La comunicazione non verbale: quando le parole non bastano.

ATTI NON VERBALI

Nella nostra quotidianità siamo esposti continuamente ad una serie di segnali e segni che ci danno la possibilità di comprendere l’altro; di notevole importanza l’espressività del volto, l’area più considerevole del nostro corpo sia sul piano comunicativo che su quello espressivo. Essa costituisce infatti il canale privilegiato attraverso il quale si esprimono emozioni. Secondo Ekman e Friesen (1969), l’espressione del volto trasmetterebbe il tipo di emozione provata dal soggetto, mentre la postura indicherebbe l’intensità emotiva esperita. Tornando agli atti non verbali Benemeglio (1992) li suddivide in tre categorie distinte: segnali di tensione, segnali di gradimento ed infine segnali di rifiuto. Vediamo brevemente le categorie.

  1. Segnali di tensione: tutti quei comportamenti che tradiscono ansia, paura ed apprensione. Rientrano in questa categoria anche gli atti di autoconforto, segnali che non esprimono direttamente tensione emotiva ma sono prodotti in conseguenza ad uno stato di disagio come forme di autoconsolazione. Di seguito alcuni esempi associati a questa categoria
  2. Segnali di gradimento: tutti quei comportamenti che evidenziano attenzione, interesse e curiosità.
  3. Segnali di rifiuto: tutti quei comportamenti ed espressioni di fastidio, disappunto e rabbia inespressa.

Tra i segnali di tensione rientrano:

– pizzicarsi il volto;

– grattarsi una parte del corpo;

– mordersi le unghie;

– deglutire;

– tormentare o tirare le dita di una mano.

Tra i segnali di gradimento rientrano:

– passarsi una mano fra i capelli;

– mordersi il labbro inferiore;

– giocherellare con l’anello;

– eco posturale o di altri comportamenti;

– portare un oggetto verso di sé;

– passarsi la lingua sulle labbra.

All’interno di questa categoria i segnali di apertura meritano un’ulteriore approfondimento. Alcuni dei segnali di apertura sono contemporaneamente indice di piacere e di disponibilità. Di seguito alcuni esempi:

– togliersi un indumento, come la giacca o il cappotto. Questi possono infatti rappresentare una corazza o barriera, quindi vengono tolti nel momento in cui non si avverte più la sensazione di vulnerabilità o pericolo;

– disincrociare braccia e/o gambe. E’ possibile osservare questo atto quando l’interlocutore. originariamente ostile o in posizione di autoprotezione, ammorbidisce la sua posizione grazie a qualche frase che lo rassicura;

– togliersi gli occhiali. Si tratta di un atto che assume un significato diverso a seconda del momento in cui viene fatto; all’inizio di un’interazione può indicare disponibilità o attrazione per l’altro, se viene compiuto in relazione ad un dato argomento può essere un modo per sedurre l’altro così che continui a parlare di quell’argomento o in quel modo.

Tra i segnali di rifiuto rientrano:

– sfregarsi il naso;

– grattarsi la fronte;

– sollevare il sopracciglio;

– tenere sollevato con un dito il labbro inferiore;

– sollevarsi gli occhiali;

– grattarsi con una penna o un dito sotto il mento;

– premere la lingua contro l’interno delle guance;

– evitare lo sguardo;

– incrociare le braccia;

– indietreggiare.

CONCLUSIONI

“Chi ha occhi per vedere e orecchi per intendere si convince che ai mortali non è possibile celare alcun segreto. Chi tace con le labbra chiacchiera con la punta delle dita, si tradisce attraverso tutti i pori”.

(S. Freud, 1905)

Questa celebre frase di Sigmund Freud può aiutarci a comprendere meglio un concetto fondamentale, e cioè che non c’è nulla che possa essere nascosto se si impara ad osservare con attenzione il comportamento non verbale dell’altro. Come afferma il primo assioma della comunicazione umana (Watzlawick, Beavin, Jackson, 1967): “Non si può non comunicare. Anche il silenzio è comunicazione”. Questo sta ad indicare che pure in assenza di comunicazione verbale, ogni nostro comportamento conferisce del materiale prezioso per l’altro, osservatore attento e meticoloso nel leggere i segnali che il corpo invia continuamente.

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