Intrusione nella vita privata, atteggiamenti molesti, ossessione e persecuzione sono gli elementi che caratterizzano lo stalking. Il termine deriva dal verbo inglese “to stalk” (ossia “fare la posta”, “caccia furtiva”, “avvicinarsi di soppiatto”) ed è stato coniato per la prima volta nel 1997 per indicare quell’insieme di comportamenti ripetuti e invadenti in cui l’altro viene sorvegliato, pedinato e controllato con l’obiettivo di ottenere un contatto o un avvicinamento.
Il soggetto di queste attenzioni e comportamenti non graditi si trasformerà rapidamente in “vittima”, precipitando, dopo un iniziale fastidio, in un baratro di ansia, paura e preoccupazione, che possono interferire con il normale scorrere della vita quotidiana.
Chi è lo stalker?
Il persecutore può essere un estraneo oppure una persona conosciuta dalla vittima, spesso un ex amante che spera di recuperare il rapporto o che desidera vendicarsi.
L’obiettivo dello stalking, nella maggior parte dei casi, è quello di stabilire una relazione sentimentale, attraverso un’invasione della vita dell’altro, imponendo la propria presenza e insistendo anche di fronte a dei rifiuti. Inoltre, talvolta, il persecutore può essere affetto da gravi disturbi psichici, che fanno sì che si convinca di essere sentimentalmente ricambiato o, addirittura, di intrattenere una relazione sentimentale con la vittima. Solitamente questi comportamenti si protraggono per mesi o anni, il che evidenzia la componente patologica dello stalking.
La Sezione Atti persecutori del Reparto Analisi Criminologiche dei Carabinieri ha distinto gli stalker in 5 tipologie:
– il “risentito”: nutre rancore e risentimento, poiché convinto di aver subito degli ingiusti torti sentimentali (tipicamente un ex-partner);
– il “bisognoso d’affetto”: colui che desidera trasformare un rapporto non sentimentale (per esempio un amico o un collega) in una relazione amorosa, convito di poter convincere l’altro attraverso pressioni e insistenza;
– il “corteggiatore incompetente”: colui che, in genere per un tempo limitato, risulta opprimente e invadente perché non conosce le regole del corteggiamento sano;
– il “respinto”: essendo stato in precedenza rifiutato dalla vittima, vorrebbe vendicarsi per il rifiuto precedente e, allo stesso tempo, intrecciare una relazione con la vittima;
– il “predatore”: in questo caso l’obiettivo è prettamente sessuale. Lo stalker prova eccitazione nel perseguitare la vittima e nell’incuterle paura (per esempio voyeur e pedofili).
Pertanto, colui che mette in atto lo stalking sente un profondo legame e nutre intenso attaccamento verso la vittima, la quale però non ricambia tali sentimenti, anche se in passato può esserci stata una relazione sentimentale.
La relazione tra vittima e persecutore è caratterizzata dell’ossessione di quest’ultimo, che porta avanti un inseguimento ripetuto, indesiderato ed invasivo, tale da poter danneggiare la privacy e la salute psicofisica della vittima.
Il persecutore desidera e spera di intrattenere, o di poter riottenere, una relazione intima con l’oggetto della propria ossessione. Questa ossessione può divenire pericolosa e distruttiva, poiché lo stalker, in seguito ai ripetuti e non accettati rifiuti, può vivere elevati livelli di rabbia e di impulsività che non è capace di gestire. La difficoltà nel controllare le proprie emozioni e nell’inibire l’impulsività possono causare una mancanza di controllo comportamentale, che lo induce ad attuare intimidazioni e atti aggressivi verso la vittima.
Lo stalking è, dunque, un comportamento molesto o minaccioso che un individuo adotta in maniera ripetitiva (per esempio sms, lettere, pedinamenti, appostamenti, danneggiamenti delle proprietà della vittima, etc.), che può essere considerato tale se, e solo se, la vittima sperimenta una condizione di profonda angoscia. La paura rappresenta l’elemento fondamentale che permette di inquadrare lo stalking in termini legali, rendendolo perseguibile.
Le ripercussioni dello stalking sulla vittima
Dalle numerose ricerche svolte per valutare quali conseguenze si possano avere sulle vittime di stalking, emergono gravi ripercussioni a livello psicologico, lavorativo e relazionale.
Molte vittime sono costrette ad applicare dei notevoli cambiamenti nello stile di vita e nelle attività quotidiane, riducendo le attività sociali, trovandosi costrette anche a cambiare casa o lavoro.
Dal punto di vista psicologico ed emozionale, i sintomi più comunemente riportati dalle vittime di stalking sono paura, ansia, rabbia, sensi di colpa, vergogna, disturbi del sonno, reazioni depressive con sensazioni di impotenza, disperazione, paura e comparsa di idee suicidarie. Sul piano della salute fisica sono stati riscontrati disturbi dell’appetito, abuso di alcool, insonnia, nausea e aumento dell’uso di sigarette.
Tuttavia, non tutte le vittime di stalking reagiscono allo stesso modo. Infatti, i sintomi psicologici possono essere transitori e dipendono dalla capacità della vittima di adattarsi e far fronte ad un evento traumatico.
Lo stalking, pertanto, non si limita a minare solo la vita privata della vittima, ma causa notevoli disagi anche sulla saluta psichica. Un aiuto psicoterapeutico può sostenere la vittima, aiutandola a recuperare la propria libertà e la propria serenità, limitando gli effetti traumatici dello stalking. Infatti, un ambiente terapeutico empatico e non giudicante, permette alla vittima di sentirsi a suo agio, capita e sostenuta, in un contesto protetto che la possa aiutare a recuperare fiducia e speranza.
Dott.ssa Monia Crimaldi
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