Tipico della savana è il “linguaggio della giraffa”, l’animale per antonomasia più alto del mondo. Essa dall’alto del suo collo ha orizzonti più ampi, ma soprattutto si tratta del mammifero con il cuore più grande perché adotta una forma di linguaggio non violenta che proviene proprio dal cuore.
Questo tipo di linguaggio fu inventato e sviluppato più di cinquant’anni fa da Marshall Rosenberg, psicologo statunitense. Il Linguaggio, applicabile in diversi contesti (famiglia, scuola, azienda, ma anche in politica e tra i popoli in guerra) aiuta a comunicare in modo efficace in tutte le situazioni di incomprensione poiché permette di sciogliere i nodi dell’incapacità di comunicare.
I principi sono semplici e migliorano la qualità della vita quotidiana. Infatti a ragionare sulla comunicazione ci si accorge che la parola genera confusione, malintesi; questo perché la comunicazione tra due persone passa inevitabilmente attraverso la diagnosi, la classificazione o il giudizio dell’altro.
Nel linguaggio comune esistono dei limiti legati soprattutto a ciò che sottostà al modo di parlare: pretese, giudizi oppure ordini. Elementi all’interno di esso che lo caratterizzano come una comunicazione che rende quasi impossibile godere della differenza tra persone, un “linguaggio sciacallo”. Chi adotta questa modalità comunicativa mette in atto anche una sorta di classificazione del suo interlocutore giudicandolo come “giusto”, “sbagliato”, “buono”, “cattivo”, “normale”, sviluppando delle aspettative nei suoi confronti.
Ciò, a detta di Rosenberg, non fa altro che creare o aumentare le resistenze dell’altro rendendo difficile la comunicazione poiché la persona con cui si interagisce sente di non avere alcuna possibilità di scelta e di conseguenza toglie ogni gioia nel dare. Colui che modifica il proprio atteggiamento a seguito di una comunicazione con uno sciacallo, magari dopo una sfuriata, lo fa per senso di colpa, vergogna o paura.
All’opposto si trovano i principi su cui si basa il linguaggio giraffa che si focalizza invece sull’osservazione e la descrizione di ciò che accade, l’espressione dei propri bisogni, dei propri sentimenti e dei propri valori piuttosto che sulla mera formulazione delle proprie richieste. Colui che adotta questa modalità comunicativa non esprime giudizi e non ha pretese, semplicemente osserva i fatti e cerca di comprendere cosa si cela dietro le parole dell’altro, spesso astiose. È utile soffermarsi sui bisogni ed i sentimenti che prova la persona che si nasconde dietro atteggiamenti di chiusura, scontrosi o peggio ancora insulti.
Colui che ha “orecchie da sciacallo” riverserà il torto sull’altro ed interpreterà ogni sua parola come critica o giudizio dimenticando che ogni critica, ogni giudizio nient’altro sono che l’espressione maldestra di un bisogno. Un genitore o un partner che ascolta invece con “orecchie da giraffa” riesce a percepire i bisogni del figlio o del partner indipendentemente dalla loro modalità di espressione.
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta