Il desiderio rappresenta il motore delle nostre azioni, una fonte di energia che se adeguatamente incanalata ci fa raggiungere i traguardi sperati provocandoci le soddisfazioni di cui abbiamo bisogno per vivere bene. Purtroppo per gli adolescenti stare adagiati nelle sicurezze della “tana” familiare rappresenta il contraltare che non favorisce la spinta motivazionale verso una soddisfazione piena. Tutto ciò porta, pian piano a perdere la capacità di desiderare veramente. I giovani potrebbero dunque sviluppare una tendenza a starsene sempre in casa, a non voler uscire se non con gli amici fidatissimi, lamentarsi di qualunque cosa debbano fare, anche di semplici gite scolastiche.
Spingere i propri figli ad uscire, “a viversi la vita”, non sempre produce gli effetti desiderati, anzi spesso porta frustrazioni che i genitori riversano sui figli con conseguente chiusura degli stessi in un mutismo, in una incapacità di confronto. Diventa difficile per i ragazzi trovare delle strategie che permettano loro di aprirsi all’esterno e mettersi in gioco con sé stessi e con gli altri sviluppando modalità relazionali che li portano ad allontanarsi sempre più da tutto e da tutti. Se le cose non vanno bene, come vorrebbe lui, è sempre colpa di qualcun altro: l’adolescente non ammette mai di avere responsabilità. È difficile dire perché in alcuni ragazzi la ricerca della soddisfazione manchi o latiti. Si potrebbe pensare, generalizzando, ad un eccesso di protezione o, di contro, a una presenza genitoriale poco incisiva. Sicuramente però ognuno ha una storia di vita e familiare a sé stante e che va tenuta in considerazione perché rappresenta il motore decisionale di ognuno di noi.
Spesso non è presente negli adolescenti la capacità di riconoscere le proprie emozioni, le proprie aspirazioni e che si può ottenere qualcosa purché ci si spenda per dar voce ai propri desideri magari facendo fatica e, perché no, soffrendo. Alcuni adolescenti vivono anestetizzati per paura di stare male, ciò li porta ad ingigantire ansie, paure, preoccupazioni rendendoli incapaci di riconoscere le proprie risorse interne alle quali attingere in un periodo della vita così complesso. Ciò li porta a sminuirsi perché mai all’altezza delle situazioni. Viene lecito da parte dei genitori chiedersi cosa fare, come comportarsi. È più utile “spingere”, spronarli? O stare lì a guardare ed attendere che trovino dentro di sé le capacità di reagire? Innanzitutto i genitori devono essere uniti tra loro. È inutile rimproverarsi degli errori commessi o cose non fatte, si deve anzi cercare nel coniuge quell’alleato con il quale far fronte a questi momenti provando anche a mettere in discussione i propri comportamenti senza essere rigidi o colpevolizzare se stessi o l’altro. Agire all’unisono magari con un atteggiamento più fermo e deciso che metta il ragazzo di fronte a scelte d’impegno che deve portare avanti può essere utile come soluzione. Riuscire a cogliere quei segnali di malessere che un adolescente non sempre riesce ad esprimere in modo giusto è importante perché permette ai genitori di capire che alla base di ogni comportamento c’è un pensiero o un disagio psicologico che va tenuto in considerazione.
La fermezza nei comportamenti genitoriali è un passo importante affinché il giovane adolescente non metta in atto fughe e porti avanti con continuità gli impegni cui deve assolvere, ma presuppone una buona dose di vicinanza da parte di mamma e papà. È importante che i genitori non perdano la tenacia nel rapportarsi ai figli e nel volerli guidare nella crescita. Condividere momenti ora con la mamma, ora con il papà porta i figli a riconoscere quelle due figure come alleati oltre che come genitori e favorisce un confronto più proficuo che a sua volta facilita il momento dell’adolescenza. Si tratta di condividere e realizzare continuamente nuovi momenti di incontro reciproco. Porsi in un’ottica di ascolto e condivisione per una crescita costante e reciproca è il punto di partenza per un benessere familiare costante e duraturo.
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta