Ai nostri giorni sentiamo sempre più notizie riguardanti il rapporto tra insegnanti ed alunni. Quanti alunni che trattano in maniera aggressiva i propri insegnanti o educatori e quanti genitori che, purtroppo, li difendono. D’altra parte molti insegnanti sembrano essere impazziti e attaccano in maniera fisica i loro alunni. Tutto ciò alle nostre orecchie sembra assurdo e alle volte non riusciamo a darci una spiegazione coerente. E’ così che alcuni genitori si sentono allora in dovere di andar contro l’insegnante non appena il figlio si lamenta. Gli insegnanti sono sempre più stressati e gli alunni divengono sempre più aggressivi. Quasi metà dei docenti che lavorano nelle scuole nostrane è in situazione di burnout di livello medio, e per un docente su cinque la situazione è già abbastanza grave. Per burnout si intende l’esito patologico di un processo stressogeno che interessa, in varia misura, diversi operatori e professionisti che sono impegnati quotidianamente e ripetutamente in attività che implicano le relazioni interpersonali. Tutto ciò porta ad un deterioramento dell’impegno nei confronti del lavoro stesso, delle emozioni e dell’adattamento al lavoro stesso. Non si vuole qui giustificare comportamenti negativi come aggressioni nei confronti degli alunni, ma cercar solo di comprendere cosa porta a questa situazione negativa. A tal proposito credo sia molto interessante riportare una ricerca che è stata svolta da Arianna Ditta, psicologa italiana.
La ricerca
Si tratta di uno dei pochi studi scientifici che attraverso questionari standardizzati e analisi statistiche misurano il peso emotivo del permanere in aula con alunni sempre più problematici e genitori che non ne vogliono sapere di imporre ai figli le regole scolastiche mettendole continuamente in discussione. Un primo campione di docenti non ha, in situazioni di stress fisico o mentale, le capacità per reagire o risolvere il problema in modo positivo. Dallo studio effettuato emerge che il 24 per cento dei docenti in esame soffre di “esaurimento emotivo” di livello medio e il 20 per cento di livello alto. In altri termini, il 44 per cento degli insegnanti coinvolti nella ricerca accusa malesseri che vanno dall’ansia all’insonnia e, nei casi più seri mal di testa, ulcera, mal di pancia, irritazione e tristezza. Lo studio ha analizzato anche la “depersonalizzazione” (freddezza, distanza emotiva) conseguente al burnout che colpisce con un livello medio-alto il 43 per cento del campione esaminato. Dunque la situazione sembra essere molto tragica poiché i docenti sono ad un livello limite che non gli permetterà di svolgere in modo positivo il lavoro.
Ma come mai nelle scuole o in questi ambienti in generale c’è un così alto livello di stress? Secondo la psicologa Arianna Ditta ci sono essenzialmente tre tipi di motivi: il rapporto diretto con gli allievi (mancanza di disciplina, scarsa autorevolezza o motivazione deficitaria per l’apprendimento); fattori di natura organizzativa (scarso sostegno offerto da colleghi e dirigenti, eccessivo carico di lavoro e di tempo, risorse esigue, continui cambiamenti normativi, retribuzione inadeguata o insufficiente riconoscimento professionale, pregiudizi sul lavoro docente); fattori di personalità (come tendenze nevrotiche, introversione, scarsa autostima, passività, aggressività)”. Essere oggi un insegnate o un docente è divenuto complicato poiché molto spesso non viene più riconosciuto come ruolo importante, non si riconosce il fatto che il docente deve avere ed ha potere rispetto all’educando o all’allievo. Si pretende quindi una relazione di parità laddove invece è necessaria una relazione asimmetrica. Gli esperti concordano che “l’incapacità del singolo di rispondere positivamente alle condizioni stressogene sul lavoro, che risultano eccessive rispetto alle sue potenzialità” rappresenta il discrimine tra chi è in burnout e no. Supportare gli insegnanti dall’inizio alla fine sembra quindi essere fondamentale.
Quali sono gli altri possibili problemi?
I ragazzi possono essere indotti a delle forme di ribellione poiché nel sistema scolastico accade a volte che sia assente uno dei fattori fondamentali: la collaborazione. Il sistema educativo della scuola si basa sul dialogo e sull’interazione costante fra insegnanti e studenti, fra i quali si instaura un rapporto unico di fiducia. Così dovrebbero almeno andare le cose. Se lo studente si sente minacciato nella sua individualità o si accorge di non essere preso in considerazione tramite le sue opinioni potrebbe mettere in atto reazioni aggressive verso gli altri compagni o verso il docente stesso. Si ha una parte di responsabilità anche nelle figure genitoriali che dovrebbero essere in grado di controllare i propri figli ed insegnargli le basi dell’educazione poiché nell’ambiente scolastico non devono arrivare come “animali” sperando poi che la responsabilità ricada esclusivamente sul sistema della scuola. Molti giovani hanno alle spalle situazioni familiari fortemente negative in cui imparano a reagire in maniera aggressiva. In questi casi più estremi è ovvio che si debba ricorrere anche a servizi di counseling o di aiuto psicologico che dovrebbero essere forniti da ogni scuola proprio per evitare situazioni molto negative. Questi aiuti possono infatti essere utili agli insegnanti stessi oltre che agli alunni.
Dunque sarebbe importante sia che i genitori preparino in modo adeguato i loro figli, sia che gli insegnanti imparino a non utilizzare in modo presuntuoso il loro potere. Questo potere deve essergli assolutamente riconosciuto per far sì che il sistema educativo possa effettivamente funzionare. Il potere che il docente ha non deve essere visto in modo negativo in quanto esso è legato semplicemente alle maggiori conoscenze e competenze che l’insegnante dovrebbe possedere per promuovere la maturità e la crescita dell’allievo. E’ un potere quindi positivo poiché non impone, ma aiuta a sviluppare una personalità sana e questo punto, a mio parere, dovrebbe essere ben compreso da genitori e da alunni che sembrano sempre più denigrare la persona del docente in quanto incapace o presuntuoso.
I docenti frustrati vanno allontanati e aiutati, non si può permettere che ci siano atti di violenza verso gli alunni, anche molto piccoli. Ciò spetta alle istituzioni scolastiche stesse che dovrebbero seguire e “controllare” lo stato mentale, lo stress, l’emotività degli insegnanti.