PREMESSA.
Nella parte precedente di questo Articolo ho introdotto il controverso tema della dominazione di genere sessuale, alternata tra femmine e maschi. Trattandosi di un fenomeno macrosociale, quanto scrivo in questa sede (sia in questa parte conclusiva che in quella precedente) ha necessariamente un certo grado di generalizzazione. Sottolineo quindi che, con le argomentazioni psicosociali che qui presento, non è mia intenzione svalutare o sottovalutare ciò che più ci rende unici ed umani: quella sensibilità, squisitamente soggettiva, mediante la quale ognuno di noi filtra le esperienze che vive.
RIPARTIRE DALL’ANELLO APPROPRIATO DELLA CATENA.
Nella conclusione della prima parte di questo Articolo, ricorderete che avevo identificato il seguente circolo vizioso nel rapporto tra donne e uomini: prevaricazione di un sesso sull’altro; accumulo di rancore e sua trasmissione alle generazioni successive; vendetta fuori tempo del sesso i cui padri (o nonni, o bisnonni, eccetera) o le cui madri (o nonne, o bisnonne, eccetera) erano stati sottomessi; nuova prevaricazione a sessi invertiti rispetto a quella di partenza; eccetera. Avevo anche detto che il punto fondamentale per procedere nell’analisi di questo ciclo perverso, idealmente mirata (per quanto mi riguarda) a spezzarlo e sostituirlo con qualcosa di più etico e sano, era capire con chiarezza a che punto della catena siamo oggi. Ebbene, a tale riguardo io ritengo che:
- se prendiamo per valida la teoria di Bachofen (illustrata sempre nella prima parte di questo Articolo), agli albori della civiltà umana (Matriarcato amazzonico) le donne hanno esercitato un dominio, per lo più psicologico e a volte anche fisico, sugli uomini. Vi erano però anche forme di Matriarcato “soft”, che definirei come “demetriche” in quanto associate al culto della terra e della Natura. Le cultrici di queste seconde forme di Matriarcato erano ben più miti e pacifiche delle amazzoni, quindi possiamo ipotizzare che vi fossero anche forme paritetiche di rapporto tra donne e uomini;
- a partire dall’avvento del Patriarcato politeistico, e poi in misura ancor maggiore con il Monoteismo patriarcale, i rapporti di forza sono stati invertiti. Ne è conseguita una dominazione dei maschi sulle femmine, spesso brutale (penso alla figura del marito e padre padrone, addirittura istituzionalizzata nel Diritto Romano) ma per certi versi anche protettiva (come, ad esempio, nel sollevare le donne dal traumatico confronto con i campi di battaglia). Quello che qui è da sottolineare è che, soprattutto con giustificazioni spacciate per “religiose”, le donne sono state sottomesse fino a tempi recenti;
- già durante l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, e poi con l’avvento del Femminismo moderno nel XX secolo, questo ciclo di potere patriarcale è stato messo in discussione. Dopo lotte e manifestazioni, tra il 1902 (Australia) e il 1971 (Svizzera) le donne di tutte la Nazioni occidentali hanno ottenuto pieni diritti e la parità di status con gli uomini (*);
- a partire dagli anni ’70 sino ad oggi, nonostante la sempre più completa integrazione delle donne tanto nella società produttiva quanto nel Diritto, continuano periodicamente a levarsi cori di indignazione inferocita contro il “maschio-padrone”, o presunto tale. Le rivendicazioni continuano, quindi, anche in assenza di reale oppressione (**). Il lettore e la lettrice accorti avranno capito di cosa sto parlando: stiamo assistendo ad un nuovo gioco di potere, attivato dalle moderne amazzoni femministe (Neofemminismo), dove il vero scopo al di là quanto dichiarato è il dominio sull’altro sesso. Quindi ora sappiamo che, rispetto alla catena della dominazione tra i sessi, ci troviamo in una fase in cui le discendenti di coloro che erano state oppresse vendicano (inconsciamente: non dico che la cosa sia consapevole, ovviamente) le proprie madri. E, così facendo, rischiano di avviare un nuovo ciclo di ostilità tra i sessi.
LA VIOLENZA DEL PATRIARCATO (MASCHILISMO).
Era ed è (in quei casi in cui ancora oggi purtroppo si manifesta) carnale, animalesca, triviale nella sua brutalità; in quanto tale, è facilmente visibile e identificabile. Se pensiamo per esempio ad una donna maltrattata dal partner, ci viene in mente un volto tumefatto con lividi e altri segni di violenza. Proprio in quanto palese, questo tipo di violenza viene presa sul serio (infatti esistono Istituzioni per la tutela delle vittime femminili di violenza maschile, quali il “Telefono Rosa”) e suscita forte riprovazione sociale.
LA VIOLENZA DEL MATRIARCATO AMAZZONICO, O NEOFEMMINISMO.
E’ per lo più verbale e psicologica, ma a volte anche fisica, ed è difficilmente visibile e identificabile. Questo perché un uomo maltrattato da una donna (capa, compagna, o chiunque altro di significativo) difficilmente emergerà alla luce del sole, per le seguenti ragioni:
- mentre l’archetipo sociale della femmina abusata è quello di una Vittima da proteggere, quando un maschio subisce maltrattamenti viene spesso visto (o teme di essere visto) come un “perdente” incapace di difendersi e farsi valere. Se a questo aggiungiamo la vergogna tipicamente provata da ogni vittima di maltrattamenti (femmina o maschio), capiamo bene che per un uomo chiedere aiuto è estremamente difficile e problematico (e già lo è per le donne, che comunque socialmente sono molto più abituate a chiedere supporto quando ne hanno bisogno, non avendo uno stereotipo di genere sessuale che le inviti a mostrarsi sempre nel pieno controllo di sé e della propria vita);
- essendo la violenza che subisce (parlo in questo caso di quella psicologica) opaca (se ne possono cogliere segnali, come lo stress sul volto, ma non segni inequivocabili), essa difficilmente attiverà campanelli d’allarme nelle persone care che potrebbero convincerlo a rompere gli indugi e chiedere aiuto.
Ne consegue che i casi di violenza delle donne sugli uomini sono nascosti, sotterranei, insidiosi da far emergere … e non inesistenti come in molti credono ingenuamente! Peraltro l’anno scorso sono emersi anche palesemente, con l’episodio di quella signora che ha sfigurato l’ex fidanzato con l’acido (azione già eseguita più volte da uomini verso donne), e quest’anno con un altro increscioso episodio: quello di una donna che ha picchiato più volte il marito davanti ai figli, arrivando a spaccargli un vaso in testa. Di fronte ad eventi di tale portata, chiunque sia onesto deve ammettere che la retorica, tanto cara alle neofemministe (***), della donna come Vittima ad oltranza è anacronistica. L’equivoco delle neofemministe (che è il medesimo di coloro che ancora oggi sono maschilisti) è lo stesso che accomuna ogni prepotente: considerarsi autorealizzato in misura al grado di potere coercitivo che si esercita sull’altro. Alias: cercare non il potere su se stessi e sulla propria vita, ma quello diretto al controllo onnipotente dell’altro. Patriarcato e Matriarcato amazzonico (****) sono in ultima analisi del tutto simili: due fucine di fabbricazione dell’odio tra i sessi, che lavorano al servizio di Thanatos indipendentemente da chi sia nella posizione di fabbro e chi in quella di martire massacrato con le armi forgiate. Dobbiamo capire che la soluzione non può essere un’ennesima inversione di ruolo tra Carnefici e Vittime; il vero punto non è “chi domina chi”, bensì uscire dalla “logica” della competizione brutale per abbracciare quella dell’empatica cooperazione.
RELAZIONI E INTERIORITA’.
Le nostre relazioni e la nostra interiorità sono interdipendenti: se sono in pace con me stesso, sarò portato all’accoglienza dell’altro (anche altro sesso); accogliere l’altro/a mi apre al suo e al mio mondo affettivo, donandomi pienezza emozionale e quindi appagamento. Analogamente, se mi chiudo all’altro o competo con lui/lei per il potere ne faccio un nemico; ciò si traduce in uno stato psicofisiologico di tensione e stress, con rilascio di cortisolo associato a dinamiche di attacco o fuga. Il processo inverso è altrettanto valido: essere in lotta con se stessi, o in fuga da se stessi, preclude il pieno incontro con l’altro che viene vissuto come minaccia ad un equilibrio già di per sé precario.
ARCHETIPI: UNA BUSSOLA PER L’INTEGRITA’.
Un costrutto psicologico che ci è utile per uscire da questo pantano e dare un decisivo strattone alla catena dei soprusi reciproci tra i sessi è quello di Archetipo, per come elaborato e sviluppato da Carl Gustav Jung. In sostanza, un Archetipo è un prototipo: un modello di base, uno stampo. (Dizionario Sabatini Coletti). In Filosofia, con Platone potremmo dire che gli Archetipi sono le Idee dell’Iperuranio (o Mondo delle Idee) mentre i corpi del mondo fisico ne sono la manifestazione. Rispetto alla coscienza umana, Jung identificò diversi Archetipi di importanza cruciale. Quelli che qui più ci interessano sono:
- l’Animus, ovvero quell’istanza psichica che possiamo associare all’energia Yang teorizzata nel Taoismo cinese: si tratta di una forza proattiva, maschile e penetrante, che nella coscienza soggettiva è riconducibile all’introiezione delle figure maschili più ammirate (per gli uomini) o attraenti (per le donne);
- l’Anima, ovvero quell’istanza psichica da associare all’energia Yin del Taoismo: una forza ricettiva, femminile e avvolgente, psichicamente riconducibile alle figure femminili introiettate (per le donne soprattutto) e idealizzate (per gli uomini soprattutto).
