La relazione tra genitori e figli, come più volte ribadito, è una relazione complessa e pertanto difficile da gestire. Tanto più quando abbiamo a che fare col rapporto padre/figlio, magari appena maggiorenne. Il limite comunicativo che spesso si verifica tra padre e figlio nasce da un atteggiamento di quest’ultimo spigoloso, rigido, chiuso, un atteggiamento reale o percepito che sia e che può portare ad un divario tra i due.
Un genitore vorrebbe sempre il meglio per il figlio e, per raggiungere il meglio, il ragazzo deve esprimere le sue capacità nel rendimento scolastico. La mediocrità non è accettata da un genitore che sebbene veda le potenzialità del figlio e cerchi di spronarlo spesso non si accorge che la sua metodologia è sbagliata, forse perché invece di soffermarsi su ciò che vorrebbe il giovane, dà spazio solo alle aspettative personali. Il risultato di tutto ciò sono continui scontri con la famiglia fatti di violenza verbale ed accuse di incomprensione.Visti da fuori, certi ragazzi appaiono spigliati ed in gamba. Li si immagina sereni e spensierati anche se poi in famiglia è molto difficile interagire o addirittura vivere con loro perché è lì che mostrano il loro reale modo di essere, portando fuori un carattere talvolta aggressivo che spesso genera conflitti anche forti che ne rendono difficile la convivenza in un’ottica di collaborazione e confronto.
La tendenza che nasce e deve far riflettere è quella di sottrarsi alle prestazioni “più faticose” adottando la tecnica del massimo risultato col minimo sforzo invece di affrontarle con determinazione. Ma cosa può fare un papà per aiutare un figlio affiancandolo nella crescita e nella maturazione? È necessario innanzitutto favorire la separazione psicologica ma anche fisica. Ciò vuol dire fargli fare esperienze fuori casa e riconoscere la diversità tra lui ed il figlio, soprattutto nelle idee, nei modi di fare e di affrontare il mondo accettandone il conflitto che ne deriva.Lo scontro fa parte della diversità dei due mondi ed è necessario quando un figlio supera certi limiti, soprattutto nel rispetto degli altri, per giunta di altri membri della famiglia e soprattutto quando nella stessa famiglia è stato sempre favorito un clima affettivo caldo ed unito; ed è proprio in questo caso che la separazione per i ragazzi diventa più difficile da gestire
I ragazzi in questo periodo della vita sentono forte la necessità di autonomia che contrasta con la paura di non farcela, ciò porta ad un incremento delle manifestazioni aggressive in famiglia che di solito non ha riscontro nel suo comportamento fuori casa. Come se essi si volessero “sperimentarsi” in un “ambiente protetto” che conoscono e che sanno non gli sarà nocivo come potrebbe esserlo l’esterno. Allo stesso tempo essi vorrebbero scrollarsi di dosso l’attaccamento infantile ai genitori profondamente amati. Riservando il loro peggio alla famiglia, separandosi e prendendo le distanze da essa. Distanze anche e soprattutto affettive, riducendo appunto quelle manifestazioni d’affetto e sostituendole con manifestazioni aggressive.
Ecco che da parte dei genitori si deve favorire un confronto mantenendo aperta la conversazione, lo scambio di le idee, la complicità ma lasciando a loro la possibilità di chiedere se hanno bisogno di aiuto e manifestare affetto se se la sentono.
Un genitore vorrebbe sempre il meglio per il figlio e, per raggiungere il meglio, il ragazzo deve esprimere le sue capacità nel rendimento scolastico. La mediocrità non è accettata da un genitore che sebbene veda le potenzialità del figlio e cerchi di spronarlo spesso non si accorge che la sua metodologia è sbagliata, forse perché invece di soffermarsi su ciò che vorrebbe il giovane, dà spazio solo alle aspettative personali. Il risultato di tutto ciò sono continui scontri con la famiglia fatti di violenza verbale ed accuse di incomprensione.Visti da fuori, certi ragazzi appaiono spigliati ed in gamba. Li si immagina sereni e spensierati anche se poi in famiglia è molto difficile interagire o addirittura vivere con loro perché è lì che mostrano il loro reale modo di essere, portando fuori un carattere talvolta aggressivo che spesso genera conflitti anche forti che ne rendono difficile la convivenza in un’ottica di collaborazione e confronto.
La tendenza che nasce e deve far riflettere è quella di sottrarsi alle prestazioni “più faticose” adottando la tecnica del massimo risultato col minimo sforzo invece di affrontarle con determinazione. Ma cosa può fare un papà per aiutare un figlio affiancandolo nella crescita e nella maturazione? È necessario innanzitutto favorire la separazione psicologica ma anche fisica. Ciò vuol dire fargli fare esperienze fuori casa e riconoscere la diversità tra lui ed il figlio, soprattutto nelle idee, nei modi di fare e di affrontare il mondo accettandone il conflitto che ne deriva.Lo scontro fa parte della diversità dei due mondi ed è necessario quando un figlio supera certi limiti, soprattutto nel rispetto degli altri, per giunta di altri membri della famiglia e soprattutto quando nella stessa famiglia è stato sempre favorito un clima affettivo caldo ed unito; ed è proprio in questo caso che la separazione per i ragazzi diventa più difficile da gestire
I ragazzi in questo periodo della vita sentono forte la necessità di autonomia che contrasta con la paura di non farcela, ciò porta ad un incremento delle manifestazioni aggressive in famiglia che di solito non ha riscontro nel suo comportamento fuori casa. Come se essi si volessero “sperimentarsi” in un “ambiente protetto” che conoscono e che sanno non gli sarà nocivo come potrebbe esserlo l’esterno. Allo stesso tempo essi vorrebbero scrollarsi di dosso l’attaccamento infantile ai genitori profondamente amati. Riservando il loro peggio alla famiglia, separandosi e prendendo le distanze da essa. Distanze anche e soprattutto affettive, riducendo appunto quelle manifestazioni d’affetto e sostituendole con manifestazioni aggressive.
Ecco che da parte dei genitori si deve favorire un confronto mantenendo aperta la conversazione, lo scambio di le idee, la complicità ma lasciando a loro la possibilità di chiedere se hanno bisogno di aiuto e manifestare affetto se se la sentono.
Se un ragazzo, ormai maggiorenne, studia o meno non è più un problema dei genitori, salvo il caso di debiti o bocciature. Ai genitori il compito di mettere confini chiari e condivisi facendoli rispettare con fermezza ed amore. Col tempo i figli ne saranno grati.
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta
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