Autore: Prof. Giuseppe Davenia
Psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo. Dal 2002 mi occupa di dipendenze tecnologiche, hikikomori e Cyberbullismo ed è Direttore Responsabile dell’Area Nuove Dipendenze del Centro Salus. Oltre alle numerose pubblicazioni scientifiche su riviste di settore accreditate sulle tematiche delle dipendenze, sono autore di “Voglio il Cellulare” (Mondadori, 2020), “Mio figlio non riesce a stare senza cellulare” (GiuntiEdu, 2019), “Le dipendenze Tecnologiche. Valutazione, diagnosi e cura” (Giunti, 2018), “Internet e le sue dipendenze. Dal coinvolgimento alla psicopatologia” (Franco Angeli) e coautore del romanzo clinico che racchiude quattro racconti sul tema delle internet dipendenze intitolato “Net Addiction. Prigionieri della rete” (Delos Digital). Attualmente sono Docente a di Psicologia del lavoro e delle Organizzazioni presso l’Università Politecnica delle marche e Psicologia delle Dipendenze Tecnologiche presso l’università Ecampus, già docente di diversi insegnamenti presso l’università degli Studi di Chieti e Urbino (Psicologica dell’Età Evolutiva, Psicologia della Salute e Nuove Dipendenze, Psicologia Dinamica, Teorie e tecniche del colloquio psicologico, psicologia clinica). Partecipo a Congressi in ambito nazionale e internazionale, scrivo e collabora con diverse testate giornaliste, radio e Tv.
Presupposto essenziale: la rabbia è una emozioni fondamentale alla vita.
Permette di adattarsi, porsi in allerta e sopravvivere all’ambiente preparando il corpo all’azione!
“La crescita stessa è di per sé un atto aggressivo ma indispensabile” (Winnicot)
Però questa emozione può però diventare anche disfunzionale, in alcuni casi anche patologica determinando forte sofferenza per se e per gli altri…
Immaginiamo allora cosa possa provare un bambino quando sente un’emozione simile, così forte e potente. Cerchiamo di tenere sempre in mente che i bambini non sono ancora in grado di autoregolare in maniera completa le proprie emozioni ed è proprio per questo che a volte li vediamo esplodere in importanti crisi di rabbia.
Noi siamo fondamentali nell’aiutarlo a gestire e acquisire la capacità di gestire la rabbia che diventerà fondamentale con il passare degli anni per poi gestire ad esempio la frustrazione in maniera sana.
Ma voi mi direte come si fa a gestire la rabbia dei nostri figli?
Intanto occorre iniziare da noi.
I bambini sono come delle spugne che osservano i nostri atteggiamenti e percepisco le nostre emozioni. Quindi più noi siamo bravi a mantenere un atteggiamento calmo ma soprattutto coerente più riusciremo nel nostro intento.
Non si dovrebbe urlare, minacciare o intimidire e naturalmente in alcun modo “usare le mani”. Vedendo il nostro modo di comportarci infatti acquisiranno la LORO capacità di autoregolarsi.
Banalmente se nostro figlio ci vede urlare quando siamo arrabbiati con buona probabilità farà lo stesso anche lui.
Bisogna imparare a riconoscere la rabbia e non a reprimerla. Anche i bambini la provano e devono sentirsi liberi di esprimerla e riconoscerla.
Non è mai un errore provare un emozione, i nostri figli ne devono essere consapevoli: essere arrabbiati non è sbagliato.
Non bisogna mai porre limiti alle emozioni ma LIMITARE LE AZIONI.
Ma essere disponibili ed empatici NON VUOL DIRE ACCETTARE TUTTO!
Dobbiamo avere la forza per far passare il concetto che ci sono dei limiti alle AZIONI.
Va bene arrabbiarsi con papà, ma non va bene ad esempio lanciare qualcosa!
E quando la rabbia è esplosiva ricordiamoci il contatto fisico, contenimento che non vuol dire punirlo ma allontanare fisicamente il bambino dalla situazione in modo da evitare che il bambino possa farsi male o far male a qualcun’altro. Accompagnando questo comportamento a una frase: “Capisco che sei arrabbiato, ma questo non si fa. Ora prenditi il tempo per calmarti e io sarò ad aspettarti per trovare la soluzione migliore per affrontare il problema che ti ha stimolato la rabbia”.
Parliamone insieme, ascoltiamo, è fondamentale per il benessere psicologico del bambino.