Già possiamo raccontarcelo ma la verità è che la strada per la realizzazione dei nostri obiettivi non è mai una strada semplice. Al contrario sembra per lo più contrassegnata da problemi da risolvere.
Il fatto è che migliorare implica scegliere ogni giorno di rendere migliore, ovvero di perfezionare sempre più, la nostra condizione.
Se da un lato vorremmo non avere mai problemi, vivere tranquilli nelle nostre “comfort zone”, dall’altro lato sappiamo che questo essere statici ci spegne piano piano sempre di più. Come se in maniera impercettibile ci chiudessimo all’interno di vere e proprie prigioni di vetro: vediamo il mondo intorno a noi evolversi e modificarsi, mentre noi stiamo fermi in poltrona. Come se la nostra vita fosse un film fatto e recitato da altri e il finale fosse già scritto sulla carta. Non siamo noi i protagonisti, al massimo riusciamo ad essere delle comparse.
Ci può soddisfare realmente questo?
Ciò che noto è che quando stiamo in panchina evitando quindi di scendere in campo a giocare, il nostro cervello si focalizza esclusivamente sull’unica cosa che gli resta: lamentarsi dell’ovvio. Iniziamo ad acuire tutti i nostri sensi per mettere in evidenza come il successo degli altri sia ingiustificato, come la nostra condizione non sia delle migliori, come ci mancano le risorse per poter conseguire i nostri obiettivi: ci focalizziamo quindi su ciò che ci manca. Così facendo chiudiamo ogni nostra giornata frustrati, spenti e sempre più lontani dai nostri obiettivi reali.
Avete notato la differenza tra chi non fa niente e chi scende in campo?
Le persone che scendono in campo invece hanno una caratterista fondamentale che le contraddistingue sopra tutte: la grinta ovvero la passione e la perseveranza che fanno investire tutte le energie nel progettare il proprio piano d’azione per raggiungere i propri obiettivi.
Queste persone sono consapevoli che questo loro piano d’azione, per quanto studiato e progettando nei minimi dettagli, non è infallibile. Sono consapevoli infatti che non si può aver previsto tutto quello che da lì in avanti potranno incontrare nella strada verso l’obiettivo ambito.
Come fanno allora?
Semplice a dirsi, meno sicuramente a mettere in pratica (ma non impossibile eh). Credono nel fatto che sbagliare non vuol dire fallire. Vivono l’errore come inevitabile. Sì, sono coscienti che se le carte in tavola all’ultimo cambiano le decisioni che avevano preso ieri potrebbero non risultare più idonee. Ma sanno anche che hanno ora la possibilità di “correggere il tiro”, di valutare il prossimo passo ora realmente possibile.
Sono persone flessibili, che sanno che dagli errori si può imparare e che sono l’unico modo che hai realmente a disposizione per poterti migliorare. Un po’ come quando da bambino cadevi una, due, tre volte prima di imparare a stare in equilibrio sulla sella della tua magnifica bicicletta. Pensa se ti fossi arreso? Pensa se un bambino che deve imparare a camminare vivesse con la paura di sbagliare, credendo che un suo errore implichi un suo totale fallimento.
Capisci? Siamo biologicamente predisposti ad imparare dagli errori. A provare una, due, tre volte prima di agire in automatico. Siamo predisposti biologicamente, così, a migliorarci, giorno dopo giorno, evolvendoci per adattarci sempre meglio all’ambiente intorno a noi. Per raggiungere piccoli e grandi obiettivi. Per soddisfare i nostri bisogni, per sentirci sempre più fieri di noi, autorealizzati.
Il fatto è che crescendo tante cose ce le dimentichiamo. E magari siamo stati anche rimproverati duramente per certi errori che abbiamo commesso convincendoci così, sempre di più, che non ce lo potevamo permettere e che quindi facevamo quasi meglio a non provarci proprio.
Ma c’è una cosa che ci resta oggi e che non possiamo permetterci più di dimenticare: i conti finali della nostra vita li facciamo sempre e solo noi. Quindi scegli: preferisci una vita di rimpianti per tutto quello che alla fine non hai mai provato a fare o preferisci una vita piena di errori ma anche di successi e traguardi raggiunti?
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