Nella psiche delle donne è più incisivo l’Animus che l’Anima, mentre per gli uomini vale il contrario. (Il che è coerente con i principali vissuti relativi al “Complesso edipico” identificato da Sigmund Freud). (*****) Ciò non di meno, ognuno di noi può accedere ad entrambi questi Archetipi, in virtù del fatto che siamo nati come frutto dell’unione tra due genitori di sesso diverso e da essi siamo stati allevati. E ove anche uno dei nostri genitori o entrambi ci fossero venuti a mancare precocemente, comunque sin da piccoli abbiamo avuto relazioni con persone di ambo i sessi. (Le più importanti delle quali, assunte come genitori sostitutivi di quelli mancanti). Ora che sappiamo di poter avere accesso tanto all’Anima quanto all’Animus, chiediamoci: presumibilmente, cosa accadrà quando disprezziamo l’altro sesso o vogliamo dominarlo? Al livello relazionale e sociale, l’abbiamo già visto: si avvia una catena di interminabili violenze e sopraffazioni reciproche. E al livello interiore? Su questo piano, quello che accade è che assassiniamo una parte di noi stessi compromettendo di conseguenza la nostra integrità (psichica ed etica). Precisamente:
- una donna che disprezzi gli uomini sta recidendo il contatto con l’Anima, sopprimendo la propria femminilità per competere ferocemente con essi. Questo comporta che, nel dare voce all’Animus, essa ne distorcerà ed estremizzerà le caratteristiche agendole in modo distruttivo (vedi: Neofemminismo amazzonico);
- un uomo che disprezzi le donne entra in guerra con l’Anima, con la conseguenza di non riuscire a viversi in modo armonico la propria parte femminile. Questo carente contatto con le energie e con gli archetipi del Femminino cosmico può produrre: o una percezione della mascolinità come qualcosa di pericoloso e distruttivo, con conseguente fuga fobica dal contatto con l’Animus e problematiche quali insicurezza sociale ed inibizione sessuale, oppure una totalitaria identificazione con una mascolinità violenta e lacerante (vedi: Maschilismo).
Dunque la lezione da trarre è questa: ogni volta che disprezziamo o aggrediamo l’altro sesso, oltre a nuocere al prossimo stiamo anche facendo del male a noi stessi. Nello specifico, ci stiamo dis-integrando alienandoci da una parte di noi stessi, riconducibile ad energie di tipo archetipico. Possiamo scegliere di usare questa presa di coscienza per impegnarci attivamente nel contattare tanto l’Animus quanto l’Anima, con l’intento di pacificarci con essi. Questo, a sua volta, ci aiuterà a divenire più amorevoli ed accoglienti verso l’altro sesso. Troppo a lungo siamo rimasti avvolti nelle catene dell’ignoranza (di noi stessi) e della violenza (tra i sessi). E’ decisamente tempo di tornare ad essere consapevoli e liberi.
NOTE:
(*): fonte: Enciclopedia Treccani.
(**): l’oppressione percepita ancora oggi dalle neofemministe è, a mio avviso, molto più una proiezione del loro introietto della figura maschile (vissuta come opprimente e odiosa) che non un dato con riscontri sociali effettivi. In altri termini, è una manifestazione del pessimo rapporto di queste donne con il padre o con chi ne ha fatto le veci. Analizzando infatti la situazione sociale della donna moderna occidentale, non riscontro alcuna sistematica discriminazione di tipo maschilista. Al contrario, nel Mondo del Lavoro, relativamente al periodo degli ultimi 10 anni, ho visto numerosi annunci (per: cameriera, commessa, segretaria, barista, eccetera) rivolti esclusivamente al femminile (nonostante la Legge sulle “pari opportunità”) e solo in un paio di occasioni (per lavori pesanti, di fatica fisica) annunci rivolti esplicitamente a maschi. In base alla mia esperienza, personale e professionale, direi che se per i ruoli manageriali è ancora in parte presente una tendenza maschilista per quelli di contatto con il pubblico vengono scelte quasi esclusivamente donne. Onestà intellettuale vuole che o si parli in ambo i casi di scelte legittime, oppure di discriminazione bipartisan. Quanto ai diritti civili, le donne hanno già da tempo ottenuto la piena parificazione con gli uomini.
(***): per legittimarsi come Carnefici dei crudeli aguzzini maschili e per ottenere tutti quei vantaggi secondari cui ho fatto riferimento nell’Articolo: “Il conflitto orizzontale (parte 1/3): omosessuali vs eterosessuali“.
(****): diverso è il discorso per il Matriarcato “demetrico”, che offre invece validi spunti di tipo etico ed ecologista.
(*****): secondo il freudiano “Complesso edipico“, i maschi tra i 3 e i 5-6 anni si innamorerebbero della loro stessa madre idealizzata sino a volerla tutta per sé anche a discapito dei loro padri. Nello stesso periodo, le femmine proverebbero forte attrazione per il loro padre entrando in rivalità con la madre. Jung definì la versione femminile del “Complesso edipico” come “Complesso di Elettra” (riferendosi alla figura mitologica di Elettra, figlia di Agamennone e Clitemnestra, che fece uccidere la madre per vendicare il padre da lei assassinato).
Dottor Andrea Passeri
Psicologo, Formatore professionista e Psicoterapeuta.