UNA “FAVOLA” DEI TEMPI RECENTI.
C’era una volta Gaio, un ragazzo che giunto ai 10 anni si accorse di non provare attrazione per le femminucce, ma per i maschietti come lui. I suoi genitori, cattolici praticanti, ne furono shockati: la madre pregava col rosario in mano affinché il Demonio la smettesse di tentare il suo bambino; il padre lo mise in punizione proibendogli di invitare a casa i compagni di classe. Solo alle femmine sarebbe stato concesso di entrare in casa sua. Gaio comprese che ai suoi genitori la sua attrazione, dunque qualcosa che non aveva scelto con un atto di volontà consapevole e sulla quale non aveva alcun controllo, era sgradita. Per questo si sentì triste e non amato.
Negli anni successivi, Gaio tramutò il suo dolore in astio: rinnegò la Parrocchia e il Crocifisso … e iniziò a frequentare Luca, un coetaneo compagno di scuola ma non della stessa classe. In questo periodo fu fortunato, perché i suoi compagni di classe gli volevano bene e stranamente (per lui) lo accettavano senza alcun problema nella sua omosessualità. Non altrettanto fortunato fu il suo partner, che veniva bullizzato dai maschi della sua classe e chiamato a voce alta nei corridoi, con epiteti quali “Frocio” o “Checca”. Dopo un anno di aggressioni verbali e insulti, Luca non ce la faceva più e decise di cambiare scuola. Gaio ne soffrì molto, anche se i due continuarono a frequentarsi. (Ma molto meno di prima, e di nascosto dalle loro famiglie).
Trascorsero gli anni, e Gaio e Luca resistettero alle prove del tempo; forgiati dalle sofferenze che avevano condiviso, ancora oggi sono una coppia stabile. Si sono impegnati nella battaglia per i diritti degli omosessuali come loro, e ogni anno sfilano con orgoglio durante le parate dei “Gay Pride”. Sono molto sensibili verso ogni discriminazione, e condizionati dal loro passato a volte ne colgono anche laddove non ci sono. Pur dichiarandosi “Di Sinistra”, votano un Partito totalmente allineato ai dogmi del Capitalismo neoliberista.
UNA CHIAVE DI LETTURA PSICOSOCIALE: IL TRIANGOLO DRAMMATICO DI KARPMAN.
Per comprendere ciò che Gaio e Luca hanno vissuto, e le scelte che hanno fatto sulla base dei loro sentimenti, ci può essere utile il “Triangolo Drammatico” di Stephen Karpman:
I 3 vertici di questo schema sono connessi ai ruoli disfunzionali che ciascuno di noi può assumere nelle interazioni con gli altri, o addirittura anche nel proprio dialogo interno: Persecutore, Salvatore e Vittima. Le frecce bidirezionali che connettono tali ruoli stanno ad indicare che il passaggio dall’uno all’altro è non solo verosimile, ma anche assai probabile. Ora chiediamoci quali ruoli siano stati interpretati da Gaio e Luca nella loro storia:
- GAIO: inizia come Vittima dei suoi genitori, che non ne accettano l’omosessualità emergente; poi si ribella al ruolo di chi subisce, divenendo Carnefice della Fede tanto cara ai suoi genitori e sfidandone i divieti (con la frequentazione di Luca). Nei confronti di Luca, vessato dai compagni, è un Salvatore … e come tale si pone anche verso gli altri omosessuali come lui una volta divenuto adulto. Durante i vari “Gay Pride”, e in alcune occasioni in cui si sente (a torto) discriminato, diventa Carnefice di coloro che accusa di omofobia;
- LUCA: durante l’adolescenza è Vittima dei compagni di classe; per Gaio è sia una Vittima da proteggere che un Salvatore (in quanto ne accetta e ricambia i sentimenti “proibiti”). Come Gaio, abbraccia la causa della difesa degli omosessuali e dei loro diritti (ancora Salvatore) e a volte vede ombre laddove non ce ne sono agendo da Carnefice.
LA GAIA IMPORTANZA DI CHIAMARSI “ERNESTO”.
Come ho detto, anche Luca e Gaio, che pur sono stati discriminati in passato e quindi potrebbero essere considerati per lo più Vittime, a volte agiscono da Carnefici. Ciò accade sulla spinta dell’autocompatimento, ovvero quando ferite del passato, non del tutto rimarginate, tornano a pulsare annebbiando il discernimento dei due uomini. L’esempio più palese di questa perdita di lucidità è la loro aderenza acritica al “Gay Pride“, manifestazione che celebrano con entusiasmo non rendendosi conto:
- della sua infondatezza logica: nascere o divenire gay (o lesbica) non è una scelta volontaria e dagli importanti risvolti etici; è più o meno equivalente ad essere mori piuttosto che biondi. Ne consegue che tanto la condanna dell’omosessualità, quanto la sua celebrazione ed esaltazione, sono prive di senso;
- del fatto che tale manifestazione, al di là dei buoni propositi di chi la propone, è stata (e presumibilmente sarà ancora) utilizzata da una parte (numericamente non irrilevante) dei suoi aderenti per mettere in mostra (con abiti succinti e atteggiamenti plateali) la propria sessualità, violandone così la dimensione intima e facendone una faccenda pubblica. Da parte mia leggo queste provocazioni come rivendicazioni di un’autoespressione priva di filtri sociali (e dunque onnipotente: psicoanaliticamente parlando, al di sopra della Castrazione). Citando Oscar Wilde, mi viene da dire che in questi casi si va ben oltre “L’importanza di chiamarsi Ernesto” (*); siamo di fronte ad atteggiamenti istrionici, non privi di una componente narcisistica. Ora io credo che questi atteggiamenti non giovino affatto ai diritti degli omosessuali; la prova di questo è che proprio dopo gli eccessi emersi durante i vari “Gay Pride” c’è stato chi ha risposto con i “Family Day”.
