Avrai senz’altro sentito più volte da svariate campane, come sia necessario uscire dalla comfort zone per poter conquistare una vita appagante e realizzata.
Io mi sono domandato quanto questo fosse vero. Perchè c’era qualcosa che non mi quadrava nella questione.
La mia ipotesi era l’esatto opposto: la vita inizia nella comfort zone, non viceversa.
Come mai tante persone falliscono nell’intento di uscire, spesso immobilizzate ai blocchi di partenza, pur mosse dalle migliori intenzioni?
E’ forse la prova che non sei dotato di sufficiente forza di volontà?
Tutto ciò ha molto poco di scientifico.
Infatti secondo Popper, una teoria per definirsi scientifica, dovrebbe essere falsificabile, ovvero dovrebbe essere possibile dimostrare che non riesce a spiegare determinati fenomeni, cioè smentita dai fatti e dalle prove dell’esperienza.Ma esistono molte teorie che invece non possono essere confutate. Popper stesso parla della Psicoanalisi come esempio.
Se il paziente guarisce la teoria risulta corretta. Se il paziente non guarisce allora significa che è resistente alla terapia. Il metodo psicoanalitico non viene messo in discussione. Non è il martello che non è capace di spingere il chiodo, è il chiodo che non vuole entrare nel muro. Ma forse era una vite e non un chiodo e allora ci voleva un giravite.
Se il paziente non guarisce non potrebbe significare che invece è la teoria che ha delle falle da rivedere?
Se non si può contemplare questa possibilità non ci può essere progresso scientifico e incremento effettivo della conoscenza.
Tornando alla teoria che indica di uscire dalla zona di comfort per evolvere, dato che la prova dei fatti dimostra che la maggior parte delle persone non riesce nell’intento, non sarà che forse è la teoria ad avere delle falle? Non sarà che il costrutto di forza di volontà non corrisponda al reale funzionamento umano?
Le teorie pseudo-scientifiche utilizzano spesso come prova della loro veridicità le eccezioni positive, cioè i casi numericamente e statisticamente non significativi che confermano la teoria.
Un pò come quando senti mitologie e storie del tipo:
“Mio nonno fumava 4 pacchetti di marbloro senza filtro al giorno e ha vissuto fino a 105 anni”
A ok, allora il fumo non danneggia la salute.Un altro esempio viene dall’esperienza scolastica che ci accomuna tutti. Se un alunno non va bene in una materia, non è mai il professore incapace di insegnare ma sempre l’alunno ad essere ciuccio e/o indisciplinato.
Questa modalità di punteggiare la sequenza degli eventi, sposta la responsabilità dalla parte di chi deve essere controllato e il potere a chi vuole avere il controllo e proteggere la sua posizione, ma non arricchisce per nulla, semmai impoverisce, la nostra capacità euristica.Il concetto di comfort zone nasce nell’ambito della scienza della performance, applicata al mondo aziendale e sportivo.
Ad un certo punto viene trasferito alla vita dei comuni mortali. Ciò ha contribuito a trasformare la vita in una performance. Tutto è performance. Anche mangiare è performance, infatti scatto le foto dei pasti per far vedere che sto vivendo bene, che so vivere bene. Se io mangio meglio di te sono migliore di te.
La vita è diventata una gara a chi performa meglio il vivere.
Ma c’è un altro problema.
La comfort zone viene etichettata come luogo dei mediocri, come luogo per i perdenti, per i pigri, per i fallati, per i parassiti sociali etc. Stigmatizzata.
Eppure, anche nella teoria classica che ha introdotto il concetto di comfort zone, evolvere significa elevare la propria zona di comfort a livelli di performance più alti. Faccio cose più difficili più facilmente. Sto comodo in situazioni più complesse.
L’obiettivo era comunque quello di capire come espandere la propria zona di comfort, non di vivere fuori da essa a prescindere perchè è fuori che ci si realizzerebbe. Enorme distorsione ulteriore.
Ma senza dover attingere e scomodare complesse teorie del funzionamento del cervello e utilizzando il buon senso, risorsa molto rara nella nostra epoca, ti chiedo:
Quand’è che sei produttivo (preferisco dire vitale) spontaneamente? Quando hai l’energia e l’entusiasmo di fare, quella voglia che parte da te senza doverti sforzare di risvegliarla? Quando dai il meglio di te?
Io credo quando ti senti a tuo agio.
Quando ci sentiamo a proprio agio in un ambiente, rispetto a noi stessi e agli altri, diamo il meglio di noi stessi.
E se non dai il meglio, se senti la pressione addosso come una carogna attaccata sulla schiena, significa che sei fuori dalla tua zona di comfort e devi rientrarci per attivare le tue risorse e poter così crescere.
La capacità di essere a proprio agio con chiunque e in qualunque situazione è, a mio avviso, l’abilità che permette ad un essere umano di tirare fuori il meglio di sé con piacere e senza la necessità di forzarsi. E stare bene con gli altri, funzionare meglio come coppia, come gruppo, come team, come società etc.
Il mondo è ostile, viviamo pressoché fuori dalla zona di comfort senza doverne uscire volontariamente, pochi facilitano la tua strada verso l’agio ed è per questo che è importante imparare a diventare il proprio alleato e a creare alleati e gruppi fecondi, invece di andare dietro al gatto e la volpe.
Nel mio libro LA VITA INIZIA NELLA COMFORT ZONE – realizza quello che vuoi nel modo più comodo e naturale per te, delineo la nuova mappa della comfort zone e descrivo le 6 gemme della comfort zone, per orientarti ad imparare a metterti tuo agio con chiunque e in qualsiasi situazione, ma soprattutto ad ascoltarti profondamente.
Quell’ascolto di noi stessi che stiamo perdendo sempre di più allontanandoci dalla nostra umanità.