Anche il bullismo, come la maggior parte dei comportamenti sociali, cambia, si adegua ai tempi e assume forme nuove.
È possibile che alcune azioni aggressive non vengano immediatamente percepite come “bullismo”, sia per chi le pratica che per chi le subisce.
Questa assenza di consapevolezza è a tutti gli effetti una forma di ignoranza che impedisce di comprendere il disvalore di tali prevaricazioni e di rappresentarsi il dolore che provano le vittime.
Per fortuna è in atto un cambiamento di sensibilità intorno a questo tema, e molte azioni violente che in passato venivano minimizzate oggi sono trattate con riguardo e attenzione.
In questo senso è fondamentale nominare, classificare e catalogare le diverse sfumature che la violenza può assumere, e in questo ci viene in aiuto la cultura anglosassone, da sempre meno omertosa e più sensibile a queste tematiche.
Oggi vi parliamo infatti di una forma di violenza chiamato “pigging”, “pull a pig”, letteralmente “acchiappa il maiale”. Detto in poche parole, il “gioco” è questo: un ragazzo generalmente considerato “popolare” finge interesse e attrazione nei confronti di una ragazza generalmente considerata poco attraente e non conforme ad alcuni standard estetici (il “pig”); quando la vittima inizia a cedere al corteggiamento, a fidarsi e a ricambiare le attenzioni ricevute, il bullo svela che l’interesse era finto, che si trattava solo di uno scherzo e che tutto era avvenuto soltanto per divertire e sollazzare gli amici.
Tutto questo può avvenire sui social, oppure nella “real life”.La crudeltà di questo fenomeno è data dalla violenza, dalla misoginia, dal sessismo implicito in queste azioni, aggravate se possibile dal fatto che a bullizzare la vittima è il gruppo, per mano di un “esecutore materiale”.
Questo “giochino” è abbastanza diffuso negli Stati Uniti, e sta prendendo piede anche da noi.
È davvero difficile immaginare il grado di umiliazione, di frustrazione e di senso di ingiustizia che deve provare una ragazza che dà fiducia ad una persona e cade vittima di questo inganno. La natura stessa di questa violenza (delle finte lusinghe, una finta seduzione) non può che danneggiare l’autostima di chi la subisce.È difficile immaginare come si senta una vittima di “pigging”, ma può essere utile provarci ugualmente.
Nel romanzo “Non fate arrabbiare Petra” (Ed. Paoline, uscito il 30 marzo) la protagonista subisce un episodio di “pigging” da parte del ragazzo di cui è innamorata. Per di più, lo subisce alla festa del suo compleanno. In questo libro, destinato agli adolescenti e ai genitori degli adolescenti, la protagonista trova la forza di reagire nello sport, nella fattispecie nel pugilato, che per lei rappresenta un modo per incanalare l’aggressività ed esprimere delle parti di sé altrimenti destinate a implodere.
È un esempio interessante di come si possa reagire al bullismo e trasformare la rabbia in qualcosa di buono.
E voi, conoscete qualcuno che ha subito questa violenza?