primo passo verso l’espansione del termine consiste nella presa di coscienza dell’esistenza di molteplici empatie, quasi tante quante i soggetti che la nominano, per quanto ci sia un condiviso sentire che ci fa comprendere di cosa si tratta pur senza poterlo descrivere esaustivamente.
In questi primi anni del terzo millennio, se parli con altri di insegnamento, amore, cura dell’altro o semplicemente di rapporti fra esseri umani, non c’è verso che non salti fuori prima o poi il termine presente come il prezzemolo: empatia.
Quando certe parole diventano di senso comune sembra che per una magia delle menti condivise cessino di aver avuto una nascita.
Pensa per esempio a “motivazione”. Hai l’impressione di essere di fronte a un termine eterno, tanto che potresti dire: “La motivazione di Giulio Cesare per conquistare le Gallie fu…”. Ma il termine è recente, o meglio è entrato recentemente nell’uso comune.
Così è per empatia. I raffinati studiosi coniatori del termine sono stati per poco più di un secolo noti soltanto a un élite di persone molto colte o di specialisti: Herder, Novalis, Lipps, Jaspers ecc.
Con Theodor Lipps, nella seconda metà dell’Ottocento, a parlar di empatia arrivò la psicologia presentandosi con un enorme appetito, voleva infatti mangiarsi l’intera filosofia e di fatto questa, così fagocitata, diventò per alcuni anni semplicemente “psicologia”. Poi, invecchiato, Lipps tornerà alla filosofia e diventerà fenomenologo e diffusore delle idee di Husserl. Prima però l’empatia aveva raggiunto la massima dimensione e nobiltà.
Perché un termine in poco tempo inizia ad avere maggior fortuna?
Il già citato termine “motivazione” è oggi utilizzatissimo perché l’enorme cambiamento nel mondo dell’educazione (ragazzi meno obbedienti e incapaci di leggere le gerarchie, necessità di “catturare” la loro attenzione essendo sempre meno efficace “comandarla”, perdita della protezione del ruolo da parte degli insegnanti) richiede che alle competenze sulle materie gli insegnati accostino competenze relazionali, e la relazione è il fondamento principale della motivazione:
“Hai catturato la mia attenzione grazie alle tue competenze e al modo empatico col quale insegni, e quindi studio ciò che mi chiedi di studiare, insomma: mi hai motivato.“
Pare che empatia e motivazione siano in qualche modo imparentate.
E il bello è che questo apparentamento, dovuto al mutare dei tempi e a importanti cambiamenti sociali, è qualcosa di cui le definizioni classiche non tengono conto.
Nel modo col quale utilizzi il termine “empatico” è presente oggi un ingrediente etico che manca alle fredde definizioni classiche.
Sentirai dire spesso “con l’empatia si riesce a fare star meglio gli altri”. Una modalità che ci dà il potere, semplice, disponibile per tutti, di fare star bene gli altri.
Questo per dire che empatia appartiene alla categoria delle parole “larghe”, come arte o amore, che non possono essere rinchiuse una definizione da dizionario ma vanno vissute e sperimentate prima di tutto.
Ed è soprattutto una questione di sguardi e di visioni.
Ecco per te 3 spunti per sperimentare ed accedere all’empatia piuttosto che comprenderla razionalmente:
1. Guarda meglio
Hai presente nel film Avatar come esprimevano rispetto reciproco e profonda connessione gli esseri blu, i Na’vi del pianeta verde di Pandora che assomiglia(va) all’Amazzonia?
“Io ti vedo“
Vedere meglio significa mettere in atto una sorta di ginnastica dell’attenzione e della “vista”. Questa ginnastica può avere lo strano effetto collaterale di aprire i cuori, il tuo compreso.
Nel mosaico caleidoscopico dell’empatia è vero che solo chi sa che esistono molte verità può ascoltare la verità dell’altro con rispetto. Essere empatici significa anche non essere schiavi dei propri dogmatismi.
Prova a guardare diversamente gli altri, mettendoli in prospettive fuori da quella abituale in cui sei tu abituato a vederli. Prospettive di loro gradimento magari, verso le quali indirizzare un cambiamento auspicato, ma in ogni caso prospettive multiple.
