L’identità: una dimensione della psiche che può spingere le persone anche a comportamenti estremi pur di affermarsi di fronte a se stesse ed al mondo.
Già durante l’infanzia ognuno di noi dedica parte della propria energia psichica alla costruzione di un’immagine sociale, un’identità personale che mostri agli altri chi siamo e li predisponga ad accettare chi diventeremo. L’essere umano vive con la preoccupazione di non riuscire ad esprimere agli altri, soprattutto a familiari, amici, società, chi è in modo convincente, ma allo stesso tempo ha la necessità di aderire alle proprie richieste intime; questa esigenza diventa una preoccupazione molto forte durante l’adolescenza.
L’espressione dell’identità avviene a più livelli: individuale, di gruppo, sociale, può essere stabile o subire modificazioni, può essere soggetta a crisi, svilupparsi in modo forte o debole. Il lavoro che ognuno fa sulla propria identità è molto complesso e ci permette di sviluppare un senso di noi che è in continua evoluzione. Tale processo inizia già nell’infanzia ed è strettamente correlato alle aspettative genitoriali che prima della nascita cercano di dare un senso, appunto un’identità, al nascituro: sarà maschio, femmina, di che colore avrà i capelli, gli occhi, e così via. Ma anche dopo la nascita i genitori osservano, e attribuiscono caratteristiche, intenzioni, attitudini.
I neonati non sono consapevoli di tutto ciò, solo col tempo impareranno le proprie caratteristiche e non si rappresenteranno come individui fino a quando, tra il primo ed il secondo anno impareranno a riconoscere la propria immagine allo specchio e ad usare il pronome “Io”. Man mano che il bambino cresce apprende anche altri tratti della sua identità come quella di genere, egli si interesserà ai modelli di mascolinità e femminilità con cui avrà a che fare e vorrà capire se è maschio o femmina e se somiglia di più a mamma o a papà.
Lo sviluppo dell’identità nel bambino avviene attraverso numerose interazioni con l’ambiente esterno, essa emerge nelle prime fasi della vita in una relazione di avvicinamento ed allontanamento dalle figure importanti (mamma e papà), aperture e chiusure, assimilazioni e differenziazioni. Molta importanza ha in questo periodo il ruolo dell’identificazione; infatti i bambini si identificano con genitori, fratelli, sorelle, amici, eroi, personaggi mitici, ecc. al fine di acquisire schemi e modelli di comportamento sia singoli che di gruppo attraverso i quali essi trovano le prime conferme alla propria identità.
Nel periodo infantile, data anche la poca autonomia del bambino (per ovvie ragioni) egli deve identificarsi col “Noi” della famiglia al fine di affrontare la crescita. Ma nell’adolescenza cambia tutto. Già il preadolescente, secondo Erik Erikson, comincia a sviluppare un’identità che lo porta ad allontanarsi via via dalla famiglia per focalizzarsi più sull’ “Io”. Per fare ciò l’adolescente deve affrontare una fase di “rottura” grazie alla quale passa dall’accettazione dei valori parentali in modo totale ad una situazione in cui rifiuta l’identità infantile, ma ancora non si impegna per le proprie scelte di vita. Man mano che va avanti nella crescita il giovane comincia ad esplorare varie identità guardandosi anche intorno, ma resta il poco impegno verso un’identità permanente. Quando però alla fine egli avrà sperimentato, fatte le sue valutazioni e sarà sicuro, raggiungerà un’identità definitiva che gli consentirà di operare scelte ed assumersi impegni e responsabilità per se stesso e nei confronti degli altri.
Gli adolescenti vedono intorno a sé e rispetto a se stessi continue modificazioni, risulta difficile per loro integrare le trasformazioni fisiche nel loro Io ed acquisire un’identità stabile che tenga conto anche della sessualità. Già perché anche la sessualità, o meglio l’identità sessuale hanno un forte peso e rappresentano un passaggio emotivo molto importante durante l’adolescenza. L’adolescente si sente spinto da una forza interna verso qualcosa che vada oltre la propria famiglia verso cui far evolvere la propria identità.
Il fine dei riti di passaggio era (o è per alcune culture) proprio quello di facilitare il passaggio da un’età in cui il bambino dipendente ed è soddisfatto ed appagato dalle fantasie di onnipotenza ad una in cui cede il passo all’individuo maturo capace di prendersi responsabilità e favorire l’evoluzione dell’umanità. Purtroppo non sempre ciò capita e quindi ci si trova di fronte ad adolescenti che non riescono a crescere e rimandano le scelte di vita, gli impegni, continuando a mantenere la dipendenza dai genitori senza assumere un’identità matura.
