Ai disturbi del comportamento alimentare (DCA) solitamente si associa un’adolescente, ma in realtà questi possono insorgere fin dall’infanzia quando l’ambiente familiare diventa intollerabile. Le abbuffate non nascono dalla fame di cibo, ma sono la costante ricerca di un amore che manca in uno spazio in cui ci si sente bloccati emotivamente.
Per parlarci di questo abbiamo intervistato Sabrina Frangiamore la cui vita è stata attraversata dal Binge Eating Disorder per molti anni fino a che non ha capito cosa le mancava davvero.
Da quanto tempo soffri di Binge Eating e hai ricevuto la diagnosi? Le persone intorno a te avevano notato qualcosa di diverso in te?
Ho preso consapevolezza del Binge Eating Disorder molti anni dopo il suo manifestarsi. Ho iniziato a soffrirne da bambina, a 6 anni. Sono cresciuta in una famiglia problematica e questo non mi ha aiutato ed è andato sempre peggiorando fino all’ all’età̀ di 26 anni quando ho deciso di andare via di casa, lasciare Roma e prendere la mia strada, ma non è bastato. Mi ci sono voluti ancora degli anni per ritrovare me stessa.
Sono sempre stata seguita da dietologi, nutrizionisti, endocrinologi . Non avevo mai nulla, niente che nel mio corpo non andasse: mi sono anche sottoposta a numerosi ricoveri in ospedale. Ero una bambina troppo obesa e il mio caso doveva essere studiato.
Io non capivo perché dovevo stare a dieta, perché i miei mangiavano qualsiasi cosa volessero e io no: se avessi sgarrato sarebbero stati guai. Così ho iniziato a rubare il cibo e mangiare di nascosto. Molto tempo dopo ho capito che quando venivo beccata era un modo per attirare l’attenzione su di me. A ogni controllo ingrassavo – anche 10 kg in un mese- è lì giungeva la mia soddisfazione: era il medico a sgridare i miei genitori!
C’è da dire che il clima famigliare non era affatto tranquillo: i miei si facevano la guerra ed erano molto concentrati su di loro, io mi sentivo in colpa perché mi ritenevo causa dei loro litigi.
Questo per quanto riguarda il periodo iniziale del mio disturbo, poi i miei hanno mollato la spugna e io ho provato più volte ad uscirne senza nessun risultato perché in fondo non volevo cambiare e l’ambiente intorno a me non mi aiutava.
C’è stato un giorno zero nel tuo percorso? Il giorno in cui hai capito che bisognava fermarsi, ragionare e studiare un percorso di ripartenza?
Gennaio 2012 fu il mio momento peggiore, Il periodo in cui la consapevolezza di avere un disturbo alimentare e il senso di colpa per tutto il male che mi ero fatta per quei lunghi venticinque anni mi tormentava.
Un giorno come tanti nel lontano 2012, una mia ex collega di lavoro, si rivolse a me con una frase: ‘Ma se non ti importa niente di te stessa cosa puoi fare tu per gli altri?’
Con quelle poche parole mi demolì. Mi sentii Colpita ed affondata, proprio come nel gioco della battaglia navale.
Circa due mesi dopo, piena di attacchi di panico, pianti inconsolabili e notti in bianco dovetti lasciare il lavoro.
Il medico di famiglia in pochi minuti di visita, senza lasciarmi parlare del problema che avevo, ma in realtà io in quel momnto e non riuscivo a parlarne perché mi uscivano solo pianti e singhiozzi. Dato ciò il medico mi prescrisse sbrigativamente un famoso ansiolitico e una visita al centro salute mentale.
Così quel giorno mi recai in farmacia, e fisssai il mio appuntamento. Da quel momento cambiò qualcosa dentro di me. Ho scelto di non prendere nessuna pillola, perché improvvisamente il senso di colpa si trasformò in forza di vivere e coraggio per andare avanti. Le parole della mia ex collega erano vere! Io non mi amavo! 💔 e che nessuna pillola avrebbe mai rimpiazzato questo amore.
Tempo dopo , quando telefonai per cancellare l’appuntamento al Centro di Salute Mentale (CSM) di zona che non era stato semplice da prenotare, la persona al telefono dopo aver spiegato perché volevo disdire mi disse: hai fatto la cosa giusta! 🙏
Da marzo 2012 La mia strada verso il cambiamento è stata percorsa passo dopo passo, giorno dopo giorno riscoprendo chi ero veramente, liberandomi dalle mie catene, sempre con lo sguardo in avanti verso la libertà! Ringrazio molto la mia ex collega per quelle parole, se non fosse stato per lei probabilmente avrei dovuto aspettare un’altra occasione per capire realmente il senso di tutta la mia storia.
Quale pensi sia stato il più grande insegnamento di questo percorso?
L’amore è una cosa bellissima in ogni sua espressione, L’amore per se stessi ne è una sfumatura meravigliosa!
Sono in pace con me stessa ormai da dieci anni ed è incredibile come le abbuffate siano sparite magicamente, da quando ho iniziato ad avere cura di me.
Pesavo 140kg e decisi di prendere una cyclette per dedicarmi allo sport e così giorno dopo giorno km dopo km sono arrivata a farne anche quaranta al giorno.
Mangiando normalmente e senza abbuffate, con la consapevolezza di essere presente e non perdendo più il controllo di me stessa verso il cibo, ho perso 60 kg che non ho mai più ripreso.
