Per millenni ed ancora oggi l’essere umano si interroga sulla sua natura e si chiede: “Siamo angeli o diavoli?”. Eminenti studiosi e filosofi si sono cimentati nel tentativo di dare risposte giungendo a conclusioni spesso opposte. Rousseau ad esempio parla di un’essenza umana pacifica, altruista e tesa all’armonia dei rapporti. Di parere diametralmente opposto è invece Hobbes il quale ha sottolineato la profonda tendenza dell’uomo a prevalere sui suoi pari. Allo stesso modo la pensavano Vico e Nietzsche.
Ovviamente la scienza che studia il comportamento umano in tutte le sue caratteristiche non può esimersi da un discorso del genere. La psicologia con le teorie sulla personalità, a partire da Freud ha sempre sottolineato la natura egoistica dell’uomo che guidato dalle sue pulsioni aggressive e sessuali si protende verso la gratificazione immediata. Successivamente le teorie di Maslow invece si focalizzarono sui bisogni dell’essere umano e come questi lo guidassero nell’interazione con gli altri esseri umani; fra questi ritroviamo quelli della conoscenza, della ricerca, della bellezza e dell’armonia sociale.
Ad oggi non è possibile determinare se l’essere umano è buono o cattivo. È certo importante però tenere in considerazione cosa pensa la gente rispetto alle due tesi sulla natura umana. Non è possibile dare una risposta unica rispetto alle motivazioni che ci spingono ad agire ed a relazionarci con gli altri: benevolenza, amicizia, altruismo, solidarietà. O più semplicemente siamo un miscuglio di più caratteristiche e passiamo alternativamente dall’espressione di una a quella di un’altra.
Le teorie sulla personalità oscillano tra caratterizzazioni egoistiche che contraddistinguono l’essere umano e quelle ottimistiche che ne pervadono la natura. Ma oggi le ricerche mirano a cogliere quale è la percezione delle persone rispetto alla natura degli altri; per cui è meglio fidarsi o pensar male? Indubbiamente le influenze sociodemografiche, alcuni parametri psicologici dei soggetti, le convinzioni e le esperienze di vita non possono non influire sull’idea di un’umanità buona o cattiva. Infatti le donne più degli uomini ripongono fiducia nella bontà degli esseri umani.
Ma come detto anche alcune caratteristiche di personalità influiscono sulla percezione di un’umanità buona o cattiva. Infatti la capacità di controllare gli impulsi, un’assenza di tensioni con calma ed equilibrio sono importanti nel determinare la fiducia ed una buona predisposizione nei confronti degli altri.
Quindi volendo fare un identikit di chi giudica positivamente la natura umana ci troviamo di fronte ad un soggetto con una personalità caratterizzata da “amicalità” e valori come la benevolenza; mentre coloro che hanno una visione negativa dell’umanità sono caratterizzati da valori più centrati sull’Io come il potere, il successo ecc. Inoltre più alto è il livello culturale il maggiore è la tendenza a considerare l’uomo buono e la convinzione che si possa avere fiducia in lui.
Ciò che invece incuriosisce è il ruolo che riveste l’età in queste considerazioni. Infatti la valutazione della bontà degli esseri umani aumenta con l’età, contrariamente a come si potrebbe pensare e cioè che nei giovani, in particolare nell’adolescenza o nella prima età adulta gli ideali la facciano da padrone ed influenzino il modo di vedere gli altri. Forse perché nel periodo adolescenziale la volontà di autoaffermazione e la costruzione della propria personalità favoriscono una maggiore competitività e rivalità interpersonale. Mentre una maturità legata ad un’età maggiore, l’appianarsi delle tensioni, il raggiungimento degli scopi nella vita possono favorire l’idea di una realtà più serena e conciliante.
Infine i soggetti che sono capaci di controllare le pulsioni e di acquisire una condizione di tranquillità, benessere interiore ecc., cioè quelli che riescono ad avere un buon rapporto con se stessi sono quelli che riescono ad avere maggiore fiducia negli altri ed affidarsi a loro.
Pertanto possiamo dire che la fiducia o la mancanza di fiducia nell’umanità in generale è determinata dalla visione che abbiamo di noi stessi. Una visione positiva ed equilibrata di chi siamo noi ci porta ad investire sugli altri le stesse caratteristiche.
Per approfondire:
F. Dogana “Siamo angeli o diavoli?” in Psicologia Contemporanea, Mag-Giu 2000, 159, Giunti, pp. 4-11
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta