Giovanna e Fabrizio. Lei un brillante medico legale e lui un affascinante avvocato rampante. Lei 32enne con la passione per il teatro, la musica e la cucina etnica. Lui 33enne amante dello sport, appassionato di elettronica e famelico consumatore di serie tv poliziesche. Si incontrano per caso, si conoscono per curiosità e si amano con passione. Tutto sembra procedere per il meglio finché..
A mettere i bastoni tra le ruote ai nostri due eroi non sarà il cattivo di turno né la strega delle fiabe, quanto loro stessi. Entrambi giovani adulti sulla rampa di lancio, entrambi desiderosi di affermare il proprio Io con forza, entrano in competizione non appena si apre una discussione sulla sfera lavorativa. E’ là che il partner, da amante appassionato, diventa acerrimo nemico. La promozione dell’una viene vissuta con difficoltà se non con disprezzo dall’altro, che vede nei successi del partner una minaccia per il proprio Sé, poiché sta a significare perdita di valore o di eguaglianza rispetto all’altro, che sembra superarlo ed assumere una posizione “top” rispetto a sé, e quindi di superiorità e di comando. E così iniziano gli attacchi più o meno velati, le frecciatine indirette e le svalutazioni continue. E questo gioco, piuttosto che esser fermato all’avvio dall’altro viene anzi alimentato. Sentendosi svilito, non riconosciuto nel proprio valore, il partner cercherà di recuperare la posizione di partenza che sente di aver perso, e ribatterà alle critiche dell’altro con affermazioni del proprio valore ancora più accentuate, che avran l’effetto di scatenare ancor di più la gelosia dell’altro, in un’escalation continua.
Questo è più o meno ciò che accade quando la competizione è un elemento centrale nel rapporto di coppia.
I motivi per cui essa si accende e rimane una costante della relazione sono molti, e neppure così facilmente individuabili.
Entrare in relazione con l’altro in modo profondo e autentico non è affatto facile. Anzi. Significa porsi di fronte la persona scelta in tutta la propria fragilità. Nudi, senza pelle e protezioni che possano reggere l’urto di eventuali ferite. Mostrare le proprie debolezze senza paura di attacchi. Ma questo spaventa. E, per paura, ci si difende. E così il partner, proprio la persona amata, diventa il primo nemico da cui difendersi. Perché proprio più vicino ai punti di sutura. E quale miglior difesa se non l’attacco?
Svalutazione e sarcasmo acido prendono il posto di parole e frasi d’amore. E proprio ciò che ci piaceva di più del nostro lui o della nostra lei iniziano a darci fastidio. Per chi ha un’antica e profonda insicurezza le qualità dell’altro, il suo valore, possono essere vissute come minacciose. Lui/lei è migliore di me. E questo lo rende pericoloso per il mio Ego. Stargli/le accanto mi ricorda continuamente quanto piccolo io mi senta, mi rimanda continuamente i miei limiti, che prima io non accetto. E non posso sopportarlo. Ho bisogno di renderlo “innocuo”, meno pericoloso. E allora lo attacco, cerco di rendere lui/lei, così grande ai miei occhi, un po’ più piccolo. Un po’ più uguale a me. “Cattivo” e “incapace” come me. Oppure posso cercare di essere io il migliore. Il vincente. E ad ogni promozione, conquista dell’altro io rispondo rimarcando i miei di trionfi, anche se in altri ambiti. “Sì, tu sei bravo in questo però non sai fare tal cosa”. “Bravo, hai vinto la gara. Almeno in quello mi batti” e così via. Il partner non accetterà questo stato di cose, si sentirà non compreso, rifiutato. Ha bisogno che l’altro gli rimandi e gli confermi l’immagine che ha di sé, e se questa viene disconfermata e confutata la sofferenza psichica che ne nasce è enorme. E le reazioni a questo stato di cose possono essere varie. Potrebbe cercare di recuperare il terreno perduto, accentuando la manifestazione di quelle qualità che l’altro non sembra riconoscergli, o potrebbe partire anch’egli al contrattacco, inferendo colpi al Sé dell’amato/a , per ristabilire un perduto stato d’uguaglianza. Comportamenti, questi, che non fanno altro che esacerbare il conflitto e alimentare i reciproci ri-sentimenti e rancori. Tutto a discapito dell’amore e di quell’affetto che un tempo li univa. E tutto perfettamente in linea con l’immagine negativa che ognuno dei partner ha di sé.
E’ possibile una soluzione? O si è costretti a vivere e a subire un’escalation inevitabile fino al punto di rottura definitivo?
Disinnescare questa modalità relazione disfunzionale è possibile. A patto che ognuno delle due parti coinvolte decidano e siano motivate a cambiare. Non a modificarsi, attenzione. Ma cambiare atteggiamento l’uno rispetto all’altro. E anche rispetto a sé stessi. Tutti siamo fallibili. Ognuno ha dei suoi limiti e dei suoi pregi. Ed è fondamentale, affinché si possa vivere serenamente con sé ma anche con l’altro, che questi vengano riconosciuti ed accettati. Accolti in sé ma anche, e soprattutto, nell’altro. Non vivere i successi dell’uno come un de-merito proprio. Non disprezzare ciò che l’altro ha di diverso. Non averne paura, ma essere aperti al nuovo, all’inatteso che può arrivare. Non pretendere che l’altro capisca ma farsi capire. Aprirsi senza remore. Sforzarsi di comprendere e accettare. Magari l’altro ha delle qualità che possono compensare nostre mancanze e viceversa. E questo può aiutare entrambi. Essere una linfa vitale per tutti e due. Uno scambio reciproco, continuo. Accettare e accettarsi. Rispettare e rispettarsi. Un rapporto di coppia non è un gioco di dominio, ove è uno dei due a comandare, ma è sinergia, collaborazione e condivisione. E’ sentirsi alla pari pur nella diversità. E’ avere fiducia di poter essere se stessi, senza dover dimostrare (né a sé, né all’altro) nulla.
La competizione nella coppia a volte è stuzzicante, mantiene viva una tensione continua. Ma a lungo andare ne deteriora le fondamenta. Crea distanza. E se si vuole preservare un rapporto per noi importante meglio fermarsi in tempo. E iniziare a condividere.