Dopo l’articolo “LA SEDUTA SALTATA SI PAGA?” continuo a fare delucidazione su un altro interrogativo, ovvero: “La prima seduta dallo psicologo si paga o no?”
Non mi è capitato mai di sentire, dalle persone che mi hanno contattata per la prima volta, una domanda simile ma so che è molto comune nell’ambito psicologico.
Strano, dato che in tutte le altre professioni si dà per scontato di pagare.
Si paga il tempo, si paga il consulto, si paga il lavoro.
Per “conoscersi” ci si conosce al bar, tra amici. Diverso è presentarsi e raccontarsi ad un professionista che già nell’ascolto, nelle risposte e proposte di lavoro, ha una modalità di leggere e fare diversa dall’amico al bar.
Quale è quindi la regola?
Come ho scritto nell’articolo sopracitato, anche qui “non c’è regola“. Ogni professionista e ogni scuola di pensiero (o orientamento psicoterapeutico) ha la sua.
Quindi non c’è un “giusto” o uno “sbagliato” come non si può definire un professionista più serio o meno serio in base alla scelta che adotta a riguardo.
In questo articolo condivido con voi che leggete, pazienti o colleghi, il mio modo di agire.
Al primo contatto, che sia telefonico o via messaggio o e-mail (anche se preferisco il primo), definisco già il mio onorario e il paziente sa da subito quanto “costa” una seduta con me.
Quello che avviene in seduta invece può cambiare.
La prima seduta la faccio pagare solitamente quando:
- è la prima di un percorso definito e fissato con l’appuntamento successivo;
- ha già permesso alla persona di fare chiarezza dando degli spunti importanti;
- ha dato degli strumenti utili a quella persona.
Personalmente non faccio pagare la seduta, quando:
- invio la persona ad altri colleghi o percorsi, per esempio in mancanza di disponibilità o per preferenza di un altro orientamento psicoterapeutico. In questo caso, la seduta gratuita generalmente dura meno di 45 minuti
- è una seduta di consulenza previa decisione di intraprendere un percorso di psicoterapia (il mio orientamento è psicodinamico per cui non sono previsti i “5 magici incontri”, ma un percorso più lungo e più profondo).
Perché non faccio pagare la persona quando la invio ad un altro collega o ad un altro percorso? Per logica e buon senso.
Se gestisco un ristorante e un cliente entra chiedendomi un kebab, e io non faccio kebab, gli dico che da me il kebab non c’è ma che può trovarlo dall’altro lato della strada, qualche centinaia di metri più avanti. Fuor di metafora, se dal colloquio deduco che la persona abbia bisogno di un altro approccio, la invio ad altri colleghi, come quello sistemico familiare, se credo che si importante seguire la famiglia nella sua interezza.
Ritornando all’esempio, può essere invece che io faccia kebab ma che abbia finito la carne, ovvero che come psicologo avrei potuto seguire quella persona ma non ho la disponibilità oraria per quel paziente.
In entrambi i casi, non faccio pagare la seduta perché ho ascoltato la persona e l’ho messa in contatto con altri colleghi, facendo più da “mediatrice” che da consulente.
Un buon professionista deve poter essersi creato una buona rete di riferimento con altri colleghi per i possibili invii perché, come nel caso descritto, tornano utili e noi abbiamo una responsabilità verso di voi. Spesso siamo noi il primo psicologo a cui vi rivolgete e, se non possiamo tenervi con noi, inviarvi ad una persona che vi può accompagnare è un po’ come tenervi per mano e non abbandonarvi nella “transizione”.
© DR.SSA ILARIA CADORIN
Psicologa n°9570 Albo Psicologi del Veneto
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