In questo modo la ginnastica genererà anche il presupposto per il loro effettivo possibile cambiamento (e per il tuo).
2. Ricerca cosa agli altri interessa nel profondo
Un punto un pò controverso questo.
Parlando di potere dell’empatia, non si può evitare di esprimere anche la sua valenza manipolatoria in negativo, spesso minimizzata. La politica e il marketing invece ne conoscono bene la portata praticamente fondandosi come “scienze” interamente nelle mani della sua forza.
E’ vero, potremmo parlare di falsa empatia o empatia monca, ma fatto sta che spesso ci siamo sentiti compresi più da chi poi ci ha manipolato che da molti amici e parenti.
Sezionando le componenti del mosaico dell’empatia per poterle padroneggiare, non possiamo esimerci dal distinguere tra la capacità di comprendere l’altro e del cosa ci facciamo di questa comprensione in termini di comunicazione e di intenzione.
Il ponte tra empatia e opportunismo appare quando il tuo interesse coincide con il mio, il tuo benessere al mio.
Ma anche il verbo “manipolare” è associato solo a valenze negative, anche se un’operazione chirurgica è un atto di manipolazione molto invasiva che salva le vite, non credi?
Le ricerche di mercato cercano di comprendere la buyer persona, l’avatar, in questo caso non abitante di Pandora, ma il prototipo del target di acquisto di riferimento, al fine di soddisfare i suoi bisogni nel modo in cui egli desidera, rispecchiando la sua realtà.
Entrare nella testa delle persone, nei meandri suoi più oscuri, è il compito del copywriter.
Il potere irresistibile sta nel fatto che ognuno di noi vorrebbe qualcuno che lo guardasse meglio di come si conosce lui stesso, sapendo rispondere ai suoi bisogni in anticipo.
La brama di essere visti impedisce di guardare gli altri ed è così che si diventa persone sole.
Una società sola, in sostanza, è quella dove ognuno vuole essere visto senza voler vedere l’altro.
3. Staccati dallo sfondo della norma
Tendiamo ad avere cornici di lettura abituali di ogni minima cosa che accade. Se per caso non l’abbiamo, la inventiamo sul momento o la etichettiamo come pazzia.
Di fronte ad ogni cosa che osservi che ti appare come strana, sbagliata, incomprensibile, chiediti:
In quale contesto quel comportamento avrebbe senso? Quale percorso logico ha percorso quella persona per arrivare ad agire in quel modo, tale per cui risulterebbe completamente opportuno?
E’ un lavoro questo che fanno spesso gli autori delle tue serie preferite. Pensiamo ad esempio a YOU, storia di uno stalker che quando indossa un berrettino diventa irriconoscibile e invisibile (ahah chi ha visto la serie capirà la battuta). Il dialogo interno del protagonista, il nostro amico stalker, il processo mentale che vive costantemente fa permette di empatizzare con lui rendendolo simpatico agli spettatori che riescono a vedere nel suo comportamento malato una logica quasi come se fosse l’unica cosa giusta da fare.
Questo crea nello spettatore una dissonanza significativa rispetto al suo comportamento, sospendendo momentaneamente i normali processi decisionali e il sistema di valori che guidano il comportamento nelle relazioni personali e affettive, che rende il tutto molto interessante.
Ricordiamo infine che affinchè ci sia empatia occorre la presenza di non-empatia.
Nella vita le cose emergono solo per contrasto altrimenti non vengono percepite, come nel film Unbreakable dove la nemesi malvagia porta alla luce l’eroe attraverso dei terribili atti terroristici.
L’eroe interpretato da Bruce Wills è un uomo letteralmente indistruttibile, al contrario dell’uomo di vetro interpretato da Samuel Jackson, le cui ossa si frantumano come gesso sulla lavagna.
Se vuoi approfondire l’argomento e scoprire gli altri pezzi del mosaico che completano il variopinto quadro dell’empatia, non mi resta che consigliari il libro del Prof. Masoni Il potere dell’empatia.
E con questo vi saluto al grido di “Shyamalannnnnn !!!” di Maccio Capatondiana memoria nel trailer de “la febbra“…. vera predizione da veggente di questo inizio del 2020 dominanto dal coronavirus.
Sarà l’empatia a debellarlo? Non ci resta che guardare meglio…..