Dopo aver letto l’articolo “COME RICONOSCERE UN ATTACCO DI PANICO” possiamo cercare di capire. secondo l’ottica cognitivo-comportamentale, cos’è che scatena un attacco di panico.
Cominciamo con il precisare che chi soffre di attacchi di panico vive una particolare attitudine, chiamata anxiety sensitivity.
Questa attitudine interna porta a:
- considerare l’ansia pericolosa per la propria salute fisica e mentale
- temere tutti i segnali fisici di attivazione neurovegetativa (come la tachicardia o il respiro corto).
Questi due elementi sembrano influire più di altri sullo sviluppo del disturbo di panico perché espongono la persona al rischio di panico tutte le volte che essa sperimenta un’emozione particolarmente intensa o un’attivazione neurofisiologica del tutto naturali.
In altre parole, l’aumento del battito cardiaco o una respirazione affannosa, causati ad esempio dall’attività fisica, potrebbero essere interpretati come sintomi pericolosi e sarebbero questi a determinare l’insorgenza dell’ansia e poi del panico.
IL MODELLO DI CLARK
Il modello cognitivo che meglio spiega il meccanismo alla base del panico è quello di Clark.
Secondo Clark, uno stimolo esterno o interno viene percepito (erroneamente) come minaccioso e questo innescherebbe una risposta d’ansia.
Ad esempio, la stanchezza (stimolo fisico naturale) potrebbe essere letta come segnale di un imminente svenimento e ciò scatenerebbe una reazione ansiogena.
L’ansia è un’emozione caratterizzata da determinate caratteristiche psicologiche e fisiologiche. Alcune di queste sono:
- l’aumento del ritmo cardiaco,
- il sentirsi poco “lucidi”,
- l’avere contrazioni nervose,
- provare una tensione muscolare
- ecc.
La conseguenza naturale della reazione ansiogena e dei sinonimi fisici, cognitivi ed emozionali ad essa legati, per chi è affetto da disturbo di panico, conferma la lettura minacciosa (e distorta!) dello stimolo provato inizialmente e questo amplifica la sensazione di minaccia aumentando e amplificando ulteriormente l’ansia (“E’ proprio vero che sto per svenire! Mi sta per venire un infarto!”).
CIRCOLO VIZIOSO
La dinamica sovra descritta, scatena un circolo vizioso di sensazioni fisiche ed interpretazioni catastrofiche e distorte delle sensazioni provate, fino ad arrivare al panico vero e proprio caratterizzato dalla convinzione che la minaccia non è più solo incombente, ma ormai attuale («Ecco, muoio!”).
Il circolo vizioso che si crea costringe la persona inoltre a mettere in atto condotte per evitare di riscontrare quella situazione ansiogena: evitamento e protezione dalla situazione stimolante all’origine dell’ansia (ad esempio smettere di guidare) e attenzione selettiva a tutti i micro segnali all’origine dell’attivazione ansiogena.
APPROCCIO COGNITIVO COMPORTAMENTALE
L’approccio cognitivo-comportamentale ha l’obiettivo di aiutare la persona a interpretare gli stati esterni e interni nel modo corretto, accettabile e meno catastrofico. Una rilettura corretta degli stimoli provati, anziché alimentare il circolo vizioso, lo blocca al secondo step (quello della lettura minacciosa e catastrofica.
Al contrario, un’interpretazione più coerente e razionale, quindi, aiuta la persona a considerare accettabili, tollerabili e meno pericolosi i segnali naturali di attivazione fisica ed emozionale.
STRUMENTI UTILI
Le tecniche terapeutiche utilizzate nell’ambito della Psicoterapia Cognitivo Comportamentale sono:
- la discussione delle convinzioni patogene,
- la psico-educazione,
- il dialogo socratico
–> ALLO SCOPO di per giungere ad una ristrutturazione cognitiva ovvero ad un nuovo modo di pensare e interpretare la realtà
- l’esposizione graduale agli stimoli
- le tecniche di rilassamento, come il Training Autogeno
–> ALLO SCOPO di bloccare l’attivazione ansiogena resa automatica con la cattiva interpretazione degli stimoli e insegnare alla persona a ricreare uno stato di calma e tranquillità molto velocemente.
DR.SSA ILARIA CADORIN
Psicologa n°9570 Albo Psicologi del Veneto
Contatto e-mail: cadorin.ilaria@gmail.com
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