Vi è mai capitato di avere davanti a voi un determinato compito e iniziare subito a vederlo nella sua complessità? Si, cioè lo guardate e l’unica cosa che vi passa per la testa è: questo per me è impossibile, non ce la farò mai.
A me è capitato lo ammetto, penso in realtà sia impossibile non ritrovarsi mai in quella situazione: quella in cui vediamo solo ostacoli davanti a noi, nessuna via d’uscita, nessun respiro finale. Solo una lunga e complicata corsa ad ostacoli.
Ed è esattamente quando iniziamo a ragionare così che piano piano invece che andare avanti l’unica cosa che stiamo facendo è ritornare indietro.
Nella nostra mente inizia a manifestarsi un unico imperativo: non ci riuscirò mai, tanto vale arrendersi.
Arrendersi prima ancora di iniziare appare l’unica soluzione possibile. Il campo di possibilità viene ristretto totalmente. Così facendo procrastiniamo tutto quello che dichiariamo difficile, cestiniamo tutte quelle opportunità che implichino uno sforzo evidente fin dal principio. Così facendo in sostanza evitiamo di cambiare. E questo alla fine ci rassicura. D’altronde chi ha voglia di mettersi alla prova in qualcosa che è evidentemente (almeno ai nostri occhi) complicato, per poi magari dimostrare a se stessi che realmente non ce la potevamo fare? Chi ha voglia cioè di rischiare di sbagliare?
Il punto penso sia esattamente questo: abbiamo talmente tanta paura di sbagliare che preferiamo non provarci nemmeno. Preferiamo arrenderci prima ancora di aver capito se realmente potevamo riuscirci.
Così facendo le nostre zone di comfort vengono conservate nei secoli dei secoli, invariate nel tempo. Stabili fortezze di una mente poco attiva.
Ieri dicevo esattamente questo ad un ragazzino che aveva deciso di classificare un’attività (che doveva fare) in un unico modo: è difficile. Lo vedevo lì davanti a quel compito triste e abbattuto, sconfitto in partenza. Convinto che arrendersi senza provarci sarebbe stata la soluzione migliore. Invece no. Non lo era, neanche per lui.
Provate a pensare a che messaggi mandiamo, così facendo, alla nostra mente. Non ci riuscite? Allora mettetevi davanti ad uno specchio, guardatevi dritto negli occhi e ripetete a voi stessi: tanto non ce la potrai mai fare. Non ne sei capace. Arrenditi è meglio.
Come vi sentite?
È esattamente questo che stiamo dicendo a noi stessi. Stiamo lentamente minando la nostra autostima. Senza neanche rendercene completamente conto.
Una mente attiva è una mente combattiva
Io credo molto in questo. Sta a noi voler coltivare la nostra mente affinché sia sempre nelle migliori delle condizioni: attiva e combattiva.
Come fare? Provate a partire da questi tre passaggi:
- Concediamoci la possibilità di sbagliare. Non provarci per paura di sbagliare vuol dire confermare la nostra incapacità. Una caratteristica umana molto importante invece è la resilienza: sbagliare, cadere e poi rialzarsi. Lo possiamo fare. Dobbiamo solo allenarci a farlo.
- Sperimentiamo cose nuove o per lo meno modi nuovi di fare le stesse cose. Più ci sperimentiamo più potenziamo la nostra adattabilità. Il nostro problem-solving diventa più creativo ed efficace.
- Di fronte all’ostacolo evidente davanti a noi raccogliamo le nostre forze, respiriamo profondamente e ripartiamo.
Se ci provate raccontatemi la vostra esperienza!
A presto.