Violenza di genere tra le mura domestiche durante il covid-19

La violenza tra le mura domestiche durante la quarantena

La violenza tra le mura domestiche durante la quarantena

SI TRATTA DI UNA VERA E PROPRIA EMERGENZA NELL’EMERGENZA: QUELLO DELLA VIOLENZA TRA LE MURA DOMESTICHE DURANTE QUESTO PERIODO DI QUARANTENA È UN FENOMENO DIFFUSO, CHE SOLLEVA UN ALLARME AL LIVELLO MONDIALE.

Il fenomeno della violenza tra le mura domestiche è purtroppo ormai noto e la sua diffusione è estesa in ogni contesto culturale e sociale. Si pensi che il 33% delle donne nel mondo sono vittime di violenza. Molti di questi maltrattamenti avvengono in famiglia, a opera di un partner.

È chiaro che durante l’emergenza Coronavirus il problema della violenza non solo non è diminuito, ma addirittura si è acuito. I dati riportati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità il 7 maggio 2020 testimoniano come la situazione sia particolarmente grave. Si parla di un aumento del 60% delle chiamate di emergenza fatte da donne che subiscono la violenza del compagno nel mese di aprile, a confronto con il mese di aprile del precedente anno.

Quali sono i fattori di rischio da prendere in considerazione in questa emergenza?

Ad aumentare la frequenza e l’intensità degli episodi di violenza domestica sono essenzialmente i seguenti fattori:

  • La coesistenza forzata tra le stesse mura. Mentre in una situazione di normalità le persone trascorrono del tempo senza il partner, che magari è a lavoro per una parte della giornata, nel periodo di lockdown le coppie sono state costrette a trascorrere il tempo in casa senza vie di fuga.
  • Lo stress legato all’incertezza economica. Molte persone hanno perso il lavoro o almeno hanno rischiato di perderlo; altri hanno avuto un netto calo delle entrate e vivono in una condizione di maggiore incertezza e precarietà, oltre che di minore agio economico.
  • L’insicurezza diffusa. In questo periodo abbiamo tutti sperimentato la sensazione di non avere punti di riferimento. Niente è certo, le direttive del governo cambiano continuamente le carte in tavola e, inoltre, non vi è alcuna certezza che il virus non possa tornare a minacciare in modo più stringente la nostra vita e quindi la nostra libertà.
  • La paura della malattia. Di fatto il virus ci ha esposto alla consapevolezza che tutti possiamo essere contagiati, siamo vulnerabili. Inoltre, anche se ci sono casi di persone asintomatiche, ci si può ammalare anche gravemente e rischiare la vita.
  • L’impossibilità dei contatti sociali. Le limitazioni imposte dalla quarantena ci hanno portato a evitare i contatti con i nostri familiari, i nostri amici e in generale con tutte le persone che normalmente popolano la nostra quotidianità. La nostra vita si è svolta per circa due mesi esclusivamente in casa, eccetto per le piccole commissioni di emergenza.

Questi fattori, considerati fonte di stress e sofferenza per tutti noi che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo le conseguenze di questa pandemia, costituiscono delle vere e proprie bombe ad orologeria per chi vive una situazione di violenza nella coppia.

Insomma, se normalmente la convivenza di queste coppie è difficile e costellata di episodi di violenza, adesso la situazione è complicata dal fatto che sia la vittima che il carnefice vivono l’emergenza e sono stressati dalle conseguenze di questo quadro complesso. Molte persone “curano” o tentano di dimenticare questo disagio con l’uso di sostanze stupefacenti o alcol. Queste sostanze aumentano notevolmente il rischio che si verifichino episodi di violenza!

Inoltre durante la quarantena il circolo della violenza si è infittito: gli eventi che scatenano l’episodio di violenza diventano ancora più banali, pretestuosi e frequenti. La stessa escalation della violenza, che normalmente segue una certa tempistica, viene accelerata sfociando più rapidamente in violenza fisica di quanto accadesse prima del lockdown. Infine, l’impossibilità di avere contatti sociali, già limitati per queste persone, in quarantena diviene insormontabile. Si pensi ad una donna che normalmente non può avere contatti con famiglia e amici perché il compagno glielo vieta, che trova piccoli momenti in cui infrangere questo divieto quando il partner è assente o quando può uscire di casa per delle commissioni. Con il lockdown questi spazi di libertà, già limitati, si sono del tutto estinti, essendo il compagno spesso presente in casa tutto il giorno e potendo controllare le mosse della partner in modo assiduo.

Tutte questi aspetti finora analizzati vanno considerati anche per le donne in gravidanza che subiscono violenza dai compagni.

Anche per loro la quarantena ha rappresentato un ulteriore ostacolo alla libertà e un aumento dell’esposizione alla violenza. I frequenti controlli che una donna incinta deve effettuare, infatti, sono stati drasticamente ridotti. Questo ha al contempo ridotto le possibilità di uscire di casa e chiedere aiuto.

Un ultimo aspetto vorrei prendere in considerazione: quello della violenza assistita.

Con l’obbligo di stare in casa, anche i figli sono costretti ad assistere alle violenze molto più di prima. Spesso, infatti, i figli sono consapevoli che nella loro famiglia avvengono episodi di violenza (magari vedono i lividi sul corpo della mamma), ma non ne sono mai stati testimoni diretti. Trascorrendo tutto il loro tempo tra le mura di casa è più probabile che sia capitato loro di vivere in diretta questi momenti.

Il disagio e la sofferenza sono stati acuiti per tutti durante il periodo di chiusura e tuttora non ne siamo ancora del tutto usciti. Chi vive la violenza quotidianamente è testimone di un dramma nel dramma.

P.S.: queste riflessioni si riferiscono principalmente alle donne vittime di violenza, ma esistono molti uomini che subiscono maltrattamenti psicologici tra le mura di casa. Questo articolo può riferirsi anche a loro.