Quante volte dentro di noi percepiamo un senso di “vuoto” che cerchiamo di “riempire” con il cibo? Mangiamo fuori pasto oppure troppo ai pasti ma la percezione negativa rimane.
Di cosa quindi ho veramente “fame”? Di cibo oppure di altro? Qual è il nostro reale bisogno in quel momento? Se ci fermiamo un attimo e osserviamo la nostra attuale situazione ci renderemo probabilmente conto che sono presenti stati psicologici negativi (ad esempio ansia, noia, rabbia o solitudine) che cerchiamo di “sedare” con il cibo.
Per quale motivo? Presumibilmente perché siamo abituati così. Nell’infanzia venivamo “premiati” e “coccolati” con il cibo. Ogni persona è cresciuta con una specifica “educazione” relativa al cibo e possiede esempi (ad esempio, i genitori) ed esperienze (piacevoli o spiacevoli) legate al mangiare.
Inoltre, il cibo è facilmente disponibile e accessibile anche nei momenti maggiormente critici.
Cosa succede se utilizziamo il cibo per “sedare” i nostri stati psicologici?
Solitamente proviamo un immediato sollievo per cui ci sembra di stare meglio. Ma questa illusione dura poco. Probabilmente poi ci sentiamo peggio dal punto di vista psico-fisico, avvertendo pesantezza e sensi di colpa per avere mangiato più di quello che era previsto dalla dieta o comunque troppo. In questo modo si rischia di entrare in un circolo vizioso, poiché gli effetti negativi dell’”abbuffata” possono farci rischiare di lasciarci andare ad altre “abbuffate”.
Cosa fare per non mangiare fuori pasto o troppo ai pasti?
Innanzitutto facendo ciò che è scritto sopra, ossia in quei momenti fermarsi un attimo e osservare la propria attuale situazione chiedendosi: “di cosa ho veramente fame?” “Di cibo oppure di altro?”. Successivamente assecondare la propria reale esigenza, mangiando oppure cercando di “riempire” il “vuoto” in un altro modo. Un aiuto per rispondere alle domande deriva dal diario alimentare, nel quale si rileva l’associazione tra il cibo e gli stati psicologici.
Quando chiedere aiuto?
Imparare a non “sedare” i propri stati psicologici attraverso il cibo risulta difficile. Per essere aiutati a imparare a distinguere tra quando abbiamo fame di cibo (fame fisiologica) e quando abbiamo “fame” di altro (fame nervosa o emotiva), possiamo rivolgerci ad uno psicologo esperto nel rapporto tra cibo e psiche. Inoltre, il professionista ci aiuta a sfogare gli stati psicologici e a gestirli senza ricorrere al cibo ma trovando valide alternative per “riempire” i nostri “vuoti” che ci portiamo dentro, arricchendo la nostra vita di significato e gratificazioni.
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