Quante volte ci è capitato di perderci in sogni ad occhi aperti fra i “se… ” e i “ma…”? Tantissime, ed è giusto che sia così. Circa il 95% delle persone tende pianificare e a riflettere sugli eventi della giornata tramite sogni ad occhi aperti, ma per un’esigua minoranza di questi il sogno diviene come una trappola da cui non riescono più a uscire. Loro sono i “maladaptive daydremars” in italiano “sognatori disadattati” battezzati così dal dottor israeliano Eli Somer che se ne occupò nel 2002.
Ma che cos’è il Maladaptive daydreaming (MDD) o disturbo da fantasia compulsiva?
Il dottor Somer lo definisce come “un’estesa attività della fantasia che sostituisce l’interazione umana e/o interferisce con il normale funzionamento accademico, professionale, interpersonale.” Chi ne soffre passa molto ore al giorno immerso in fantasie particolarmente vivide e ricche di emozioni, solitamente compiendo gesti compulsivi (es. camminare in cerchio), bisbigliando o “recitando” con mimica facciale le situazioni immaginate, e tende a trascurare la vita reale a favore di quella interiore. La scintilla che fa scattare le fantasie può essere di vario tipo (un libro, un film o soprattutto la musica), così come di vario tipo sono le fantasie. Alcuni tendono a immaginare episodi sconnessi fra loro mentre altri creano vere e proprie storie che li accompagnano tutta la vita, con personaggi fissi e spazi ben definiti. Le fantasie possono svolgersi in luoghi fantastici o reali. A differenza degli schizofrenici il 98% dei soggetti interessati afferma di distinguere nettamente la realtà dai sogni e che il problema consti, similmente a una dipendenza, nel non riuscire a smettere di sognare. La presenza di altre persone all’interno della stessa stanza può inibire, almeno parzialmente e negli aspetti più visivi, tale attività in quanto i daydreamer tendono a vergognarsene cercando di nasconderla. Questa condizione, ancora sconosciuta da molti psicologi, può essere difficile da affrontare per l’assenza di una prognosi ufficiale. Per questo sono nati molti forum e gruppi Facebook a livello internazionale dove ognuno può condividere la propria esperienza e avere il supporto della community.
Catalogazione psichiatrica e possibili
Di origine dissociativa, l’MDD si presente quasi sempre in concomitanza con altre patologie “maggiori”, come la depressione o il DOC. Non è riconosciuto come un disturbo mentale vero e proprio (ovvero non compare nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V)), ne sono causa le scarse conoscenze mediche, la poca incidenza e la somiglianza dei sintomi con quelli di altre patologie. Aspetti molto ricorrenti nei daydreamer sono l’insoddisfazione, la solitudine o la presenza di traumi infantili. Secondo Somer questi cercano un modo per fuggire dalla realtà percepita difficile ed oppressiva.
Come risolvere il problema
Per uscire dall’MDD bisogna capire l’importanza di vivere nel presente. Meditare può aiutare tantissimo ma non basta: è necessario mantenersi attivi, svolgere le faccende quotidiane, magari programmando la propria giornata, uscire di casa e avere una vita sociale soddisfacente. Man mano che si va avanti e si raggiungono piccoli traguardi la crescente soddisfazione rende tutto più facile. Un percorso terapeutico può aiutare molto a capire i propri obbiettivi e le cause del disturbo. Se queste risiedono in un’altra patologia bisogna accettarla e “prenderla di petto”, ovvero affrontarla evadendo il meno possibile dalla realtà. Restare sempre ancorati al presente può essere difficile se non impossibile (come si è detto il 95% delle persone fa quotidianamente daydreaming) e può essere necessario, soprattutto all’inizio del percorso, pianificare dei momenti in cui sognare ponendosi dei limiti di tempo. Il punto di riferimento italiano è il sito
www.maladaptivedaydreamingitalia.com creato da Valeria Franco nel tentativo di formare una community italiana. Il sito mette a disposizione anche un piccolo test, sebbene privo di valenza ufficiale, per la diagnosi.