Ho affrontato un duro lavoro tra anima mente e corpo che si è rivelato una scoperta pazzesca! Ma se ce l’ho fatta io, che sono una persona comune, penso che può̀ farcela chiunque soprattutto se si chiede l’aiuto di un esperto che può alleggerire il peso che ci portiamo dietro. E non parlo di peso fisico, ma mi riferisco a quello delle nostre emozioni che pesano a volte, più di quello che realmente siamo.
Sui social gestisci una pagina dove condividi la tua vita di BingeEating, cosa ti piace e cosa no della narrazione dei disturbi alimentari sui social? Come mai hai scelto una ciambella come simbolo?
Sulla mia pagina social @unicamentetu_per condivido la mia vita da ex BingeEating, proponendo pensieri riguardo la mia esperienza, cercando di trasmettere speranza. Mi piace leggere le storie delle persone credendo che si può far rete con la condivisione e che parlarne, sia un aiuto per vincere il silenzio. Non mi piace leggere di pseudo guaritrici o guaritori molte volte senza nessun titolo medico che molto spesso sui social fanno business per vendere prodotti magici o corsi vari di cambiamento personale che possono rivelarsi pericolosi per chi ha un disturbo alimentare.
Ho scelto come simbolo una ciambella, e se guardi bene è anche morsicata, perché ero alla ricerca un logo di semplice interpretazione che arrivasse al punto.
Quella ciambella può essere morsa da chi la mangerà tutta senza neanche sentirne il sapore, come nel caso del Binge Eating, oppure morsa ed assaporata come nel caso della normalità.
Ecco, oggi nel mio caso riesco ad assaporare il cibo e gustarmelo sia riguardo gli odori, i sapori che nelle sensazioni.
Con il senno di poi, la Sabrina di una volta, quella che ha vissuto chiusa nella sua gabbia per anni non avrebbe mai immaginato il finale di questa storia. e soprattutto il fatto di esporsi così tanto per cercare di incoraggiare e motivare le persone condividendo la propria storia. O forse si ..lo sognava ogni volta che soffriva , sognava di liberarsi sentirsi viva di amare ogni piccola cosa che la vita ci mette davanti e di non dover più nascondersi dietro quel mostro creato da se stessa e di essere veramente felice!
Una tua frase è SEI TU LA TUA CURA, SEI TU LA FORZA, come pensi che questo motto ti abbia aiutato nell’affrontare tutto il tuo percorso?
Come ti spiegavo prima, secondo me il primo passo verso la cura viene da te, così come la forza per affrontare le situazioni anche quelle della vita di tutti i giorni.
Tutti abbiamo dentro di noi una forza straordinaria, solo che non ce ne rendiamo conto.
Il mio messaggio è quello di credere in se stessi e credere che abbiamo tutti delle risorse e delle potenzialità̀ delle quali probabilmente non siamo a conoscenza fino a quando ricercarle in noi stessi è l’unica opzione possibile.
E che chiedere aiuto è fondamentale, un primo passo coraggioso, verso la cura perché si può guarire e io ne sono testimone.
Se domani vincessi la lotteria e potresti spendere la vincita esclusivamente per finanziare un progetto che aiuti persone che soffrono di DCA, cosa faresti?
Che bella domanda! Ma sarebbe bellissimo avere un’opportunità del genere!
Sai quante volte ci ho pensato a questa cosa?
Mi piacerebbe creare un posto di cura che sia una zona sicura per chi soffre non facendolo sentire solo.
Vediamola così: pensa ad una grande famiglia di persone che collaborano e condividono le proprie emozioni senza essere giudicati, dove il singolo può sentirsi se stesso al di la dell’aspetto fisico e del disturbo alimentare. Un posto dove ognuno ha il suo valore, dove l’aiuto è reciproco. Io immagino un posto dove gli abbracci e il sorriso siano sempre a disposizione di tutti, dove insieme mano nella mano si affronta la quotidianità e si riprende a vivere impegnando le persone con delle attività che potrebbero coinvolgere anche la comunità locale.
Potrebbe essere una sorta di casa-famiglia, e mano che le persone seguono un percorso e raggiungono consapevolezza, beh
Pensa che bello sarebbe impegnarle tipo in una pizzeria o un locale magari dedicato all’esperienza del cibo sano dedicato ai colori, all’esperienza olfattiva e sensoriale.
Ci lavorerebbero persone che hanno avuto problemi con il cibo; e se quindi questo, da nemico lo potessimo trasformare in amico?
Potremmo anche aprire un negozio di ciambelle in stile “donkey donut” ..
Tutto questo percorso potrebbe anche coinvolgere le famiglie, se i pazienti lo vorranno.
Nella stessa struttura si potrebbero organizzare laboratori anche per le scuole, coinvolgendo le famiglie.
Sai è bello pensare per gli altri pensando a cosa mi avrebbe potuto aiutare negli anni che in cui ero sola, soprattutto nel periodo dell’adolescenza in cui credevo che la mia vita sarebbe stata sempre quella per sempre. Per questo credo nell’importanza di impegnare al meglio il proprio tempo.
Sarebbe un sogno poter realizzare una cosa del genere, mi darebbe modo di riscattarmi per tutto il dolore che ho provato per anni facendo del bene agli altri.
In realtà questo già lo faccio oggi, provando ad ispirare le persone, ma questo progetto sarebbe davvero: wow! Ho imparato che nella vita non si deve mai smettere di sognare! Magari si avvera…
Vi lasciamo con questa frase d’incoraggiamento di Sabrina che grazie alla sua storia ha potuto mostrarci che può esistere un modo di verso di “mordere la vita!”
Intervistata: Sabrina Frangiapane
Editor: Giulia Rocchi Psicologa