Ricordate il cartone animato Calimero? Il pulcino piccolo e nero a cui capitava ogni sorta di imprevisto e si ritrovava sempre solo e sconsolato?
“Eh, che maniere! Qui tutti ce l’hanno con me perché io sono piccolo e nero… è un’ingiustizia però”
La sindrome di Calimero è la tendenza al vittimismo, a dare sempre la colpa agli altri o al destino avverso, trasformando così il mondo come un luogo cattivo ed ostile nel quale vivere.
Se non è mai colpa mia, automaticamente è sempre colpa degli altri: il nemico è sempre fuori… “è stato lui” è colpa sua” dice il bimbo alla maestra. Si tratta infatti di un comportamento infantile, frequente nei bambini nei quali non è ancora piena la consapevolezza e la capacità di riflettere sulle proprie azioni, il senso di responsabilità, il pensiero critico e l’introspezione.
Ma cosa accade quando a comportarsi così è un adulto?
Colpevolizzando gli altri si evita di fare i conti con sé stessi, con i propri limiti e le proprie difficoltà. Si instaurano relazioni basate sul ricatto affettivo inducendo nell’altro il senso di colpa, dato che è sempre colpa sua.
Il vittimista attua inconsciamente una vera e propria strumentalizzazione della sofferenza stessa.
Si innesca così un deleterio circolo vizioso, un tunnel senza possibilità di uscita. Infatti, se il vittimista incontra persone che rifiutano la colpa che viene loro attribuita, esse saranno viste come un “nemico” da odiare ed a cui fare la guerra. Paradossalmente però, anche chi accettasse di addossarsi le colpe sarebbe guardato con diffidenza e sospetto poichè al vittimista manca la fiducia di base che gli impedisce di lasciarsi andare in una relazione.
Quali sono le origini del vittimismo?
Il vittimismo origina da un senso di inadeguatezza personale, bassa autostima che porta a proiettare sugli altri le proprie mancanze, a negare la responsabilità personale credendo che tutto sia dovuto, che sia dovere dell’altro capire, accondiscendere, risolvere. Fare i conti con sé stesso e con i fantasmi del passato equivarrebbe a collassare, a venire in contatto con una realtà al momento inaccettabile. In quest’ottica il vittimismo si configura quindi come una protezione da una realtà interna troppo traumatica da guardare, da accettare.
Qual è il rischio che corre il vittimista?
A dare sempre la colpa agli altri si rischia di non vedere le proprie responsabilità, di non vedere i propri naturali limiti e quindi si rischia una tra le pene peggiori: il non evolvere, non maturare, non crescere… in altre parole il restare fermo. Se è sempre colpa degli altri allora io non sbaglio mai! Se sbaglio e nego tale errore attribuendolo alla sfortuna o all’interferenza di qualcuno o qualcosa allora non ho possibilità di imparare da quell’errore o di rimediare.
Il tuo miglior insegnante è il tuo ultimo errore.
Finchè si continua a dare la colpa agli altri delle proprie sventure, proprio come faceva Calimero, la sofferenza è destinata a riproporsi ciclicamente.
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