Scommetto che nella vita hai dovuto affrontare tantissime difficoltà. La vita ti ha sempre messo di fronte a circostanze e situazioni da risolvere, a volte tragiche, a volte trionfanti. A volte si sono evolute in positivo altre in negativo. E tu, te la sei cavata con le tue forze. Nonostante le vicissitudini, le tue scelte, il destino, una cosa ti accomuna con il resto del mondo, una cosa ci accomuna l’uno con l’altro: tutti conosciamo la sofferenza di un amore.
Un amore finito, non deve togliere la voglia di vivere
Durante le mie consulenze, ho aiutato spesso persone che, finito un amore, attraversano un momento difficile in cui perdono la rotta. Da qui ho scelto di scrivere un libro, per aiutare coloro che vogliono ricominciare, perché tutti meritiamo di trovare la felicità. Oggi voglio raccontarvi una storia, tratta dalle prime pagine del libro, che ci aiuterà a capire come, spesso, attiviamo una dipendenza verso coloro che amiamo, soprattutto quando non ci sono più nella nostra vita, quando la storia convoglia al termine, quando l’altro non vuole più stare con noi.
[…] Tempo addietro, durante una cena di lavoro, stavo discutendo sulla felicità. Parlavo del passato, di come ognuno di noi ha una individuale interpretazione riferita ad esso e, di conseguenza, una soggettiva spinta motivazionale all’azione, derivante le esperienze di vita. In un momento di silenzio un commensale, che era a questa cena, disse che quando la vita toglie una cosa, devi lasciarla andare. Arrendendoti e lasciando andare il passato, diventi pienamente vivo nel momento presente. Poi continuò, parlando di un uomo che aveva conosciuto nella sua vita, in uno dei suoi viaggi, un Nagual dei Cavalieri dell’Aquila. Nella cultura messicana il Nagual è un Maestro che condivide la sua conoscenza con i suoi discepoli. Il commensale continuò, menzionando di un maestro in particolare, nato da una famiglia di guaritori. […] Raccontò che durante le loro passeggiate serali, il Nagual enunciava sempre delle frasi molto belle e sagge, ma una rimase nella sua memoria più delle altre, affiorando in un ricordo quando, durante la nostra cena, parlavamo della felicità. Il maestro disse di ricordare che quando la felicità sarà messa nelle mani di un’ altra persona, prima o poi quella persona la distruggerà. Se la felicità invece vive dentro di te, tu ne sarai il responsabile unico.
Non è adeguato rendere qualcuno responsabile della tua felicità. Quando metti la tua vita nelle mani del tuo partner, riponi una speranza intrinseca che quella persona ti renda felice, e che tu renderai felice lui o lei, dimenticando il ruolo primario che hai verso te stesso/a. Il maestro disse che questo è l’errore che quasi tutti facciamo fin dall’inizio. Basiamo la nostra felicità al di fuori del personale campo d’azione e di scelta; ed ecco una quantità enorme di promesse, di fallimenti, di false speranze, di infelicità, di tristezza e di rabbia […].
Un amore finito: dipendenza affettiva
Un rapporto di coppia, spesso, ci porta a decentrare il personale equilibrio verso la persona con cui intendiamo costruire un progetto di vita. Consapevolmente o inconsapevolmente, siamo indotti a dimenticare la personale visualizzazione come unità, attori, implementando maggiormente il senso di dualità, di coppia. Questo ci porta, nel legame amoroso, a creare assenza di reciprocità nella vita affettiva e nelle sue manifestazioni. Si creano i cosiddetti “donatori d’amore a senso unico”, che vivono un malessere psicologico e fisico piuttosto che benessere e serenità, andando in crisi soprattutto se una relazione finisce.
Se da un lato ognuno è dipendente, in qualche misura, da altre persone, e questo nasce dal nostro bisogno di approvazione, di empatia, di conferme, di ammirazione, per sostenerci e per regolare la nostra autostima, dall’altro lato sappiamo innescare forti e durature dipendenze che sfiorano il patologico, soprattutto nel momento in cui la relazione finisce. In questi casi ogni decisione viene vissuta con ansia, ci sottomettiamo verso gli altri, necessitiamo di rassicurazioni, e iniziamo a vivere una fase di “non funzionamento”. Non funzioniamo più bene, senza qualcun altro che si prenda cura di noi. Per questo, forse, servirebbe amare prima se stessi per poi saper amare elegantemente e in modo sano in coppia.
Estratto dal libro Ricomincio da me
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