Anche chi non ha mai aperto un libro di Psicologia sociale può facilmente immaginare che una maggiore discrezione conferirebbe più autorevolezza e incisività alle battaglie civili portate avanti. Ma allora perché tanti omosessuali sfidano apertamente proprio quel gruppo dal quale vorrebbero più riconoscimento?
LA MICIDIALE PERICOLOSITA’ DEL RUOLO DI VITTIMA.
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo comprendere l’ammaliante e potenzialmente letale seduttività del ruolo di Vittima: un ruolo al quale, a causa del riconoscimento sociale e degli altri vantaggi secondari (**) che offre, ci si affeziona facilmente. Una dinamica molto frequente è quella che ha luogo quando qualcuno che ha subito un torto decide di utilizzarlo (o utilizzarne il ricordo) per giustificarsi nel manifestare atteggiamenti e comportamenti aggressivi. Con questa autolegittimazione interiore, diviene possibile scaricare la rabbia accumulata mentre ci si continua a percepire immacolati. In breve, si utilizza il vittimismo per legittimare un modo di porsi ostile o provocatorio. E’ un meccanismo messo in atto tanto da persone eterosessuali quanto da omosessuali.
L’AGGRESSIONE DELL’OSTENTAZIONE.
Quegli omosessuali (lesbiche incluse) i quali usano la “patente” (***) di Vittima per autolegittimarsi nell’ostentazione (delle proprie tendenze e preferenze sessuali) stanno nei fatti sfidando chi non è come loro, affermando in modo non verbale: <<Io, omosessuale, sono più ok di te (eterosessuale) e pertanto mi metto in mostra quanto voglio. E non me ne frega niente che tu, perbenista della malora, possa scandalizzarti!>>. D’altro canto, anche dall’altra fazione giungono forti provocazioni: <<Io, timorato di Dio (o di Madre Natura, nella versione laica) contrariamente a voi balordi omosessuali, sono più ok di voi e pertanto non voglio che le vostre coppie abbiano lo stesso riconoscimento sociale della mia>>. Certo, non tutti i gay sono esibizionisti e non tutti gli eterosessuali (anche tra i cattolici) omofobi; ciò non di meno, è facile immaginare che siano proprio i soggetti più estremi i più convinti sostenitori della propria fazione. E questo estremismo, portato nelle piazze, è quello che aizza il fuoco del conflitto tra gay ed eterosessuali.
SFRUTTAMENTO DEI DIRITTI DEGLI OMOSESSUALI?
Il tasto più dolente per gli omosessuali, quello cioè del riconoscimento di pari diritti con le coppie etero, è un piatto potenzialmente ricco (di consenso elettorale) per chi opera in Politica. In effetti, coloro che decidono di promuovere tali diritti si pongono come Salvatori, riferendoci al “Triangolo Drammatico” di Karpman; è quindi ovvio che siano ben visti da coloro cui tendono la mano. Qui il rischio di manipolazione è però dietro l’angolo; nello specifico, andrebbe tenuto presente che non necessariamente la dichiarata volontà di portare alla liberalizzazione dei costumi è accompagnata da un autentico desiderio di favorire l’equità sociale e la libertà individuale.
L’INANITA’ DELLA GUERRA TRA GAY ED ETERO.
La guerra tra gay ed eterosessuali è semplicemente assurda: come ho detto in precedenza, l’omosessualità non è né un’infamia né un merito ma una tendenza attrattiva psicofisica (il più delle volte innata). Che omosessuali e lesbiche si contrappongano alla famiglia tradizionale, e viceversa, giova solo ai giochi della Politica (per prendere voti, assecondando la gente dell’una o dell’altra fazione) e ai falchi della Finanza mondiale (poiché un popolo diviso è meno forte di uno che marcia compatto nella stessa direzione).
NOTE:
(*): Oscar Wilde ha giocato sul fatto che “Earnest” in Inglese è tanto un nome proprio di persona quanto una parola traducibile con “serio/sincero”. Dunque Ernesto è l’onesto per antonomasia: colui che si mostra senza veli e in modo autentico al prossimo.
(**): tutti riconducibili alla formula: <<Sono una Vittima, e come risarcimento pretendo più diritti e meno doveri>>.
(***): assolutamente da leggere, rispetto allo sfruttamento del ruolo di Vittima, è il racconto di Luigi Pirandello “La patente”.
Dottor Andrea Passeri
Psicologo, Formatore professionista e Psicoterapeuta.