Essere se stessi è difficilissimo

essere se stessi

La società ci manda un messaggio ambivalente, da una parte ci invita a esprimerci mentre dall’altra ci obbliga a seguire le sue regole.

Comincia tutto con la scuola dove per riuscire dobbiamo dimostrare la nostra capacità di svolgere i compiti richiesti e di attenerci a un sistema di valori condiviso. Questo è indispensabile per creare un terreno comune sul quale venire giudicati: il compito della scuola è fornire un bagaglio culturale, indispensabile per dare a ogni individuo le stesse opportunità. Se non ci fosse questo filtro la variabilità sarebbe enorme e la parcellizzazione delle competenze fonderebbe la sua genesi nel nucleo famigliare, o nel contesto amicale, o, in casi estremi, nella propria solitudine.

Dove possiamo esprimere la nostra creatività?

Sempre a scuola. Perché per fortuna la strada più breve per raggiungere una meta non è sempre quella tracciata da qualcuno prima di noi. La creatività è inaspettata, altrimenti avrebbe un altro nome. Sarebbe a volte senso del dovere, altre prontezza di spirito, altre ancora cocciutaggine. Perché come ci insegna la psicologia del lavoro, dedica abbastanza ore allo svolgimenti di un’attività e diventerai un esperto.

Il mondo vede nell’esperto qualcuno che ha trovato se stesso, la sua strada e la conosce al punto di farsi portavoce per gli altri.

Però a volte l’esperto è solo una persona che passa più tempo a parlare di quello che fa che a fare quello di cui parla. Anche la società è imperfetta e palesa i suoi limiti. Anche quando non è così e la competenza dimostrata è autentica, è difficile far aderire completamente la nostra essenza intima a quello che dimostriamo di saper fare. Come a scuola, abbiamo imparato la lezione, magari meglio di altri, ma non per questo con creatività e personalità. Siamo quelli che si sono adattati meglio a una richiesta sociale-lavorativa e per questo la società ci premia dandoci la possibilità di condividere la nostra storia con gli altri.

Ma noi stessi, dove siamo?

Alcuni si cercano fuori dalla società, è una strada irta di insidie. Assomiglia alla follia descritta da Steve Jobs durante il discorso a Stanford, dove tutti possono cambiare il mondo in cui vivono semplicemente esprimendo se stessi. Non è così facile perché c’è un sottinteso, non si tratta di opporsi al sistema bensì di trovare un modo creativo per raggiungere un traguardo socialmente accettato.

Possiamo esprimere noi stessi con la creatività.

Siamo noi stessi quando a scuola diamo al professore quello che vuole a modo nostro. Non quando gli diamo qualcosa che non ha chiesto o evitiamo di rispondere alla consegna. Rispondere ai bisogni della società attraverso la creatività significa imporre la nostra visione del mondo, la nostra personale soluzione del problema. Non è facile per niente. Infatti essere se stessi non è facile.

Essere se stessi significa difendere il proprio punto di vista dalle pressioni esterne. Se siamo abbastanza forti da convincere anche gli altri a credere in noi, allora ci verrà chiesto di condividere quello che siamo. Solo in questo caso saremo noi stessi e liberi di esserlo. In caso contrario ci chiederanno di piegarci alle aspettative, consegnare il compitino. Oppure dovremo escluderci dalla società e inseguire la nostra essenza intima al di fuori, ma in questo caso non saremo liberi di essere noi stessi, saremo obbligati.

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