La fragilità dell’identità che caratterizza questo periodo spiega come mai alcuni personaggi famosi riscuotono tanto successo a quest’età. Essi rappresentano un’identità sostitutiva che aiuta molti adolescenti ad andare avanti. Così come la droga, o gli eccessi in generale, che permettono di sottrarsi agli impegni adulti ed entrare in un mondo che non è quello infantile pur non facendo scelte né assumendosi impegni, una sorta di limbo in cui cullarsi insomma. In questo frangente anche il gruppo, gli amici, gli stili, i linguaggi aiutano ad avere un’identità fittizia, di facciata che non avrà una lunga durata proprio perché poco aderente al proprio Io. Tutto ciò serve ed è necessario per superare il senso di colpa che deriva dalla rottura con i genitori.
L’identità é quindi qualcosa di multiforme, complesso e spesso contraddittorio che presenta molte e diverse sfaccettature, per cui risulta difficile averle sott’occhio tutte quante e nello stesso tempo. Le diverse identità che caratterizzano ognuno di noi sono strettamente correlate a ciò che ci circonda quindi si possono avere contemporaneamente più identità: individuale, familiare, di gruppo, sessuale, etnica, professionale, ecc. A volte queste identità possono contrastare tra loro rendendo difficile la vita dell’individuo arrivando ad essere controproducenti. Inoltre l’identità è strettamente legata alla propria sicurezza, allo stato d’animo, ai vissuti pregressi; tant’è che sentirsi accettati e ben inseriti nel gruppo porta ad affermare la propria identità, mentre vivere dei conflitti o non sentirsi accettati o pienamente inseriti nel gruppo porta a voler somigliare fortemente ai membri del gruppo stesso, fondersi con loro. È il caso di molti adolescenti che pur di far fronte a quel senso di inadeguatezza e di solitudine che caratterizza quest’età scendono a compromessi con se stessi al fine di uniformarsi (ed a volte lo fanno goffamente) al gruppo e di aderire alle sue richieste per essere accettati. Ciò purtroppo non capita solo durante l’adolescenza ma è un comportamento che sempre più spesso ritroviamo nelle persone (anagraficamente) adulte.
Le identità che ci caratterizzano, come detto, sono molteplici ed ognuna di loro ha una propria valenza ed una propria importanza, alcune hanno un forte valore e permarranno per tutta la vita, altre tenderanno a scomparire man mano che si cresce, è il caso della moda: aderire a certe mode e sviluppare un certo tipo di identità, comportamento e tendenza è momentaneo ed in molti casi scompare man mano che si cresce, almeno che non venga scelto come stile di vita.
Pertanto il gruppo risulta centrale in questo frangente poiché influenza e non poco l’identità del singolo. Ma è necessario fare una distinzione tra “identità” ed “identificazione”. Infatti l’identità rappresenta qualcosa che è strettamente legato alle nostre attitudini, emozioni, vissuti; qualcosa insomma che parte da dentro, sebbene influenzato dall’ambiente esterno; l’identificazione nasce da una necessità di appartenenza e di accettazione, spesso è imitativa, si diventa simili per alcuni aspetti a quella persona o quel gruppo da cui si vuole essere accettati, ci si appropria dei suoi valori, credenze, comportamenti, ma a ben vedere non si sta mettendo nulla di proprio in quella situazione. Questo che può essere considerato un confronto è utile, necessario in alcuni momenti perché ci permette di sperimentare attraverso l’altro ma deve rimanere un confronto per favorire la propria crescita psichica, tornando a noi stessi per salvaguardare la nostra continuità di soggetti.
Richiamando il concetto pirandelliano di “Uno, Nessuno e Centomila” possiamo dire che si è costantemente uno e molti nel tentativo di costruire qualcosa di stabile per tutta la vita, cosa non sempre facile. Infatti rimanere ancorati al passato (in cui spesso risiedono traumi, sensi di colpa, sensi di abbandono, limiti in generale) non favorisce una progressione verso la crescita e lo sviluppo dell’identità stabile e completa perché porta ad una “contraddizione” con l’immagine di noi che ci portiamo dentro. Al contrario per alcuni è fortemente necessario staccarsi dal passato per ciò che rappresenta, ciò che racchiude, affinché possano ristrutturare la propria identità per raggiungere nuovi e più soddisfacenti obiettivi di vita.
