Sembra essere un connubio difficilmente realizzabile, ricco di pregiudizi e dubbi.
E se vi dicessi che oltre ad essere una grandissima possibilità, è nel contempo una realtà sempre più condivisa e ricca di iniziative?
L’utilizzo consapevole dei videogiochi per i “silver gamer” (videogiocatori over 65) è oggigiorno senza alcun dubbio una preziosa risorsa ed una concreta e funzionale possibilità per migliorare la loro vita. Negli ultimi decenni si è (gioco-forza) focalizzata l’attenzione su come le nuove tecnologie possono rappresentare una concreta possibilità non solo per sviluppare socialità, intrattenimento e indipendenza, ma anche sui possibili risvolti terapeutici (motori,cognitivi e psicologici), neuro-modulatori e diagnostici
Proprio per la loro strutturazione alcune tipologie di videogames (Serious Games, Exergames etc), sono sempre più utilizzati da psicologi e neuropsicologici con finalità riabilitative e di potenziamento cognitivo/motorio/psicologico. Risulta sempre più facile trovarli in contesti clinici per fronteggiare demenze, traumi cerebrali, deficit cognitivi e problematiche della neurodegenerazione cognitiva, così come per favorire tolleranza e resilienza in pazienti oncologici o con patologie croniche con task specifici.
Tuttavia, non è raro vederli in situazioni in cui è richiesto un training di potenziamento cognitivo specificatamente per gli anziani allo scopo di promuovere un invecchiamento attivo sia in contesti non clinici che in cliniche specializzate.
Esistono già diverse possibilità concrete legate (ad.es) ai serious game, sia per quanto riguarda l’assessment del declino cognitivo, nei soggetti con MCI (Mild Cognitive Impairment), sia con soggetti con alto rischio di conversione in AD (demenza di Alzheimer) o in condizioni di VCI (disfunzione cognitiva vascolare).
In particolare, si stanno sviluppando dei serious games che possano essere implementati nella fase di screening in sostituzione ai classici test neuropsicologici carta-matita in quanto quest’ultimi: richiedono tempo, sono costosi e necessitano del coinvolgimento di molti professionisti.
Le nuove tecnologie consentono quindi di sviluppare strumenti di misurazione di più semplice utilizzo e che possano ridurre anche i tempi di processamento dei dati fornendo condizioni di test controllate (Zucchella et al. 2014). Altri studi hanno indagato sulla possibilità di utilizzare i videogiochi come ‘strumento’ di diagnosi precoce, come ad es. “Sea Hero Quest e la diagnosi di Alzheimer” di se ne parla in modo specifico in quest’altro articolo.
Ad oggi, sempre più psicologi/neuropsicologi clinici utilizzano i serious games (SG) sia in fase di screening che poi in fase riabilitativa. Utilizzarli permette di individuare i punti di forza e lavorare su training cognitivi costituiti ad hoc sul paziente.Esiste, a tal proposito, una forte evidenza empirica che ha messo in luce che i serious games hanno effetti benefici sul funzionamento cognitivo in contesti di neuroriabilitazione, in particolare agendo direttamente e specificatamente sull’attenzione selettiva, il linguaggio, la memoria e le capacità decisionali.
Inoltre, l’utilizzo funzionale consente il mantenimento di un cervello sano limitando il decadimento delle funzionalità cognitive necessarie allo svolgimento di attività giornaliere negli anziani sani ma anche in coloro che presentano problematiche neuropsicologiche (Tziraki et al., 2017), offrendo possibilità di monitoraggio continuo e ampliando le possibilità applicative in ottica di tele-riabilitazione e tele-medicina. I serious games/exergames possono e “devono” integrare gli interventi neuropsicologici esistenti offrendo un contesto più coinvolgente, standardizzato e personalizzato per l’allenamento o la riabilitazione cognitiva.
Ormai gli esperti a livello internazionale ritengono importante attuare con le persone anziane anche degli interventi psicosociali, sia a scopo preventivo, che di mantenimento delle capacità residuali. Proprio per tale ragione, l’attenzione si è spostata sui cosiddetti exergames, una categoria di videogiochi in cui l’interazione non è basata solo sulla coordinazione occhio-mano, ma si estende anche ad altre parti del corpo, presentando numerosi vantaggi potenziali in ambito motorio e di promozione del benessere, rompendo un vecchio stereotipo, quello dei videogame complici di una vita sedentaria, ma anzi riuscendo a fare un doppio lavoro, perché si esercita contemporaneamente sia la sfera fisica che quella cognitiva.
Diventano, insomma, uno ‘strumento’ utile anche in campo riabilitativo.
Molti meriti per quest’ultimo particolare campo, vanno sicuramente attribuiti alla console Nintendo Wii (Wii FIT) che con le sue dinamiche fortemente aggreganti è stata in grado di creare delle vere e proprie esperienze di gioco comunitario, favorendo l’attività fisica ed il movimento.
Un’altra realtà sempre più emergente è quella dell’utilizzo della realtà virtuale. Un esempio di riabilitazione in realtà virtuale è CEREBRUM – Virtual Cognitive Rehabilitation, un’App di Riabilitazione Cognitiva in Realtà Virtuale nata dalla condivisione di esperienza, volontà e conoscenze di 2 partner presenti sul territorio italiano, nel quale operano basandosi su cardini quali formazione, qualità e innovazione: IDEGO e PRoMIND.
L’App CEREBRUM rafforza i miglioramenti ottenuti da un intervento basato sull’approccio delle Cognitive Remediation, permettendo inoltre il monitoraggio diretto da parte dell’operatore sanitario.
In Conclusione, videogames (nelle diverse declinazioni) ed anziani (meglio chiamarli “diversamente giovani”) sono un connubio emergente e funzionale, il compito e la sfida dei professionisti di psicologia digitale nei prossimi 10-15 anni sarà proprio quello di rendere consapevole, programmato, diversificato e strutturato l’utilizzo di tali tecnologie affinché la molteplicità di interventi che necessita questo target di popolazione si connoti di socialità,intrattenimento e indipendenza, non trascurando al contempo i risvolti terapeutici e riabilitativi (motori,cognitivi e psicologici), neuro-modulatori e diagnostici.