Sempre più drammatici ed inspiegabili sono gli omicidi che caratterizzano la quotidianità nel nostro Paese in cui le donne sono vittime dei loro partner. Omicidi che spesso vanno a colpire anche i figli delle vittime, ed in alcuni casi gli stessi partner, distruggendo, di fatto, un intero nucleo familiare. All’interno delle famiglie si sono sempre verificate situazioni di tensione, ma la frequenza con cui queste avvengono e spesso degenerano nella morte di qualcuno devono indurci a riflettere, a pensare al valore che oggi viene dato alla vita, alla coppia, ma soprattutto alla sofferenza psichica che spesso soggiace ad un episodio di violenza così efferato.
La famiglia rappresenta tutto ciò a cui oggi aspira la maggior parte delle persone, un rifugio, un nido, un microcosmo ricco di esperienze, di crescita interiore, un luogo di benessere. Rappresenta quel “cuscino d’aria” capace di ammortizzare le pressioni, le spinte, le tensioni che giungono dall’esterno (lavoro, scuola, famiglia d’origine). Un “paradiso” che però può diventare un inferno, se gli equilibri necessari per il benessere psichico dei propri componenti vengono a rompersi a discapito di uno o di più membri del nucleo.
La scelta di condividere la vita insieme ad un’altra persona, di costruire qualcosa di proprio, che venga dall’unione di due persone che si amano, spesso finisce con il diventare una gabbia in cui uno dei due partner o addirittura entrambi si trovano rinchiusi senza avere la possibilità o la capacità di uscirne, qualcosa di più grande che imprigiona le persone senza permettere loro di scegliere una soluzione di benessere alternativa.
È proprio in questo scenario che spesso si verificano le tragedie di cui sopra. Oggi l’egoismo la fa da padrone e rappresenta quella spinta emotiva che porta spesso ad agire in modo estremo nei confronti di un partner, per raggiungere una libertà che è un’effimera quanto poco chiara meta. Ciò nasce anche e soprattutto dall’incapacità di elaborare una frustrazione in modo realistico e funzionale, riuscendo invece a farlo solo in maniera disfunzionale, secondo la convinzione del tutto o niente.
Ecco che di conseguenza si verificano imposizioni nei confronti della donna, vessazioni, sentimenti di possessività, fino a scadere in vere e proprie violenze psicologiche e fisiche. Quel luogo, quella relazione, quello stato mentale tanto desiderati divengono ancora più ingestibili. La mancanza di educazione ai sentimenti rappresenta la parte centrale di un malessere generale, producendo la convinzione che chi ha, è e chi non ha, non è.
Emerge così, in tutta la sua stridente immediatezza, la necessità di operare in direzione di un’inversione di tendenza: scavarsi dentro, fare delle scelte un po’ più razionali, conoscersi reciprocamente, veramente e realmente prima di progettare una vita insieme.
© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta