A cura di:
Dott.ssa Chiara Massobrio •Dott.ssa Zarina Zargar
Spesso, nel corso degli anni, ci siamo imbattuti in scetticismi e pareri contrastanti sugli effetti della psicoterapia.
Qualche vostro conoscente, vi sarà capitato di sentirlo, avrà affermato che non serve a nulla. Qualcun altro, invece, si sarà sentito rinato e lo avrete visto voi stessi rifiorire. Se non avete sperimentato un tale percorso di crescita e cambiamento in prima persona, forse, vi sarete chiesti quale delle due fazioni sia quella che ha maggiormente ragione.
Quando si tratta di modificazioni immateriali, percepibili soggettivamente e non direttamente misurabili, ahimè, la situazione si fa complicata. Non basta mettere insieme le diverse informazioni reperite, come i pezzi di un puzzle, per riuscire a ricostruire un quadro preciso della situazione.
Fortunatamente, con il progresso in campo medico, a sostegno della psicoterapia sono finalmente arrivate le nuove tecnologie di ambito sanitario ora in grado di rendere tangibile il cambiamento fino a non molto tempo fa invisibile.
Il cervello, si sa, è l’organo più complicato che ci sia in assoluto. È ciò che ci caratterizza e differenzia. È il privilegiato custode della nostra personalità. È di fatto l’organo che di più si differenzia e ci differenzia dai nostri simili antenati: le scimmie. Grazie all’evoluzione che il nostro cervello ha affrontato prodigiosamente nel corso di migliaia di anni siamo in grado di fare tutto quello che facciamo e anche di più, continuando a progredire. Fondamentale, per la nostra corsa verso l’umanità, è stato sicuramente lo sviluppo del linguaggio.
Per quanto gli animali siano in grado di comunicare tra loro e mandarsi segnali nei più disparati modi, noi siamo gli unici, in tutta la Terra, a saper esprimere concetti notevolmente complessi riuscendo a padroneggiare e gestire informazioni che ci arrivano da più livelli.
Per tornare alla psicoterapia, questa si aggancia sicuramente sia al cervello/mente che al linguaggio.
È proprio la parola, la comunicazione, che cura in psicoterapia.
Siamo organismi intelligenti, con quozienti intellettivi elevati, eppure talvolta ci capita di restare ingarbugliati tra le matasse della nostra psiche complicata. Trovarsi in impasse nella vita, infatti, non è questione di notevole o scarsa intelligenza: dipende da fattori fortuiti o meno come la predisposizione genetica, le esperienze infantili, gli eventuali traumi subiti, ecc. Nessuno di noi può dirsi esente da questo punto di vista, le difficoltà a volte possono lasciare spiazzati come un fulmine a ciel sereno.
Ebbene, in questi casi la psicoterapia può essere un porto sicuro in cui attraccare per riprendere fiato e fare rifornimento di tutto ciò che è necessario per ripartire.
L’ascolto attivo e mai giudicante di un buon terapeuta, lo scambio e l’interazione all’interno di una seduta tutta per sé possono dare un più che valido contributo alla risoluzione dei problemi principali che causano malessere alla persona.
A dirlo non sono più i soli ex pazienti soddisfatti ma è, appunto, la scienza.
Grazie alle tecniche di neuroimaging cerebrale è stato possibile vedere come la psicoterapia sia in grado di modificare la struttura cerebrale stessa e di attivare i circuiti neuronali più adattivi per riuscire a stare di nuovo bene nella propria vita.
Tra le psicoterapie più studiate a livello scientifico ci sono quelle di matrice cognitivo comportamentale che risultano essere più standardizzate e analizzabili (indicate spesso con l’acronimo CBT), che dall’America hanno richiamato una notevole quantità di studi in tutto il mondo atti a comprovarne l’efficacia. Anche psicoterapie di altro orientamento, comunque, come quelle psicodinamiche che mettono i vissuti attuali in relazione con gli eventi del passato sono state prese in esame accuratamente e validate. Ovviamente i risultati ottenuti risentono dell’influenza di molte variabili come la sintomatologia trattata, le esperienze di vita e il background culturale del paziente, l’adesività al trattamento, ecc. Nonostante ciò, comunque, la psicoterapia è emersa da questi studi come una più che valida alleata della salute mentale con risultati positivi in grado di mantenersi tali a lungo termine nel tempo.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale, ad esempio, sembrerebbe essere efficace soprattutto nel trattamento dei disturbi d’ansia e nelle fobie. Tra i tanti studi sull’argomento è possibile citare il lavoro di Paquette e dei suoi colleghi attraverso il quale viene rilevato che pazienti con aracnofobia (fobia dei ragni) dopo essere stati sottoposti a protocolli cognitivi comportamentali mostrano una riduzione significativa dell’attivazione della corteccia prefrontale dorsolaterale destra e del giro paraippocampale, molto attive prima del trattamento (Paquette et al. 2003). Questa modificazione, rilevata attraverso risonanza magnetica funzionale (fMRI), può indicare un miglioramento nella risposta ansiosa alla vista dello stimolo spaventante per il soggetto dalla quale possiamo inferire il probabile successo del trattamento.
