Sartre nelle sue teorie attribuiva alle emozioni umane carattere libero, immateriale ed esperienziale legandole strettamente ad aspetti esistenziali. Cartesio parlava degli uomini come “automi spirituali” gestiti da una macchina cerebrale di cui erano inconsapevoli.
Oggi gli studi di neuroscienze e le tecniche di neuroimaging ci portano a dire che le emozioni hanno sedi cerebrali ben precise, risiedono in strutture nervose, circuiti neuronali pronte ad entrare in funzione quando le situazioni, interpretate dalla nostra mente, lo richiedono.
Le espressioni facciali secondo Charles Darwin favoriscono il flusso e la rappresentazione delle emozioni in modo strettamente legato ai vantaggi adattativi che esse producono in un particolare contesto ambientale (non posso dimostrare felicità se tutti intorno a me sono tristi). Pertanto le emozioni, possiamo dire che fanno parte del nostro corredo genetico tanto che il nostro cervello attiva, grazie all’empatia ed ai neuroni specchio, reazioni comportamentali specifiche a seconda dell’emozione che rileva in chi abbiamo di fronte.
Alcuni aspetti delle emozioni hanno un carattere innato, mentre altre presentano basi nervose e circuiti neuronali specifici. Le strutture cerebrali più recenti in termini evolutivi come ad esempio la corteccia sono deputate alle attività cognitive e legate hai comportamenti, mentre le strutture sottocorticali più “antiche” come il sistema limbico sono impiegati nelle risposte istintive connotate da una coloritura emotiva. Quindi già a partire dagli esperimenti attuati intorno agli anni ‘30 forte è l’idea che le emozioni siano determinate in gran parte dalle loro radici biologiche ed in un certo qual modo automatiche. Infatti attraverso stimolazioni elettriche dell’ipotalamo si verificavano reazioni di rabbia. Ciò non fa altro che avvalorare la tesi cartesiana che uomini e animali sono macchine, gestite dalle emozioni che a loro volta possono essere scatenate attraverso la stimolazione di nuclei e strutture nervose come ipotalamo e sistema limbico; e negli ultimi anni la tesi è stata ulteriormente rinforzata con esperimenti che coinvolgono un’altra struttura cerebrale, lo striato.
Altre stimolazioni fatte alla sostanza nera o nigra, porterebbero l’implementazione motoria (a livello di espressioni facciali) e il coinvolgimento emotivo tipico di una particolare emozione nello specifico la tristezza, così come sentirsi felici o provare emozioni positive si accompagna ad un’attivazione della corteccia frontale.
Gli studi attuali, coadiuvati anche dall’utilizzo di emozioni create virtualmente con supporti elettronici e meccanici rinforzano la concezione che le emozioni siano automatismi o meglio, stati mentali legati e dipendenti da stati cerebrali sottolineando così la natura fortemente meccanicistica dell’emozione.
Concludendo possiamo dire che la visione spesso riduzionistica delle neuroscienze le porta a focalizzarsi sulle funzioni mentali ed a dare loro una localizzazione specifica come nel caso delle emozioni. Un tentativo è stato quello di indicare quali aree, nuclei e circuiti neuronali possono essere implicati nelle loro diverse componenti. È necessario però che tali processi vengano messi in correlazione con gli aspetti psicologici affinché le teorie che vengono fuori tengano in considerazione anche ciò che non è una funzione mentale.
Le neuroscienze possono e devono focalizzarsi sugli schemi mentali e neuronali che sottostanno alle emozioni così come i codici ed i circuiti nervosi che le caratterizzano, ma devono necessariamente collegarli a quelle categorie psicologiche come: scopi, intenzioni e credenze che spesso guidano le reazioni emotive.
Per approfondire:
A. Oliverio, “Alle origini delle emozioni” in Psicologia Contemporanea, n. 160, lug.-ago 2000, pp. 40-48
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta