Comprendere i bambini è un libro sull’infanzia ricco di spunti interessanti. C’è un passaggio che mi ha molto colpito e che desidero condividere con voi qui su psiche.org.
A volte la fortuna ci butta tra le mani un libro che ti prende la testa, la apre, la riempie di cose bellissime e poi la richiude. Finito di leggerlo sei un po’ più colto, un po’ più pensieroso e hai una gran voglia di condividere quel libro con tutti quelli che conosci.
Il libro in questione si chiama Comprendere i bambini, di Silvana Montanaro.
Non vi dirò perché è bello – lo capirete leggendolo – vi racconto una cosa che ci ho trovato dentro che mi è piaciuta tantissimo.
Il pianto dei neonati non è solo una questione di pappa e cacca.
In un passato forse non ancora passato gli esperti della pedagogia consigliavano di non dare troppo peso al pianto dei neonati. I genitori dovevano assicurarsi che l’infante avesse mangiato, fosse pulito, non avesse i segni visibili di qualche malanno (come la pelle arrossata o la fronte che scotta) e nell’eventualità che non ci fosse un fratellino maggiore invidioso che si ribellava al nuovo arrivato con i dispetti.
Insomma, una volta chiarito che il piccolo sta bene e non ha bisogno di niente, pianga pure quanto vuole, meglio non badarlo. Il pericolo di accorrere ad ogni gné gné del bimbo è quello di viziarlo. O se vogliamo dirla in termini cognitivo comportamentali, rischiamo di rinforzare un comportamento che vorremmo rinforzare: cioé il pianto.
Devo ammettere che questa logica mi è sempre apparsa assolutamente ragionevole. Ammetto anche che i bambini non sono la mia materia quindi non mi sono mai posto il problema di verificare se fosse giusta o meno.
Poi, nel libro di Silvana Montanaro ho trovato questa spiegazione.
L’idea che i neonati potessero avere delle necessità psicologiche, che potessero desiderare il contatto per il solo piacere di stare insieme all’altro e che potessero annoiarsi a causa della deprivazione sensorial in cui sono tenuti era considerata del tutto irreale. Molti anni sono passati quando la Montessori ha detto: “È frequentissimo da noi il lamento dei genitori perché i bambini piangono e si chiedono come si può calmare e far tacere il pianto di un bimbo. Oggi la risposta degli psicologi è questa: i bambini piangono e sono agitati, hanno crisi di pianto e di malumore perché soffrono di inedia mentale, e hanno ragione. I bambini sono mentalmente denutriti, tenuti prigionieri in un campo limitato e pieno di ostacoli all’esercizio delle loro facoltà. L’unico rimedio è far uscire i bambini dalla loro solitudine e permettere loro di entrare nella società”.
È ancora difficile far accettare questa visione dei neonati come esseri umani molto intelligenti con una mente ben funzionante, ed è a causa di tale pregiudizio che non arriviamoa cambiare la qualità dell’affetto e delle cure che diamo loro. Dobbiamo essere consapevoli che il bambini è uno speciale progetto di vita che ha bisogno del nostro aiuto per svilupparsi in modo completo. La realizzazione delle sue immense potenzialità è strettamente legata alla qualità delle nostre cure.
Quindi la prossima volta che lo sentite piangere, dopo aver controllato il pannolino, se a mangiato, se sta bene e se il fratellino non lo tormenta, controllate anche se ha voglia di stare un po’ con voi, per sfruttare le potenzialità di quella testolina che sarebbe un peccato sprecasse tutto il suo tempo a fissare il vuoto di un soffitto.
Per visionare il libro da cui è tratto questo articolo clicca su link qui sotto
Comprende i bambini – Silvana Quattrocchi Montanaro