Questo è solo un esempio e ce ne sono tantissimi altri. Tutto ciò avviene grazie alla proficua collaborazione tra paziente e terapeuta che crea un flusso continuo di informazioni e acquisizione di nuove competenze e modalità per affrontare piccole e grandi sfide del quotidiano. Meraviglioso, non è vero?
Anche in psichiatria, disciplina medica nella quale il trattamento elettivo è stato per tanto tempo esclusivamente farmacologico ci si trova ormai in una stabile integrazione tra intervento psicologico e farmacologico, un lavoro di squadra tra psicologo e psichiatra che è sempre di più routinario.
Questa interessante collaborazione si è sviluppata sulla base sempre più evidente del fatto che la psicoterapia risulta in grado di apportare cambiamenti epigenetici ai circuiti cerebrali migliorando sia l’attività che il processamento delle informazioni da parte dei neuroni, proprio come fanno anche i farmaci (Stahl S. M. 2012). Sembra proprio, infatti, che la psicoterapia riesca ad agire in modo significativo sul metabolismo di aree e circuiti cerebrali, in alcuni casi in maniera simile al trattamento farmacologico, in altri casi agendo su aree e circuiti specifici e differenti (Restrepo 2011).
Le Psicoterapie sono tutte uguali? In che modo “funzionano” in modo diverso?
Bisogna notare, ovviamente, che non tutte le psicoterapie sono ugualmente efficaci nel trattamento di tutte le categorie di disturbi e non tutte sono adatte agli stessi tipi di pazienti.
A seconda del problema, infatti, e del tipo di persona che abbiamo davanti saranno più efficaci certe strategie piuttosto che altre. Allo stesso modo ci saranno terapeuti che funzioneranno meglio all’interno di dinamiche che privilegiano alcuni canali a scapito di altri. È proprio come succede per tutti gli altri aspetti medici e non medici della vita: bisogna trovare il punto di incontro giusto, la chiave giusta che apre la serratura!
A volte è questo il punto centrale della questione circa l’efficacia della terapia: non tutti i terapeuti vanno bene per tutti i tipi di pazienti e viceversa. Bisogna trovare “quello giusto” e spesso non è facile.
Un altro aspetto fondamentale a cui spesso non si pensa è questo: l’ambiente in cui il paziente è immerso. Ricordiamoci che nella maggioranza dei casi la seduta è a cadenza settimanale e dura circa un’ora. Per la maggior parte del suo tempo, quindi, il paziente si trova “da solo” (o meglio senza il terapeuta) in un ambiente che può essere anche molto disfunzionale in taluni casi e da cui è difficile svincolarsi.
Viene da sé che nella misura in cui il paziente riesce a diffondere, espandere e trapiantare nel proprio ambiente quello che avviene e scopre durante la terapia il trattamento avrà una portata e un’efficacia molto diversa. Certamente, questo processo richiede tempo, pazienza e lavoro attivo sia per il paziente che per il terapeuta.
Non è mai facile modificare i propri stili di vita e di relazione sicuramente consolidati da diverso tempo: spesso l’ambiente, appunto, inteso anche come l’insieme delle persone in contatto stretto con il paziente, deve collaborare e non sempre è incline al cambiamento.
Come già accennato all’inizio, il tema è molto complicato ed è difficile trovare una spiegazione univoca circa l’effettiva efficacia di una specifica psicoterapia o di un trattamento psicologico su uno specifico gruppo di pazienti.
La psicoterapia, però, quando effettuata da terapeuti competenti in sintonia con pazienti collaboranti e vogliosi di dare una svolta alla propria vita – diremmo con una buona alleanza terapeutica – è sicuramente un valido strumento di aiuto nella cura del disagio mentale e la sua efficacia è dimostrata dalla scienza.
Al di là del riscontro scientifico, ad oggi presente, è giusto ascoltarsi e darsi uno spazio in cui esplorare ciò che in noi fa male, magari con l’aiuto dello psicologo o psicoterapeuta che più si sente essere in linea con il proprio io interiore.
È importante prima di tutto ciò che noi rendiamo tale e darsi modo di spaziare, condividere, vagliare percorsi nuovi e mai battuti è già di per sé terapeutico e fondamentale.
Se ti è piaciuto il nostro lavoro e vuoi richiedere informazioni o verificare personalmente se il percorso con uno psicologo può esserti d’aiuto, puoi, senza impegno, contattarci così:
•Dott.ssa Chiara Massobrio •Dott.ssa Zarina Zargar
✓email e cell: chiara.massobrio92@gmail.com – 3477460054
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Bibliografia:
1. Paquette V., Le ́vesque J., Mensour B., Leroux J., Beaudoin G., Bourgouin P., Beauregarda M. (2003),“Change the mind and you change the brain”: effects of cognitive-behavioral therapy on the neural correlates of spider phobia. NeuroImage 18, 401–409.
2. Stahl S. M. (2012), Psychotherapy as an epigenetic ‘drug’: psychiatric therapeutics target symptoms linked to malfunctioning brain circuits with psychotherapy as well as with drugs. Journal of Clinical Pharmacy and Therapeutics, 37, 249–253.
3. Restrepo L. (2011), How Psychotherapy Changes the Brain. Understanding the mechanisms. Psychiatric Times, vol 28, no 8.