Siamo immersi in una società ambivalente: da un lato essa spinge ad essere perennemente performanti ed efficaci quasi a livelli ipomaniacali, dall’altra si assiste invece ad una sorta di aspirazione al ritorno ad una dimensione più intimistica propria “del tempo che fu”.
Abbiamo quindi da una parte la ricerca del successo personale, il continuo bisogno di ottenere “like” che, funzionando come un doping per l’autostima, ci rimandino una immagine di noi come di persone popolari attraverso meccanismi impliciti di competizione con tutti gli altri. L’Arena dove noi tutti giochiamo, ovviamente, è ormai enorme, includendo potenzialmente tutta la parte del Mondo che vive immersa nell’immenso acquario che sono i Social Network; il tempo della “gara” è eterno: 24/7; le armi a disposizione sono i post, gli hashtag, i selfie, i Curriculum Vitae o i contatti professionali “giusti”.
Al riguardo, avete fatto caso a quanto negli ultimi tempi, sia su blog o siti di Psic* sia di altre figure professionali non necessariamente di formazione psicologica, ci sia tutto un fiorire di articoli sui Narcisisti? Chi sono i Narcisisti, come difendersi dal Narcisista, perché sei in relazione con un Narcisista…Narcisisti, narcisisti ovunque! Il tema narcisistico, se inteso come caratteristica personologica patologica e non nei termini di una sana dose di autocentratura utile per una buona realizzazione personale, rappresenta infatti lo Spirito del Tempo, così come il Disturbo Isterico era il “trend” nella sessuofoba Vienna ottocentesca e le Psicotiche possessioni demoniache insieme alla mortificazione dei sensi in termini di ascetismo erano il pane del Medioevo.
Dall’altra parte, sempre più forte, si avverte un po’ ovunque ormai il bisogno di riscoprire una esistenza più “a dimensione d’uomo” che passa attraverso la scoperta (o riscoperta) del cibo e di una alimentazione “pura”, di una attenzione particolare alla dimensione della genitorialità, di un perseguimento del benessere spirituale e fisico personale.
Come in un calderone questi due fattori finiscono però per interagire tra loro ed il risultato sono migliaia di persone che si sforzano di cercare e di tenere la migliore performance possibile anche in ambiti dove la performance di fatto non avrebbe ragione di esistere.
Ho quindi deciso di dedicare almeno due articoli al tema dei “Falsi Miti”, quelli che ci raccontiamo un po’ tutti finendo per crederci dando per scontato che essi siano veri o comunque veritieri. Il primo di oggi è dedicato a Voi mamme e papà presenti o futuri, che già da prima del concepimento stesso vi trasformate in esperti di Puericultura, Pediatria, Psicologia e Neuropsichiatria a suon di App, Siti Web e Video su Youtube.
In particolar modo, l’ambito della maternità e della genitorialità sembra essere particolarmente pieno di miti che fanno male e, forse, tra tutti quelli che ci facciamo come società è quello dove essi rischiano di creare, a lungo termine, il maggior numero di danni perché finiscono con il coinvolgere anche le generazioni future.
Da una parte c’è la narrativa, un po’ figlia della cultura della “Famiglia del Mulino Bianco” che abbiamo ereditato direttamente dalle nostre nonne e dalle nostre mamme, per cui la maternità sia per la donna un momento dorato, pieno di sola gioia e di serenità. Come ho già scritto in un altro articolo sulla Depressione Post Partum invece l’esperienza della maternità, come già Euripide ci anticipava quando ha scritto di Medea, è un caleidoscopio ricco di sfaccettature e di sfumature che variano dal nero profondo della stanchezza e della frustrazione che ogni mamma ed ogni papà hanno provato almeno una volta nell’esperienza della relazione con i propri figli, al bianco della serenità e della gioia nei momenti più arricchenti e spensierati. Negare gli uni e sostenere solo gli altri vuol dire condannare l’intera stirpe dei genitori a sentirsi inadeguati, sbagliati e falliti nel loro ruolo parentale, rendendoli quindi di fatto dei genitori molto peggiori di quelli che potrebbero essere se solo imparassero a legittimarsi i momenti bui ed, eventualmente, a trovare delle strategie di coping magari più efficaci di quelle in loro possesso.
Più di recente poi, sulla scia sicuramente di una maggiore attenzione alla dimensione della relazione e dell’attaccamento/accudimento, si assiste ad un nuovo mandato genitoriale ancora più subdolo del precedente per certi versi nel creare sensi di colpa e di incapacità personale.
Sto parlando del: “Sii un “bravo genitore” perché la salute mentale presente e futura dei tuoi figli dipende da te”. Come Specialista non posso che concordare per molti versi, ma mi preme sottolineare che ai bambini frega davvero poco o nulla, specialmente se molto piccoli, che mamma e papà diventino esperti di yoga per bambini, di decoupage, di cucina macrobiotica e di giochi simbolici da proporre dopo 12 ore a lavoro per stare bene con loro.
I bambini hanno solo e soltanto bisogno di sufficiente amore (grazie Winnicott!), di calore e contatto, di sintonizzazione affettiva e non di qualcuno che si impone di dover fare per sentirsi “bravo”.
Il loro cervello è attrezzato fisiologicamente per essere resiliente, per cui è perfettamente in grado di tollerare il fatto che ogni tanto anche il genitore più amorevole possa arrabbiarsi e fare la voce grossa, possa scappare una punizione o un rimprovero più duro “del dovuto”, possa sbagliare e commettere errori (e che poi magari sappia anche scusarsi e sappia come parlarne insieme perché anche questo fa crescere entrambi!).
Esserci davvero è l’essenziale, e questo non si sposa necessariamente con il fare.
Non entro ora volontariamente nella spinosissima questione su Cosleeping, Allattamento prolungato e dintorni, ma ritengo che spesso molte donne che diventano mamme per la prima volta non siano messe in grado di ascoltare i loro personali bisogni e desideri al netto invece di tutto quello che è il vociare circostante e spesso contraddittorio di amiche, parenti, Pediatri, siti internet ed Autorevoli Voci varie. Per quella che è la mia esperienza personale da professionista una mamma che porta avanti sinceramente, perché ci crede, perché si ascolta e perché vuole davvero quella cosa per sé ed il suo bimbo è una mamma che in quella relazione è Vera e quindi efficace, fosse allattare mai o fino ai tre anni, fosse mettere da subito il pargolo nel lettino o tenerlo nel lettone (se entrambi i membri della coppia sono d’accordo) fino all’eternità.
Prossimo articolo con i Miti sulla Coppia, aspetto feedback e suggerimenti per una eventuale terza puntata!