Esistono nella vita di ognuno di noi i momenti che agiscono su noi stessi portandoci a modificare il nostro punto di vista, la nostra identità provocando una vera e propria crisi; pensiamo ad un lutto, al matrimonio, alla nascita di un figlio, ad uno nuovo lavoro, alla perdita di un lavoro, ecc. Tutti avvenimenti che toccano o hanno toccato ognuno di noi ponendoci di fronte a vincoli, domande, scelte ai quali ci siamo dovuti adattare. Quindi è necessario (e su questo oggi concordano tutti) concepire l’identità come qualcosa di dinamico, in continuo mutamento, un processo che forse non si interrompe mai fino alla fine della vita e costantemente soggetto a modifiche.
A tal proposito è necessario tenere in considerazione che l’identità subisce molte trasformazioni alcune minime, altre macroscopiche. Nelle società arcaiche l’identità familiare era molto importante: provenire da una famiglia di contadini o di nobili significava afferire a quel tipo di società (in alcuni luoghi è ancora così). Poter essere collocati in alcune relazioni familiari (è fratello di… è cognato di… è figlio di…) permetteva di avere un’identità molto più forte della propria. L’identità di appartenenza nasceva con l’individuo e difficilmente si staccava da esso. Infatti termini tipici della società moderna come: “autorealizzazione”, “crisi di identità”, “stima di sé”, ecc. non esistevano: l’uomo nasceva e moriva aderendo a ciò che era scritto per lui. L’evoluzione della società, lo sviluppo di un essere umano più consapevole, la crescita e la autoriflessività dell’individuo e della propria individualità hanno portato alla nascita ed allo sviluppo di un senso di identità propria che ha permesso (o così dovrebbe essere) ad ognuno di potersi costruire la propria identità, di tormentarsi e frustrarsi se non si realizzano i propri obiettivi.
Oggi avere una propria identità, una propria caratterizzazione è importante per ognuno di noi, merito anche di una società che da un lato ci vuole tutti uguali e che ci porta, invece, in molti casi a voler affermare la nostra individualità. Non importa in quale ambito, è necessario che ognuno di noi rappresenti qualcosa negli hobby, negli spazi di espressione, nella trasgressione, nella moda; complici anche i moderni strumenti di diffusione delle proprie idee: si pensi ai vari youtubber o ai moderni influencer, ecc. Tutto è cambiato, tutto si è evoluto ed anche il concetto di identità si è dovuto modificare e continua a farlo ogni giorno per evitare di essere anacronistico. Alcune dinamiche moderne, la disoccupazione, la moda, la nascita di professioni nuove hanno portato inevitabilmente ad una maggiore elasticità dell’identità; più che costruire un’identità in modo stabile con i continui e necessari aggiustamenti oggi si punta ad un’identità continuamente modificabile, malleabile, mutuabile all’eccesso, qualcosa che resta sempre nel campo dell’indefinitezza. Ci troviamo quindi di fronte a giovani che possono anche non raggiungere un’identità matura, possono non prendersi mai quelle responsabilità che caratterizzano l’età adulta; famiglia, lavoro, matrimonio, figli, ecc.
L’identità dell’essere umano secondo gli studiosi dell’identità può essere considerata come “stratificata” poiché ognuno di noi fa capo a diversi contesti: gruppi, ruoli sociali, ecc. Pertanto è necessario sapere entrare e ritirarsi da ognuna delle sfere di appartenenza per stabilire realmente chi siamo.
In definitiva esistono in ogni essere umano identità che possono essere reali o potenziali ed a seconda delle situazioni possono produrre scelte strategiche, compromessi, transizioni, tensioni, conflitti. Proprio a causa di queste molteplici caratteristiche ogni uomo è costantemente alla ricerca di una propria identità, un Io più stabile che lo faccia sentire meno in difficoltà con se stesso ed in relazione con gli altri. In tutto ciò egli ha a che fare costantemente con conflitti d’identità e svalorizzazione.
Per approfondire:
Anna Oliverio Ferraris, “La costruzione dell’identità” in Psicologia Contemporanea, Gen-Feb 2000, n.157, pp.18-25
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta