Il filosofo greco Platone nel Simposio, racconta che “i generi degli uomini erano tre, e non due come ora, ossia maschio e femmina, ma c’era anche un terzo che accomunava i due precedenti, l’androgino. La figura di ciascun uomo era intera e rotonda, aveva quattro mani e tante gambe quante mani, e due volti su un collo arrotondato del tutto uguali. E aveva un’unica testa per ambedue i visi rivolti in senso opposto, e quattro orecchi e due organi genitali. Erano terribili per forza e per vigore e avevano grande superbia, tanto che cercarono di attaccare gli dei. Zeus e gli altri Dei decisero allora di dividere in due l’originaria natura umana e ciascuna metà, desiderando fortemente l’altra metà che era sua, tendeva a raggiungerla.
Dunque, da così tanto tempo è connaturato negli uomini il reciproco amore degli uni per gli altri che ci riporta all’antica natura e cerca di fare di due uno e di risanare l’umana natura”.
Nella Bibbia, invece è scritto: “…Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna”. (Genesi cap.2, v.v. 21-25).
Sia nel Simposio che nella Bibbia testi è presente il concetto di divisione. Nela tradizione greca Zeus divide l’androgino in due esseri, mentre in quella cristiana c’è Dio che toglie una costola all’uomo per creare la donna. Pertanto in entrambe le tradizioni è presente il concetto di unità relazionale.
In realtà oggi la biologia ci spiega che non è la donna a derivare dall’uomo, ma è l’uomo che deriva dalla donna; infatti durante lo sviluppo dell’embrione la differenziazione sessuale in senso maschile avviene da un embrione che continuerebbe a svilupparsi in senso femminile in assenza di determinate condizioni, come la presenza del gene SRY.
Il contesto classico delle identificazioni del maschile con il «primo principio» risiede, secondo lo psicanalista e filosofo James Hillman, nella storia di Adamo ed Eva raccontata nella Genesi: Adamo creato a immagine di Dio, Eva creata dopo da Adamo e quindi, rispetto al divino, più distante. Questo assioma «prima-Adamo-poi-Eva» ha dato luogo allo sviluppo dei seguenti preconcetti, ovvero il maschio:
- è precedente nel tempo perché è stato creato prima;
- viene rappresentato come superiore perché solo di lui si dice che è creato a immagine di Dio;
- è superiore in coscienza perché Eva venne tratta da Adamo mentre dormiva. Il sonno di Adamo è uno stato di caduta e il risultato di questa caduta è Eva. Eva è il sonno dell’uomo;
- La sostanza di Adamo è superiore poiché Eva è formata in Adamo quale parte di un tutto.
Fino al 1800 vigeva la credenza, derivante dalla medicina galenica, dell’organo genitale unico. Gli organi genitali femminili venivano rappresentati similmente agli organi genitali maschili: quello della donna era un pene immaturo, perciò incorporato. A tanta valorizzazione del fallo maschile corrispondeva poi una ingiustificata svalorizzazione della sessualità femminile fino alla sua patologizzazione. È il caso, ad esempio, dell’isteria all’epoca descritta come uno stato in cui un utero “impazzito” vagava nel corpo femminile producendo strani sintomi come una comunicazione gestuale inquieta e dirompente. Ad oggi l’isteria non è più considerata una malattia, ma piuttosto il frutto dei preconcetti sessisti dell’epoca.
È grazie a Sigmund Freud e successivamente ad altri analisti Wilhelm Reich che finalmente si comincia a parlare di sessualità femminile. La teoria di Freud sulla sessualità pone al centro il problema della sessualità maschile, lasciando a margine quella femminile che viene spesso analizzata come un’integrazione dei concetti esposti nell’analisi svolta per il sesso maschile. Freud ha corretto questo sbilanciamento concentrando la sua analisi sulla sessualità femminile in alcune opere come Il tramonto del complesso edipico (1924), Alcune conseguenze psichiche della differenza anatomica tra i sessi (1925), Sessualità femminile (1931), La femminilità (1932).
«La vita sessuale degli uomini è diventata ormai accessibile alla ricerca. Quella delle donne è nascosta dietro una impenetrabile oscurità» (S. Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), Opere Complete vol. V, p. 465, Boringhieri).
E ancora «La vita sessuale della donna è il continente oscuro della psicanalisi» (S. Freud. The question of lay analysis (1926), The standard edition of the complete psychological works. vol. 20, p. 212).
Wilhelm Reich, alunno di Sigmund Freud, pubblicò nel 1927 la sua opera più importante: La funzione dell’orgasmo. Secondo Reich la causa della nevrosi e della psicosi risiedeva nell’impossibilità fisica di arrendersi all’orgasmo e solo con la comprensione della funzione del piacere sessuale è possibile per l’uomo ambire alla felicità. All’interno dell’opera Reich afferma che la sessualità femminile non è diversa da quella maschile.
Si è passati così da un modello efficientista, che considera il sesso un mezzo per raggiungere la procreazione, ad un modello relazionale, dove viene privilegiato l’aspetto del piacere di coppia intendendo la sessualità non più esclusivamente finalizzata alla riproduzione.